TechnOLDogy – Vecchia tecnologia e intelligenza artificiale

Una storia fantastica ma non troppo, tra tecnologie ormai in disuso e nuovissime applicazioni hardware e software. Ma dov’è la realtà (se esiste)?

Oggi nel mondo esistono diverse distese di “vecchi” apparecchi tecnologici, soprattutto in Africa: ne è un esempio Agbogbloshie, vicino Accra, capitale del Ghana, luogo dove tantissimi disperati cercano di recuperare dai rifiuti tecnologici un minimo di rame e altri metalli da rivendere.

La discarica di TechnOLDogy sembra meno mefitica e più fantasiosa: un posto in cui apparecchiature di tutti i tipi, dai fax alle radio a transistor, dai telefoni a disco ai cellulari di (pen)ultima generazione vengono gettati via. Ma non ci sono esseri umani che vanno a recuperare terre rare o metalli: per lo più gli apparecchi sono lasciati a se stessi solo perché sono obsoleti e non servono più.

Una discarica moderna, in un mondo di un possibile futuro, o per meglio dire di un possibile presente, o di un futuro prossimo.

Fra senso di inadeguatezza, di abbandono e di frustrazione, gli ospiti della discarica comunicano fra loro in forma antropomorfizzata (in effetti i protocolli tecnici di comunicazione sarebbero spesso incompatibili, a maggior ragione considerando che in passato ognuno tendeva a crearsi il suo). Chiamandosi anche con dei soprannomi che richiamano la loro funzione.

La discarica è una sorta di buen retiro, in cui vediamo un solo esemplare per ogni forma di tecnologia: c’è infatti il fax, il telefono a disco, la macchina da scrivere.

Tutto sommato non ci si sta neanche troppo male, anche se le tecnologie obsolete vorrebbero tornare a interagire con il mondo… ma è difficile credere alla vita dopo l’obsolescenza, programmata o no.

Al di là di tutto, gli abitanti di TechnOLDogy, avranno la possibilità di rompere l’isolamento e di tornare protagonisti nel mondo esterno alla discarica proprio grazie alle più recenti tecnologie, che li hanno visti superati. Saranno infatti richiamati in causa per salvare il mondo, loro malgrado, dalla minaccia portata dalla tecnologia stessa. E impareranno a comunicare, perché in fondo il primo senso della tecnologia, in particolare quella informatica è il superamento dell’incomunicabilità o la facilitazione della comunicazione, se è vero che in inglese è Information Technology, ovvero la gestione e il trasferimento delle informazioni.

Quanto ha a che fare con la comunicazione torna continuamente nel libro, anche nel modo in cui il fumetto è costruito: basti guardare ai balloon e al lettering, i cui colori dicono modi diversi di comunicare. E poi nei fatti raccontati: il lavoro è governato dalle recensioni dei clienti, le relazioni si basano sulle app di incontri. E all’immancabile tematica delle telecospirazioni e delle fake news.

Un altro argomento centrale è l’isolamento fra gli individui. E conseguentemente il controllo.

Paradossalmente sono più comunità le apparecchiature della discarica che gli umani, che guardano solo attraverso i loro smartphone e comunicano in cagnesco. Ogni forma di spesa viene fatta a domicilio e, anzi, l’algoritmo sceglie cosa puoi acquistare o no…

Non a caso l’ambientazione è:

City One. La città perfetta.
Qui, per ogni domanda c’è una risposta.
Se la risposta non c’è, è perché la domanda è sbagliata.Didascalia pag.16

Un posto perfetto, dove le paure generate in noi lettori dalla modernità, specie dopo la pandemia, prendono corpo. E a maggior ragione adesso, quando si comincia a parlare sempre di più di Intelligenza Artificiale Generativa, senza vederne ancora i limiti, e non comprendendo ancora in che senso e in che modo vada limitata.

In fondo, si tratta del contrasto che viviamo anche noi fra TechnOLDogy e TechNEWlogy. fra la tecnologia passiva che fa poche cose a noi note e controllabile anche con modalità fisiche, e quella più moderna, che non sappiamo spesso controllare.

In tutto questo l’elemento umano che non sa bene cosa fare. Anzi, non è chiaro neppure cosa sia, se sia del tutto umano o sia a sua volta in parte artificiale. E che nel correre continuo si perde, incapace di relazionarsi se non in modo indiretto. Racchiuso in una serie di scatole: la città, i grattacieli, gli appartamenti, gli uffici. Incapace di comprendere la velocità con cui il mondo gli cambia intorno.

