Il Raggio nero – seconda parte
Fosse un film si intitolerebbe “Non è un piano (pentadimensionale) per vecchi”. Nuovi dubbi vengono a galla, molti altri vengono risolti, personaggi appaiono, personaggi muoiono, ci sono le botte da orbi e gli spiegoni infiniti ma stupendi. E’ il nuovo cinecomics dell’anno? No. E’ il secondo episodio di “Il raggio nero” su Topolino. E dimensione fumetto lo ha recensito prima di tutti.
Torna la rubrica settimanale di Dimensione Fumetto, che (almeno fino a che uscirà la saga ad episodi) si propone di recensire per tutti voi la nuova storia a fumetti di PK, intitolata “Il Raggio nero” in uscita su Topolino.
Questa settimana, sul numero 3129, troverete la seconda parte che prosegue lo svolgimento di quanto narrato nel numero precedente e ci lancia, con gioia, davanti a un nuovo, enorme, personaggio.
Come sempre dobbiamo però procedere con ordine.
Intanto recuperate la passata recensione, sempre pubblicata sulle pagine virtuali di Dimensione Fumetto, così da farvi un’idea di cosa stiamo parlando: infatti ormai non troverete più il numero di Topolino in edicola, visto che, come previsto, è andato letteralmente a ruba.
È assurdamente difficile cercare di fare per voi la recensione di questo numero senza rischiare di incappare in spoiler troppo eclatanti, quindi mi limiterò a dire che tutto riparte esattamente da dove lo avevamo lasciato, con il nostro eroe imprigionato all’interno di un piano pentadimensionale, in compagnia di alcuni nuovi personaggi, ossia Sekthron, Raksaka e Thala.
All’interno di questo piano giace inerme la Ducklair Tower, oramai vecchia e decrepita, completamente rovesciata a terra. Molte erano le domande che erano sorte spontanee nel primo episodio, e su alcune situazioni avevo già espresso qualche riserva.
Perché improvvisamente i gargoyle si sono animati? Perché la torre sembra molto più diroccata di come ce la ricordavamo? Ma se la torre è integra, cosa cavolo era il protocollo Omega? Perché Tre aveva ricevuto una richiesta di aiuto da se stesso? Cosa caspita è un piano Pentadimensionale e perché non ne abbiamo mai sentito parlare nei numeri precedenti (da bravo PKer questa proprio non me la spiegavo, visto che Everett Ducklair non aveva mai menzionato nulla di simile)?
La risposta è: Francesco Artibani. O meglio. Le risposte sono tutte nelle sue mani. Non c’è stata nessuna domanda che io mi sia posto nel primo episodio che non abbia trovato risposta in lui. Artibani con una naturalezza da Oscar ci rivela per filo e per segno tutto quello che vogliamo e che dobbiamo sapere, senza se e senza ma. Probabilmente la spiegazione di alcune parti risulta un pelo troppo complicata; io stesso ho dovuto rileggere alcuni passaggi più volte, temendo di cadere in una supercazzola colossale, ordita ai danni del povero malcapitato lettore.
E invece tutto funziona, risulta credibile e avvincente. Forse alcune scappatoie sono troppo facili, è vero (una su tutte il fatto che una sezione degli archivi di Everett Ducklair fosse privata a tal punto che nemmeno Tre poteva accedervi), ma comunque davvero un ottimo lavoro di narrazione. Volendo fare un parallelo, questa dimensione narrativa si era persa, secondo me. durante lo svolgimento de “Gli argini del tempo“.
La cosa migliore è che tutto questo dura 20 pagine. Dalla pagina 13 alla pagina 33. Praticamente tutta la parte iniziale dell’episodio. Artibani non si perde in facilitazioni, come già detto, spiega tutto, per filo e per segno, si prende i suoi tempi e tutto scorre liscio come l’olio. Merito sicuramente anche dell’ottimo Lorenzo Pastrovicchio, che anima tutte le scene in modo esemplare, passando con tranquillità da ambienti selvaggi ad altri high-tech, senza bruschi stacchi e con ottima continuità.
[OCCHIO CHE QUI COMINCIA QUALCHE SPOILER N.d.R.]
E se durante lo “spiegone” si parla di un certo Moldorock, che possiede il Raggio nero, che imprime il marchio visto in sogno da Paperino nel primo episodio, non si sfogliano troppe pagine prima che il cattivone faccia la sua entrata in scena: con una splash page da fumetto americano, stupenda, bellissima sul formato ridotto e che implora di essere visionata in edizione deluxe.
Forse qui c’è l’unica scelta stilistica vagamente discutibile, visto che il design del personaggio, almeno riguardo al volto, ricorda molto altri nemici visti in passato, e forse si poteva osare un po’ di più, magari con un aspetto non paperesco. Ma stiamo davvero parlando di minuzie, visto che Moldorock è tamarro, con due braccia fatte da lava ardente, ed è cattivissimo. Guardare la penultima pagina per credere.
A far la magia, a rendere unico il cattivone, ci pensano i colori di Max Monteduro, splendidi, senza mezzi termini. Sono stato cinque minuti a osservare la splash page citata sopra, desiderando di averla come poster in casa. Vi sfido a non provare lo stesso desiderio.
A voler fare i “classificoni”, la palma di questo episodio va sempre ad Artibani che, sia nel racconto che nella caratterizzazione dei personaggi, fa un lavoro ineccepibile. Lo stesso PK sforna battute a più non posso, alcune davvero esilaranti, ma non per una semplice finalità “macchiettistica” (passatemi il termine), ma semplicemente perché il papero, come molte persone, quando si agita, tende a straparlare, e lui lo sa, e ce ne fa partecipi.
Conclusioni
Un altro ottimo episodio che ci fa rivivere i fasti di un tempo, quando PK era una rivista a parte, venduta mensilmente in edicola. Una rivista che ci faceva sognare con la storia principale e con le varie rubriche di sfondo, come la posta, gli approfondimenti della Ziche, i what-if impossibili. Ed è con questo episodio in particolare che diventa ancora più palese come, forse, Topolino inizia ad andargli stretto, concedendo spazio solo a un paio di storie l’anno sul nostro eroe. La trama è complessa, i personaggi pure, e ci sono anche scene “forti”. Niente che un bambino di tredici anni non possa leggere, ovvio, ma si vede che la storia strizza l’occhio a un pubblico già grandicello, senza nulla togliere ai più piccoli. Alcuni dubbi rimangono ancora sospesi, e alcuni personaggi ancora non si sono mostrati, ma attendiamo di vedere cosa ci riserverà il futuro.