7crimini e il giallo a fumetti – Intervista a Katja Centomo ed Emanuele Sciarretta
A Polline di carta, manifestazione letteraria del Comune di Folignano, i due autori di 7crimini Katja Centomo ed Emanuele Sciarretta hanno incontrato DF per un’intervista.
In occasione del nuovo festival letterario Polline di carta, organizzato dal Comune di Folignano (AP), che ha dedicato questa sua prima edizione al genere giallo, abbiamo incontrato Katja Centomo ed Emanuele Sciarretta, co-ideatori e co-sceneggiatori della serie 7crimini per Tunué.
Qui su DF avevamo già presentato con gioia l’evento, abbiamo assistito personalmente e partecipato alle attività, e ora eccoci qua con il resoconto dell’incontro e della bella (e lunga) chiacchierata avuta con i due scrittori, con una bella interazione con il resto del pubblico.
Partendo dalla presentazione della serie fra il giallo e il noir, è stata anche una bella occasione per aprire lo sguardo al mondo del fumetto in Italia. Considerando che il festival è stato organizzato anche tentando di coinvolgere la scuola, è emersa anche l’opportunità di alcune riflessioni sull’uso didattico del fumetto.
Siamo qui oggi per parlare del fumetto come linguaggio in generale, e del giallo in particolare. Lo chiamiamo in tanti modi, fumetto, graphic novel, ma sempre di arte sequenziale disegnata si tratta. Ancora qui in Italia facciamo fatica a capire che si tratta di un linguaggio, e non di una modalità infantile di trattare le cose… Katja viene da Monster Allergy, che è molto diverso da 7crimini. In effetti il giallo italiano a fumetti esisteva finora solo nella serialità, vedi Julia, Nick Raider e altri prodotti della Bonelli, in questo contesto la vostra opera risulta davvero inusuale.
Katja Centomo – Le serie in Italia, come quelle citate, hanno come caratteristica di valorizzare il personaggio protagonista. Noi, pur avendo un personaggio che fa da filo conduttore, con 7crimini vogliamo valorizzare le storie, i casi e, in definitiva, i crimini. Come ci è venuto in mente? Dico la mia, poi Emanuele dirà la sua. Per me è stato un passaggio importante e significativo: da tanti anni faccio questo mestiere, di scrivere, non solo fumetti, ma anche opere di altro tipo, come i romanzi per ragazzi, lavoro come editor…
Su internet ti definisci “scrittrice transmediale”.
Centomo – È una definizione che ho trovato dopo anni che non riuscivo mai a descrivermi, quando chiedevano ai miei figli “Che lavoro fa tua madre?”. Parlavo di una cosa ma non di un’altra e finivo per sembrare schizofrenica. Così ho trovato un comune denominatore nella mia attività, che è raccontare, con strumenti diversi: i romanzi per ragazzi, i cartoni animati, i fumetti soprattutto. Alla fine è la narrazione che mi interessa, e questa volta il salto è stato in una narrazione per adulti, usando il giallo e il noir come argomento. Prima di tutto, sia io che Emanuele siamo appassionati di romanzi, e di gialli. Ovviamente non degli stessi, ma Stephen King piace a entrambi. Questo è un aspetto che non abbiamo mai sottolineato nelle interviste finora.
Emanuele Sciarretta – Forse perché è un po’ lontano da quello che avevamo scritto finora.
Centomo – Certo, però di sicuro ha una certa rilevanza nel percorso da lettori che abbiamo fatto. Avevamo già lavorato insieme: mi ero appoggiata alle competenze di Emanuele in fatto di Diritto per la scrittura di un romanzo per ragazzi e lì abbiamo visto come un argomento come il Diritto, apparentemente freddo e distante, nella visione della persone comuni, dei non professionisti, può diventare interessante e avvincente se usato nel racconto e nella maniera giusta. Soprattutto se si trova un modo per avvicinare e coinvolgere emotivamente il lettore. Ci siamo detti, perché non ripetere questo esperimento, tentato su un libro per ragazzi, in una serie a fumetti? Da qui è nato 7crimini. Lo abbiamo proposto a Tunué, con cui già lavoravo, che ci ha creduto subito.
