Momo, il racconto di una bambina ribelle
Momo è una bambina in un piccolo paesino della Normandia: potrebbe annoiarsi in casa, e invece va in giro per il suo paesino iniziando un percorso di formazione commovente e delicato.
Momo è una graphic novel scritta da Jonathan Garnier e disegnata da Rony Hotin, edita da Tunué e tradotta da Stefano Andrea Cresti.
Il libro racconta l’estate di una bambina, Momo appunto, che vive con la nonna in un piccolo paese della Normandia. Il padre, pescatore, è continuamente fuori, imbarcato in pescherecci che lo tengono lontano dalla figlia per intere settimane. Momo, quindi, passa il tempo da sola a rincorrere gatti, tra gli insegnamenti della nonna, bighellonando per le vie del paese, incontrando personaggi bizzarri: il pescivendolo burbero, un’adolescente irrequieta, una banda sgangherata di teppisti, un vecchio clochard ghiotto di pesci.
Momo incontra questi personaggi portando nelle loro vite scompiglio e dolcezza, un’ostinata allegria che li contagerà inevitabilmente, scarmigliando le loro vite.
Come sempre accade, a far deflagrare un’apparente normalità ci si mette la vita, un evento impredicibile (no spoiler) cambierà per sempre la vita della bambina e del mondo che la circonda, scuotendo la comunità.
Una bella storia, solida, asciutta, lieve ma nello stesso tempo emozionante.
ll soggetto, come ci spiega l’autore alla fine del libro, prende spunto da una serie di fotografie scattate dal fotografo Kotori Kawashima che ritraggono la bambina Mirai-chan e la sua spensierata e ribelle voglia di vivere. Mirai-chan è l’occasione per far riaffiorare i ricordi d’infanzia di Garnier e raccontare «la storia di una ragazzina selvatica, quasi abbandonata a se stessa».
Intento centrato in pieno, le pagine trasudano di una svagata anarchia che si perde e si ritrova in Momo, trait d’union di un felice racconto che guarda al passato con nostalgia, tenerezza e stupore. Le vie del paese ancora abitate dai bambini, la comunità locale che si conosce, assiste e protegge, l’approccio stupito verso il diverso, non vissuto come minaccia ma come risorsa.
Queste caratteristiche sono saltate agli occhi di molti: la quarta di copertina, infatti, è letteralmente inondata dai premi che questa storia ha vinto in Francia, paese dove il libro è uscito nel 2017. Premi meritati, Garnier descrive con grazia il carattere indomito di Momo, il rapporto istintivo e diretto che ha con gli abitanti del borgo, siano essi ragazzini della sua età o adulti bruti.
Che belle le mille sfaccettature dei personaggi secondari, non accessori inutili di una storia che poteva comunque andare avanti senza di loro ma Momo-dimensionali. Comparse che quando vengono in contatto con la protagonista diventano tridimensionali, mostrano le loro fragilità e la complessità dei loro animi. Che fantastica e dolce trovata l’intermezzo con le pagine del diario di Sylvain, che ci raccontano in prima persona un personaggio fino a quel momento accessorio e che servono da motore per mandare avanti la storia bruscamente interrotta.
Le tavole di Hotin sono piene della luce del nord della Francia, quel grigiore pallido e algido, un lucore senza grossi accenti, drammatico e pieno di verità. Il tratto, debitore allo Studio Ghibli, ci riporta in quel Giappone che aveva dato il principio alla storia, semplice, pulito, intimo, e delinea perfettamente i caratteri sia dei personaggi sia della terra di Normandia, già di per sé malinconica, fatta di nuvole e porti, di fari e onde che si infrangono sugli scogli, spiagge lunghe e campagne sterminate.
Momo è un libro che commuove e carezza il cuore, un racconto nostalgico che ci fa tornare bambini e selvaggi, liberi e anarchici come la protagonista, a ripensare al nostro passato e ad affrontare i nostri fantasmi, «che fanno paura, i fantasmi…finchè non impari a conviverci».
Jonathan Garnier, Rony Hotin
Momo
Tunué, Collana Tipitondi
176 pagg., cartonato, colore, 17×24 cm, €16.90