Neonomicon – Lovecraft e Moore: una recensione storico-fumettistica
Il volume Panini Comics raccoglie due racconti di Moore disegnati da Jacen Burrows. Il primo, “Il cortile”, è una sorta di prequel a tutta la successiva produzione moore-lovecraftiana, scritto da Moore e adattato da Anthony Johnston, già conosciuto ne “I funghi di Yoggoth”. Neonomicon è la graphic novel in cui Moore fa emergere aspetti che “lo stesso Lovecraft aveva censurato”.
C’è voluto un po’….
Perché Lovecraft non sempre è facile da leggere…
Perché Alan Moore non sempre è facile da leggere…
Pensate a Moore che scrive delle storie in stile Lovecraft, facendo emergere, come dice Solinas nella prefazione citando Moore stesso, elementi
che lo stesso Lovecraft aveva censurato o che negli autori venuti dopo Lovecraft, che avevano scritto pastiche delle sue opere avevano deciso di escludere. Come il razzismo, l’antisemitismo e le fobie sessuali piuttosto evidenti…
…non è facile da leggere.
O meglio, non sempre è facile cogliere tutto quello che c’è dentro, da una parte le citazioni, dall’altra il contributo originale dell’autore inglese.
La lettura non è facile, per chi conosce Lovecraft forse lo è un po’ di più. Per chi come me lo ha letto anni fa, potrebbe essere l’occasione per rileggerlo. Comunque avere un’idea dei temi, della poetica, dei contenuti dell’inventore del Necronomicon, può aiutare a orientarsi tra delitti, mostri, sogni che diventano realtà.
E pensare che Lovecraft l’ho conosciuto sui fumetti, quelli de Il Giornalino nel lontano 1990. La testata paolina, infatti, in occasione del centenario della nascita dello scrittore di Providence, propose delle riduzioni a fumetti dei racconti suoi cominciando con Il miraggio dello sconosciuto Kadath, con i disegni di Nevio Zeccara, anticipando di un quarto di secolo la riscoperta fumettistica dell’autore di Cthulhu. Per quanto parzialmente edulcorate (per chi non lo sapesse Il Giornalino è della stessa casa editrice di Famiglia Cristiana), le riduzioni furono proposte per quasi un decennio, facendo conoscere a molti della mia generazione uno scrittore che ancora oggi è di culto. Se avete l’opportunità, andateli a cercare.
Oppure, per avere un’idea potete provare le riduzioni più recenti di svariata origine: dalle antologie pubblicate dalla Magic Press, alla versione di Alle montagne della follia supervisionata da Roberto Recchioni delle edizioni Star Comics, dall’antologia di Erik Kriek alle riduzioni di Ian Culbard (sempre edite in Italia da Magic Press).
Ovviamente l’approccio di una rivista del secolo scorso, per di più di ispirazione cattolica, riprendeva in maniera molto edulcorata le atmosfere cupe e inquietanti di Lovecraft, riprodotte molto più fedelmente nelle ultime trasposizioni fumettistiche.
Sono quelle atmosfere che Moore riprende, reinterpretando anche il titolo dello pseudobiblium di cui Lovecraft inventò la genesi, rendendolo famoso più delle sue opere…
Moore ha scritto le due storie che compongono il volume rispettivamente nel 2003 e nel 2011, e, in occasione della pubblicazione di Providence, sono state raccolte in volume, unendo Il cortile con il vero e proprio Neonomicon.
La prima parte racconta la progressiva depravazione dell’agente Aldo Sax dell’FBI (che poi incontreremo di nuovo in Providence, il prequel-sequel del Neonomicon), infarcendola di citazioni, non solo lovecraftiane, ed esacerbando gli elementi più stridenti e disturbanti. Seguendo infatti le tracce di una serie di omicidi, perché ha «talento per gli schemi astratti», si trova ad indagare su situazioni «ai confini della realtà» in una Brooklyn che richiama, come luci, colori, suoni e atmosfera la New Orleans di Angel Earth, film di Alan Parker.
Però la realtà c’è, e anche in modo prorompente: i posti sono reali, gli indirizzi, la fisicità di Aldo Sax. Ma si fonde con l’immaginifico, che attinge a piene mani dalla fantasia di Lovecraft, citando racconti e personaggi. Così il gruppo si chiama gli Ulthar Cats, e la tizia che suona la chitarra e canta è Randolph Carter (per non parlare dei pezzi: da Miskatonic a Erich Zann). La droga (?) su cui Sax sta indagando si chiamerebbe Aklo (solo troppo tardi Sax scopre che non è una droga) e il pusher è Johnny Carcosa. Nomi ed eventi lovecraftiani sono un crescendo, fino a quando Sax va a casa di Carcosa, si droga per incastrarlo, convinto di poter reggere, ma viene sconvolto dall’Aklo, che si rivela quello che è in realtà, la lingua e il passaggio verso la dimensione parallela dell’orrore, che lui raggiunge continuando la serie degli omicidi sulla quale stava inizialmente indagando.