Tunué è uno dei più importanti editori di fumetti in Italia: si occupa in maniera specialistica solo di questo settore editoriale (anche per la saggistica non esce dall’ambito dei fumetti), ha importato tanti titoli importanti ed è un importante volano per l’industria del fumetto italiano.
Centomo – Sì, concordo assolutamente. 7crimini peraltro è diventata una serie di punta per Tunué, perché non avevano ancora una collana di questo tipo. Ovviamente hanno delle collane intese come raccolta di generi, ma non una serie stabile. Ecco perché siamo rimasti davvero sorpresi e contenti dalla loro reazione e abbiamo cominciato questo lunghissimo lavoro, una vera impresa!
Quando è diventata definitiva l’idea di questo percorso?
Sciarretta – Nel 2018, e nel 2019 abbiamo cominciato a lavorarci effettivamente. Il primo volume sarebbe dovuto uscire in occasione di Torino Comics 2020, però ovviamente si è fermato tutto.
Centomo – Abbiamo in realtà approfittato di questo ritardo per mettere in cantiere più numeri in parallelo. Per noi che scriviamo, lavorare a sette sceneggiature per produrle in contemporanea e mettere al lavoro più disegnatori possibile, è stata una fatica, un lavoro complesso, e alla fine il ritardo ci è tornato comodo. In questo modo infatti siamo riusciti a correre un po’ meno.
Per chi non conosce l’opera: finora sono usciti tre volumi, il quarto è in uscita (proprio in questi giorni, NdR) e in totale saranno sette. Vorrei chiedervi perché i casi sono proprio sette, ma in fondo è facile capirlo…
Sciarretta – Chi ha a che fare con i numeri sa bene qual è la forza evocativa del sette.
Certo, e anche nei fumetti ricordiamo una collana di sette volumi nei quali si raccontava ogni volta la storia di sette personaggi, intitolata appunto Sette (in realtà le serie sono state due, per un totale di 14 volumi, pubblicati da LineaChiara di Planeta DeAgostini dal 2008). Nella vostra serie si parla, come dice il titolo, di sette crimini. La vicenda parte con un gruppo di alpinisti che sale per la Salita della Mangusta verso il Monte Golia (inventato): hanno provviste da mangiare, una tenda per dormire e una radio che li tiene in contatto con il mondo, ma sfortunatamente si trovano bloccati da una tormenta di neve…
Sciarretta – In realtà, direi, per fortuna, altrimenti non avremmo raccontato nulla!
Mentre sono lì nella neve, per passare il tempo uno di loro, che è un giudice, racconta agli altri dei casi che ha avuto in tribunale: sembra di vedere un po’ di Decameron in quest’opera…
Sciarretta – Devo dire che non ci abbiamo pensato quando abbiamo ideato la serie.
Centomo – Forse il Decameron è stata un’influenza inconscia, ma certamente c’è stata. Da quando hanno cominciato a dircelo, in fondo anche noi ci siamo detti che era vero. Tornando al significato del numero sette: è evocativo, ma non abbiamo voluto emulare i sette peccati capitali. Aggiungendo qualche dettaglio sulla storia, che possiamo condividere con chi ancora non ha letto il fumetto, è che questo gruppo di alpinisti si riunisce e il giudice intrattiene gli altri suo malgrado. Gli altri lo pungolano poiché lui inizialmente sembra non avere voglia, e i suoi compagni di scalata gli chiedono dettagli sulla “teoria dei sette crimini”, allora lui decide di raccontare i sette crimini esemplari, cioè i sette reati che meglio descrivono la parte oscura dell’animo umano. In pratica, è come una descrizione in negativo della varietà umana nel delinquere.
Dunque le sette storie non hanno a che fare con i sette vizi capitali o con caratteristiche morali dell’uomo, bensì sono sette azioni negative tipiche dell’uomo.
Sciarretta – Esatto, noi l’abbiamo pensata in questo modo:
- la truffa incarna il raggiro e l’inganno;
- la violenza è il reato che ci tocca nell’intimo, ci spoglia, tocca la nostra vergogna e la nostra intimità;
- l’estorsione rappresenta la paura, faccio leva sulla paura per toglierti qualcosa;
- l’associazione a delinquere simboleggia l’animo sociale criminale, sono tre o più persone che si associano per compiere reati… l’uomo è animale sociale anche nel crimine;
- il sequestro ci priva della libertà, un altro bene fondamentale;
- il furto ci toglie il frutto del nostro lavoro, è l’offesa al nostro patrimonio;
- infine, l’omicidio. Che ci priva della vita stessa.
In generale ci siamo basati sul ragionamento del Diritto penale: io pongo una norma a tutela di un bene, più importante è il bene, più significativa è la norma che lo tutela e, in generale, maggiore sarà la pena. Per questo motivo abbiamo pensato ai sette crimini.
Sei così bravo nel parlare di queste cose perché sei un avvocato.
Sciarretta – Beh, non sono un penalista, mi occupo di diritto civile, commerciale, diritto d’autore. Seguo un po’ il mondo della produzione anche come tecnico. Però ovviamente conosco le basi.
Questo spiega la precisione del linguaggio usato nel fumetto. In fondo a ogni volume c’è anche un “dossier”: un corposo apparato testuale in cui si descrive il reato di cui si parla nel volume e si elencano casi esemplari ed eclatanti. Ci sono anche interventi di un volto noto della TV come Massimo Picozzi: ha collaborato alla scrittura del fumetto?
Centomo – Ci sarebbe piaciuto, ma è un uomo molto impegnato. In realtà con lui stiamo collaborando in questo modo: una volta concluso ogni volume del fumetto glielo inviamo, lui lo legge e apre le danze del dossier finale. A questi dossier, specie nei volumi che devono uscire, hanno collaborato esperti di grandissima levatura: magistrati, avvocati, un colonnello dell’Arma, esponenti della DIA.
Sciarretta – Siamo stati molto metodici nella costruzione della struttura dell’approfondimento. Picozzi apre il dossier, poi c’è l’avvocato che spiega tecnicamente il reato nel codice penale, poi gli approfondimenti. Prendiamo ad esempio il primo volume, La truffa: nel dossier se ne spiegano i tipi, gli esempi celebri nella storia.C’è poi un ulteriore passaggio con grandi avvocati: per quel volume ha collaborato Enrico Maria Gallinaro, che si è occupato del caso di Roberta Ragusa. Lui per primo ha fatto condannare una persona per omicidio senza che si sia trovato il cadavere. Infine un ulteriore passaggio che dipende dal crimine: in questo caso si parla della condotta del truffato, il truffato è sempre solo vittima oppure c’è una parte di responsabilità, magari per avidità?
Questa parte finale è una sorta di divulgazione del contenuto tecnico riguardante il diritto: mette il lettore nelle condizioni di capire e approfondire quello che ha letto nel volume.
Sciarretta – Il nostro ragionamento è nato da un libro su Franca Viola che scrisse Katja, e mi chiese di spiegarle alcuni aspetti legali. Franca Viola fu la prima donna a denunciare il matrimonio riparatore: si oppose al matrimonio dopo essere stata stuprata.
Centomo – La legge all’epoca prevedeva che allo stupratore fosse completamente cancellata la pena se sposava la vittima dello stupro. Succedeva allora che le ragazze venivano rapite, stuprate, poi trasformate in prede e in persone con la vita finita, che nessuno avrebbe più voluto. Poi le chiedevano in moglie alle loro famiglie, cui non restava che accettare questa resa, per evitare l’ostracismo e la pubblica vergogna. In realtà era semplice interrompere il meccanismo. Bastava che una ragazza non accettasse il matrimonio con il violentatore, denunciandolo. Ma era difficile opporsi a un modo di fare secolare.
Sciarretta – E questa cosa succede ancora spesso nel mondo: ad esempio nel Caucaso o nelle repubbliche tra Russia e Afghanistan.
Centomo – In quel caso invece Franca Viola, nel 1965, a diciassette anni, decise di denunciare, accettando tutte le conseguenze del suo gesto. Con lo stupratore sono andate in prigione altre otto persone che avevano devastato la casa della famiglia, picchiato la madre, rapito il fratello. Lei per anni ha subito ostracismo. Il padre ha dovuto cambiare lavoro, lei è stata estromessa dalla vita sociale. Per la società di allora era lei la colpevole. Questo gesto però poi è stato emulato da altre ragazze, e si è interrotta questa catena, rendendo inservibile il meccanismo. La legge è stata cambiata, come poi successo anche al delitto d’onore.