I disegni di Jacen Burrows hanno delle strane, piccole deformazioni, che sottolineano e aiutano questi elementi: le persone e i loro volti sono allungati, sembrano stiracchiati, come lo è la realtà. Così, anche nella parte grafica, la realtà è deforme, ma non al punto di diventare irreale.
Il registro grafico cambia passando da Il cortile a Neonomicon. Non sembra essere una evoluzione dell’autore (sono comunque passati otto anni tra i due), il tratto è molto più realistico e preciso, perché molto carnale è tutta la storia. Il tratto di Jacen Burrows è in effetti funzionale all’atmosfera e al contenuto della storia.
L’agente dell’FBI Brears si trova ad affrontare dei delitti copycat così va a trovare l’agente Sax e si trova nella stessa ambientazione de Il cortile, ma tutto sembra più razionale, quasi un poliziesco. Arresti, indagini, in cui gli aspetti lovecraftiani sembrano quasi avere una spiegazione razionale. Fino all’apparizione di Carcosa, che rimette tutto in discussione, comparendo sotto forma di disegno parlante su una parete.
Ma poi tutto sembra tornare nei canali della razionalità, tanto che subito dopo, in quello che è il secondo numero della miniserie, l’agente Merril Brears (che fa da rompighiaccio anche per l’aspetto più pruriginoso della storia, essendo ninfomane dichiarata) trova tutti i «collegamenti letterari» della storia con Lovecraft, Ashton Smith, Machen, Hoover, scoprendo le carte. È lei l’esperta di letteratura (il suo collega ammette di aver solo scorso le opere di Lovecraft, che disprezza) e ha meticolosamente studiato per essere attendibile con i «fanatici della letteratura».
Così gli agenti arrivano a Salem, seguendo le tracce della loro indagine, che pare avviarsi a una conclusione quanto meno razionale. Si infiltrano nella rete dei presunti amanti dell’occulto che avevano tradotto la loro passione in omicidi che riproducevano le nefandezze degli orrori lovecraftiani. Tutto sembra ridursi a festini orgiastici di provincia, quando improvvisamente c’è un cambiamento e compare l’effettivo orrore lovecraftiano, che rende ancora più violenta e fisica la rappresentazione e costituisce il reale nucleo dell’opera di Moore.
L’orrore diventa fisico, ma non solo. La pressione psicologica dell’agente Brears che vede (anzi intravede, a causa della trovata delle lenti a contatto) uccidere il collega, poi si vede (!) violentata senza capire bene da chi o da cosa, e infine «recupera» la limpidezza della visione in un ulteriore crescendo di perversione e violenza che sembra non avere fine. In effetti queste pagine che hanno come ambientazione la piscina sotterranea sono il centro di tutta la storia.
Si raggiunge il climax, c’è una violenza da cui sembra non esserci uscita.
Manca completamente in questa seconda parte l’atmosfera onirica: il solo sogno in cui ricompare Carcosa, per dare spiegazioni, annunciandole «R’lyeh è dentro di te», è legato alla situazione di Brears che sta subendo violenza «da qualche giorno» come le dice una delle donne che l’ha segregata. Quindi anche il sogno è provocato dalla situazione di violenza e dolore fisico.
Quando sembra che stia per arrivare la fine e ci si aspetta il peggio («tanto tutto finirà molto presto»), in preda a una specie di Sindrome di Stoccolma, o forse utilizzando le tecniche che ha imparato nell’FBI, l’agente, che non a caso ha recuperato la vista, crea un contatto con l’orrore. Anche l’aspetto della donna passa da una maschera di disperazione, con il trucco in disfacimento, ai capelli pettinati e un viso composto e in ordine.
Improvvisamente anche l’orrore diventa più umano, il linguaggio quasi comprensibile; la tensione carnale si sfilaccia. E decide di salvare la sua vittima.
E lì finisce il fumetto. Il resto è un lungo epilogo: il salvataggio, la bonifica del sotterraneo, l’uccisione del gargouille de la mer (come lo chiamerà la stessa agente FBI), il congedo.
Il finale vero e proprio sembra fatto apposta per dare un seguito alla storia: l’agente Merril torna a visitare Aldo Sax (che sembra incarnare anche la sessualità di Lovecraft, descritta in precedenza), gli parla in aklo, dicendo peraltro che le sta «quasi venendo spontaneo». Così ritorna in parte la dimensione onirica: per due vignette gli ormai ex-agenti sono sull’altopiano di Leng, che «si proietta in uno spazio matematico più elevato», dando in qualche modo anche un senso scientifico alla dimensione onirica di Lovecraft. Tornano Carcosa, Nyarlathotep e R’lyeh… che sta per rinascere… perché «la fine è il principio».
Per un approfondimento potete leggere questa dettagliata analisi fatta da Andrea Tosti qualche tempo fa.