Sciarretta – Il delitto d’onore era riconosciuto in qualche modo anche alla donna: marito, moglie e fratello della moglie potevano godere di uno sconto di pena nel caso del delitto d’onore. Tornando al discorso originario: Katja mi chiese di spiegarle questo meccanismo ed è stata fulminata dall’idea di divulgare il diritto attraverso il fumetto.
Centomo – Perché, come ha detto prima Emanuele, il diritto traduce in regole i valori.
Sciarretta – Serve a rendersi conto che ogni volta che noi interagiamo con gli altri compiamo atti giuridici. Un atto giuridico è qualsiasi atto che abbia effetti giuridici, e quasi ogni cosa che facciamo ha una conseguenza giuridica. Ad esempio, se ti faccio un’apparentemente banale cortesia, che so, ti presto il cellulare perché hai avuto un problema e te lo lascio, comunque per il diritto quello si chiama comodato, ed è in qualche modo regolato. Uno schiaffo per il diritto è una percossa, o una lesione nel caso in cui provochi qualche conseguenza fisica. Il diritto è una lente che analizza, qualifica, incasella ogni comportamento, ogni evento. Ad esempio, per l’uomo comune una casa che brucia è una casa che brucia, ma per uno scienziato è un fenomeno di aumento dell’entropia, e per l’avvocato può essere un incendio doloso: tutto dipende dal punto di vista.
Ci trovo molte affinità con la divulgazione scientifica. Come scrisse Steven Weinberg nella prefazione a I primi tre minuti, un libro molto famoso dagli anni 1980 sull’inizio della storia dell’universo: «Ho scritto questo libro per chi è disposto a far lavorare il cervello per capire taluni ragionamenti particolareggiati, pur senza avere familiarità con la matematica o con la fisica. […] Quando un giurista scrive per un pubblico generico, non presuppone che i suoi lettori conoscano il diritto francese o le norme che regolano le servitù o i rapporti di obbligazione, ma non per questo li disistima o svilisce il suo discorso per adeguarsi a una loro presunta inferiorità. Io desidero qui contraccambiare la cortesia». Questo accade qui con il diritto.
Sciarretta – Il diritto permea la nostra vita perché è nelle regole. Se siamo esseri civili lo dobbiamo al diritto, nato dai romani. Così noi proviamo a spiegare e a far capire come incontriamo il diritto nella vita di tutti i giorni, perché è la cosa più concreta che esista.
Senza voler svelare troppo, nella storia del primo volume il tema della condotta del truffato che poi è stato affrontato nel dossier finale è piuttosto evidente anche nella trama, e lascia in sospeso fino all’ultimo.
Sciarretta – Beh, per fortuna… se non arrivi all’ultima pagina perché ti annoi, abbiamo fallito, no?
Centomo – Nell’appendice finale proviamo a tornare a trattare l’argomento in maniera seria, specialistica. Il fumetto che abbiamo scritto è pura fiction, intrattenimento: non è né didascalico, né didattico, il lettore non ci si troverà insegnamenti o spiegazioni, neanche una denuncia. Questo abbiamo dovuto chiarirlo più volte: il fumetto è pura evasione, serve a incuriosire il lettore e a portarlo a essere motivato e ad approfondire.
Sono d’accordo, è come nella divulgazione scientifica: non posso spiegarti nei dettagli la meccanica quantistica, ma faccio un fumetto che ti stimola e ti incuriosisce, per darti poi modo di approfondire sui testi specialistici o con altri media.
Centomo – Esattamente, per noi era importante far capire il tema. Ad esempio, nel volume La violenza si tratta un caso di stupro: la storia l’abbiamo inventata, ma racconta una situazione molto delicata per la quale ci aspettavamo anche di essere un po’ sotto attacco. Invece non è successo, perché abbiamo cercato di evitare di concentrarci sulla violenza, e di giocare sulla denuncia. Soprattutto, abbiamo “aggirato” il problema.
Sciarretta – Concordo con Katja: è inopportuno essere troppo espliciti. È chiaro che tutti siano contro la violenza sulle donne. Allora abbiamo voluto fare una cosa che non mostrasse la violenza, ma che la avesse come sfondo, una cosa fruibile, senza essere pesante e morbosa. Senza infastidire. Avrebbe potuto essere fastidioso per chi ha effettivamente subito un caso simile a quello raccontato. Ma insistere di più sul reato lo sarebbe stato per tutti quelli che hanno avuto a che fare con una cosa così invadente per la nostra vita personale…
Avete pensato di evitare questo reato?
Centomo – Come potevamo? Se lo avessimo fatto, avremmo veramente lasciato un buco troppo grande.
Sciarretta – A dire la verità, avevamo pensato di toglierlo, sostituendo questo reato con altri, come l’abigeato. Però non sarebbe stata la stessa cosa.
Centomo – Per noi in questo caso è stato molto importante che il dossier desse voce alla gravità del reato, dopo che lo avevamo trattato in modo quasi “leggero” nel fumetto. Nell’approfondimento giuridico abbiamo sottolineato come ancora ci sia una mancanza di denuncia. Diverse magistrate ci hanno aiutato ad approfondire. Una procuratrice della repubblica che si occupa di Codice Rosso (legge n. 69 del 2019, NdR) e ci ha detto come funziona. Poi altri interventi di alto livello. C’è la voce delle associazioni, una collega che ha spiegato un reato. Ovviamente la scelta è stata quella di interpellare tutte donne, perché è un reato sociale. Per dire, una truffa può fare anche ridere, a meno che uno non ci capiti sotto, ma una violenza no. Nessuno può permettersi di riderne.
Sciarretta – Anche perché, come dicevamo prima, la condotta del truffato conta. Wanna Marchi ha detto che «i cretini si meritano di essere fregati» (la dichiarazione originale è più colorita, NdR). Non posso essere d’accordo, ma se vai da Wanna Marchi pur sapendo cosa fa, allora… Come sottolineano anche i magistrati, uno dei sistemi usati dai truffatori è la confidenza, la fiducia, quindi tutti possiamo cadere. Quindi, essere truffati non è detto che ti porti sull’orlo del suicidio, se non in casi limite. La violenza, invece, è un reato odioso. Forse il più odioso di tutti. Per cui, raccontare una storia di violenza vera avrebbe portato a una struttura diversa della collana.
È stato fatto in passato: penso alle tante serie degli anni ’70 del secolo scorso che non si facevano scrupoli… ma era un altro periodo storico e aveva un altro significato.
Centomo – Anche adesso escono dei fumetti sulla violenza che la trattano in maniera molto seria, però vuol dire concentrarsi su quello. Noi abbiamo scritto tutte storie basate sul colpo di scena, sull’intrattenimento, sull’evasione. Non potevamo né volevamo fare altrimenti.
In effetti i volumi che ho letto hanno un taglio certo giallo e noir, ma sono comunque leggibili anche dal pubblico più giovane.
Sciarretta – Saranno tutti così, ma, come ho detto prima ai bambini (durante un laboratorio sul fumetto, NdR), fateli leggere prima da mamma e papà: saranno loro a decidere se sono adatti ai loro figli.
Centomo – Di certo non sono intenzionalmente pensati per bambini.
Sciarretta – La struttura narrativa potrebbe anche esserlo, ma alcuni passaggi non sono adatti.
Centomo – In effetti non sono adatti a una lettura autonoma da parte dei bambini. Che in realtà vedono molto di peggio. Però una eventuale lettura deve essere una decisione dei genitori.
Altri piccoli spunti: mi sono piaciuti molto sia in quello della truffa, che in quello della violenza, una specie di cameo o postfazione in cui i personaggi della storia a fumetti tornano, dopo che si era chiuso il discorso e si era tornati sugli alpinisti. Anzi, in un’occasione i personaggi del fumetto sono geograficamente vicini agli stessi alpinisti. Sembra che i casi siano proprio reali, e questa idea ha dato un surplus di realismo alla storia.
Centomo – Succederà ancora, tutti gli epiloghi avranno un secondo finale. Come negli easter egg nei film, quando devi aspettare la scena extra dopo tutti i titoli di coda.
Altro aspetto interessante è proprio la struttura della storia. Quando da ragazzini vedevamo i telefilm, la struttura autoconclusiva funzionava di più. Oggi, anche con le serie, il metodo narrativo ha subito un cambiamento per cui è necessario che ci sia un fil rouge molto forte. La storia di quelli che raccontano è allo stesso livello della storia raccontata nel singolo episodio. Anche in questi volumi la storia dei sei alpinisti diventa sempre più importante.
Centomo – Sì: la storia (o trama) orizzontale, così si chiama, diventerà di volta in volta più importante, fino a esplodere e prendere il sopravvento sulle altre. Ma a questo punto più di questo non possiamo dire!
In realtà nel tempo è cambiata questa cosa. Io l’ho vissuta direttamente nei cartoni animati: scrivendo in questo settore da venti anni si è vittima di tutte le “mode” e delle indicazioni date dai produttori. Noi siamo cresciuti (siamo coetanei) quando la trama orizzontale era apprezzata e la si trovava sempre. Nella serialità c’era comunque una storia, ma un certo punto questa cosa è stata rigettata totalmente, non si potevano fare serie che avessero un filo conduttore. Le televisioni che compravano le serie avevano bisogno di mandare gli episodi a caso, quindi ogni episodio doveva essere autoconsistente.
Questo è avvenuto per un modello internazionale che si è imposto, o cosa?
Centomo – Era proprio una richiesta dei network. In particolare sui cartoni animati era tremendo, perché la produzione imponeva questa caratteristica. Le regole erano strettissime: trame verticali, stop. E allora la trama orizzontale la mettevi di nascosto, poteva essere notata solo da chi seguiva la serie con continuità. Ma questo era difficilissimo, perché ogni volta bisognava ripresentare tutti i personaggi. Gli ingredienti standard di tutte le puntate, a cui ti devi rifare, erano difficilissimi da rispettare. Basti pensare a I Simpson, una serie in cui questa formula ha trovato un perfetto equilibrio.
Beh, forse lì li ha aiutati il fatto che molti sceneggiatori fossero matematici di Stanford, diciamo abbastanza adatti ad avere a che fare con la complessità.
Centomo – Lì era volutamente così, ma poi per qualche tempo questo è diventato uno standard. Ricordo la grande difficoltà di lavorare su argomenti in cui ogni volta dovevi trovare il modo di presentare le cose, perché la puntata poteva andare in qualsiasi momento e in qualsiasi ordine, quindi nulla doveva cambiare l’equilibrio di questo mondo. Ad esempio, a me è capitato con una co-produzione francese su Lys, un fumetto che ho scritto quasi quindici anni fa e che poi ha chiuso perché allora in edicola le vendite non erano sufficienti (ne vendevamo 6-7’000 copie al mese, che oggi andrebbe benissimo, anzi, sarebbe quasi un prodotto di punta). Ci avevano chiesto questa cosa della verticalità e ci avevamo lavorato tantissimo, basandoci sull’esempio statunitense che era appunto l’universo dei Simpson, tutto sempre uguale, a parte qualche rarissima eccezione, tipo la morte di Maude Flaunders. Quindi c’è stato un periodo in cui la trama orizzontale non era più lecita, anche per i telefilm. Con la nuova era delle fiction, dello streaming e del binge watching è tornata a piacere. Io ne sono contenta: l’affezione cresce se puoi seguire l’evoluzione dei personaggi ricorrenti e dei protagonisti. La trama orizzontale del giudice è necessaria, anche a livello di marketing, per dare un volto e una riconoscibilità, che manca invece se c’è troppa autoconclusività. E lascia anche la giusta suspense per continuare a seguire la storia.
Il personaggio del giudice, che ritroviamo anche nei racconti verticali perché è lui stesso a raccontare dei casi che ha giudicato, verrà piano piano costruito e arricchito dai dettagli, con una crescita graduale che esploderà alla fine della serie.
Cambiamo argomento: il disegnatore Marco Caselli alla fine non è potuto venire, ma noi parliamo lo stesso della parte grafica. Chi compra fumetti sa che, come dicevate prima, i disegnatori lavorano molto già prima che il primo volume del fumetto esca. In una serie è necessario che più numeri insieme siano in produzione: la scelta dei disegnatori è stata legata anche a delle affinità con le diverse situazioni e argomenti dei volumi?
Sciarretta – Certamente! Ad esempio il volume La truffa l’ha disegnato proprio Marco Caselli, parlando sempre della storia verticale. È un disegnatore che ha una linea molto chiara, bianchi e neri netti, molto influenzato dai manga. Ben si adatta a una storia brillante. La storia La violenza, più torbida, è stata disegnata da Mauro De Luca, che è più vecchia scuola, con tanti chiaroscuri, un uso attento delle chine. L’estorsione è stata disegnata da Emilio Lecce, anche lui ha usato il tratteggio per dare un senso di ansia alla storia, riuscendoci. L’associazione a delinquere sarà narrato con un taglio molto brillante e dunque la disegnerà di nuovo Marco Caselli, mentre per Il rapimento i disegni sono di una ragazza molto brava Francesca Biscotti, che ha un tratto perfetto per quel tipo di storia. Abbiamo scelto i disegnatori attentamente, compreso Caluri, che molti hanno conosciuto sulle pagine del Vernacoliere (giornale satirico livornese che non la manda a dire, NdR) prima e di Nirvana poi, però si è calato molto bene in questo tipo di storia, disegnando la storia orizzontale soprattutto nell’ultimo numero, dove le pagine della storia orizzontale saranno sedici e non otto.
Ci avete detto che è tutto inventato. Confermate?
Centomo – La figura del giudice è completamente inventata, e i casi non hanno alcun riferimento con la realtà…
Sciarretta – …tranne una storia, in realtà, che è ispirata a un fatto realmente accaduto. Ma non si capisce quale, e comunque non è un caso di quelli che si leggono sui giornali. Devo dire però una cosa. Per me è la prima esperienza di scrittura di questo tipo. Questo ha fatto sì che i personaggi per me siano reali, esistano in tutto e per tutto, come se esistessero da qualche parte, in qualche universo parallelo, ma reale.
Veniamo a qualche domanda in generale sul fumetto. Purtroppo il fumetto è “figlio di un dio minore” e, soprattutto in realtà piccole come questa nostra di Ascoli Piceno e del suo circondario, è spesso visto come una “cosa per bambini” che non ha dignità culturale, a meno di episodi sporadici come l’evento linus – Festival del fumetto, tenutosi ad Ascoli Piceno dal 29 settembre al 1 ottobre (un po’ calato dall’alto dall’organizzazione della Milanesiana, con tutto il suo potere economico e mediatico). Fumetti come 7crimini, però, un po’ rompono questo schema: oltre a essere una bella storia, c’è la parte enciclopedica sul diritto che lo rende appetibile e interessante anche per gli adulti… anche se spesso l’adulto in fumetteria non ci entra proprio, e in libreria guarda di sottecchi gli scaffali di fumetti o li evita proprio.
Sciarretta – Sai quanti miei amici, quando hanno saputo che partecipavo a un fumetto, mi hanno guardato ridendo, neanche troppo sotto i baffi? C’è un forte pregiudizio in generale. Paradossalmente chi è stato veramente disponibile e aperto sono stati avvocati e giudici che abbiamo coinvolto nel lavoro: hanno preso molto sul serio il mezzo, sono stati entusiasti e aperti, hanno considerato la storia a fumetti un’opera d’arte, cioè per quello che è.
Centomo – In generale, per il fumetto in assoluto e soprattutto in Italia, la retorica delle cosiddette “graphic novel” ha sdoganato il mezzo, portando a un lento ma costante progresso della reputazione del fumetto. Nell’immaginario collettivo ormai graphic novel e fumetti sono cose diverse, ma in realtà è una distinzione che non esiste. Eppure, questa finta distinzione è stata utile perché ha sdoganato il linguaggio: molti intellettuali storcono il naso se sentono parlare di fumetto, ma non se si parla di graphic novel. Ed è stata importante: chi non aveva mai letto fumetti si è trovato coinvolto dalle graphic novel, le vendite di fumetti durante il lockdown sono raddoppiate, e si sono mantenute alte anche dopo. Le storie autoconclusive stanno funzionando.
Sciarretta – Al contempo, sta sempre più accadendo che i bambini fatichino a leggere fumetti.
In Italia ci sono però grandi fenomeni mediatici, anche legati al mondo del fumetto, come Zerocalcare, che attraverso alcune opere su carta e anche serie su Netflix, hanno aperto un po’ il pubblico.
Centomo – Zerocalcare lo leggono tutti, anche i dodicenni, ma è un fenomeno che va oltre il fumetto. Per i ragazzini oggi funziona il manga, nonostante il senso di lettura, infatti se ne vendono così tanti che ormai la lettura all’orientale non è più un problema, anzi è diventato quasi uno standard. Il problema è che il fumetto è un codice che va appreso: se uno non impara a leggerlo, ovviamente farà fatica. Questo codice, come tutti gli altri, si impara da ragazzini. Non ci sono più riviste a fumetti con lettura all’occidentale per i ragazzi, come dagli anni ’60 fino agli anni ’90 del secolo scorso ci sono stati, come ad esempio Il Corriere dei Piccoli o Il Giornalino. Erano fondamentali quando siamo cresciuti noi, perché abbiamo acquisito il codice, e infatti abbiamo continuato a leggerne. Oltre a essere stati una importante palestra per una generazione intera di scrittori e disegnatori. In Francia questa cosa è normale, anzi spropositata. Oggi in Italia lo stiamo riscoprendo, abbiamo smesso per anni di educare i ragazzi al linguaggio, e per recuperarlo occorrerà lavorarci in modo molto massiccio.
Volevo fare due considerazioni: in questo momento il mercato del manga tira moltissimo, perché i ragazzi leggono soprattutto quello, e quindi fumetterie e librerie ne sono piene. Anche noi, sia come adulti, che come appassionati di fumetto, veniamo un po’ trascinati dall’onda. Questo ovviamente tende a far sì che il pubblico, che non è esperto, immedesimi tutto il mondo del fumetto con la moda del momento. Inoltre c’è una grande difficoltà di dare dignità didascalica al fumetto. I docenti non riescono a vederlo come uno strumento o un mezzo adatto alla diffusione della cultura, tantomeno alla didattica. Si potrebbe cominciare a coinvolgerli usando opere particolari, molto didascaliche. Possiamo pensare, oltre ai numerosissimi fumetti di divulgazione scientifica (ne abbiamo molte prove qui su DF, NdR), a lavori come Il primo giorno della battaglia della Somme di Joe Sacco. In questo caso anche il formato particolare ha incuriosito i ragazzi. Se i docenti si rendono conto che il fumetto può incuriosire al contenuto, si lasciano “convincere” a usare il fumetto per fini didattici. Per non parlare del graphic journalism, che sta diventando piano piano “normale” anche in Italia. Mancano sicuramente conoscenze adeguate del mezzo.
Sciarretta – Anche noi, adesso che stiamo facendo promozione ai nostri volumi, ci imbattiamo spesso in situazioni imbarazzanti, per quanto riguarda il rapporto delle persone con il fumetto. Addirittura da parte di gente che lavora nel settore.
Centomo – Durante questo tour, siamo capitati in una fumetteria, che teneva pressoché solo manga, per cui la nostra presenza e il nostro libro sembravano capitate lì per caso. Il proprietario non conosceva altro prodotto oltre al manga. Per cui, nonostante noi fossimo lì a presentare le copie, a firmarle, non ha spiegato chi fossimo e perché eravamo lì. Al limite dell’imbarazzante per certi versi. Purtroppo anche questo sta diventando spesso solo un mercato da sfruttare.
Sciarretta – Quello che succede è che il manga ora ti propone qualcosa che non hai mai visto su altri media, e spesso non ha un corrispettivo cinematografico o televisivo, o almeno non direttamente fruibile. Molti manga hanno il corrispettivo anime, magari in giapponese con i sottotitoli, su qualche piattaforma televisiva online. Per cui, a meno di fruire di prodotti di nicchia, non è troppo “sporcato” da operazioni di marketing, come avviene invece sempre di più per i comics statunitensi, o piano piano anche per alcuni prodotti del mercato italiano.
E purtroppo questo non fa bene al fumetto in sé.