La presenza della TechnOLDogy ci pone altre domande. Di quante tecnologie antiche non abbiamo esplorato tutte le sfaccettature? Perché spesso ci dimentichiamo che tecnologia è tutto ciò che l’uomo ha prodotto per migliorare (o meglio nel tentativo di migliorare) la sua vita, dalle armi in selce fino agli ultimi ritrovati digitali, che spesso è stato lo stimolo bellico a guidare lo sviluppo.

Oggi il conflitto si è trasferito dai beni materiali, prima ai beni finanziari, e oggi sempre più a quelli informatici.

Facendo riferimento al mio settore (la scuola) qualcuno una volta mi ha detto:

Siamo sicuri che abbiamo esplorato tutte le potenzialità delle lavagne di ardesia, prima di passare alle lavagne multimediali?

Ma il mondo corre veloce e l’innovazione (reale o presunta), e soprattutto il profitto, impediscono spesso una riflessione più critica sui cambiamenti, la loro natura e la loro bontà.

Provano invece a farla, attraverso la storia e i disegni, gli autori del fumetto. Francesco Artibani, pluripremiato fumettista del mondo Disney e non solo, e Fausto Vitaliano, autore che ha collegato i fumetti a tanti altri campi dello scrivere, producono a quattro mani una sceneggiatura adulta che Claudio Sciarrone ha trasposto in 128 tavole.

Ragionando in modo leggero di argomenti importanti, il libro è costellato di battute, trovate e citazioni, e su diversi livelli di lettura. La storia infatti è adatta a tutti, fornendo a ogni età una serie di elementi di riflessione. E a ogni lettura si coglie un aspetto o un passaggio diverso.

Certamente c’è il gusto della storia, anche se un po’ amara, ma con un quasi lieto fine, se si fosse fermata sei pagine prima (ma non sveliamo il finale). Una storia che contiene tanti elementi: l’amore, il supercattivo che verrà affrontato nel quadro finale, come in un vecchio videogioco (anche qui, un po’ di TechnOLDogy), il disegno segreto del cattivo da scoprire e rivelare al mondo; l’umanità dei personaggi, con tutti i loro difetti; l’eroe per caso.

Sono poi frequenti gli elementi di riflessione sul nostro rapporto con la tecnologia, nascosti (ma non troppo) nelle vignette, nelle battute spesso amare dei protagonisti.

L’aria è sempre un po’ triste, come se guardassimo tutta la storia attraverso uno schermo, che però non è sempre chiaro e luminoso.

Forse perché la tecnologia, che ha spesso promesso un presente e un futuro radiosi, in realtà ci sta incupendo e isolando. Al punto di non farci più guardare fuori e di lasciarci governare; ed è lei stessa, diventata generativa, a inventare storie per noi. Storie che però ci fanno male.

A questo sensazione di guardare tutto attraverso uno schermo contribuiscono i disegni, non completamente realistici, un cartone animato, anzi, a volte neanche troppo rifinito, e la struttura data alle pagine. Anche la decisione di virare cromaticamente le singole vignette va in questa direzione.

La sensazione è quella di vedere la storia attraverso un vecchio televisore in bianco e nero (beh, io sono uno di quelli che se li ricorda) che però poi cambia colore in maniera continua e apparentemente casuale. Come se il cartone fosse stato girato in bianco e nero, ma lo schermo sia difettoso e quindi cambi continuamente colore. Cosa che succedeva una volta nei vecchi televisori a tubo catodico, quando il sistema di colore aveva qualche problema.

Anche se in realtà i passaggi cromatici non sono casuali, ma a guardarli meglio hanno un senso e servono a dare il colore al momento della storia. La maggior parte delle vignette sono fra il blu e il grigio, si ravvivano un po’ con tonalità più calde in alcuni passaggi, soprattutto quelli ambientati nella discarica, fino al rosso della battaglia finale. Battaglia in cui per la drammaticità si perde completamente anche la gabbia che diventa fluida, quasi si fosse su un altro piano di realtà rispetto al resto della storia.

Solo in alcuni specifici passaggi c’è un po’ di policromia. Quando sembra di essere più vicini alla realtà. Accade quando Andy, il protagonista, è a casa sua e sembra riuscire ad andare oltre la realtà che lo circonda, cioè quando cerca informazioni sulla minaccia globale paventata dalle apparecchiature di TechnOLDogy e fa uso della rete informatica; e poi accade anche nella chiusura a sorpresa, in cui cambia improvvisamene la prospettiva e alcuni aspetti prima non chiari diventano evidenti.

La struttura della gabbia è molto varia, e cinematografica. Ma le vignette sono sempre (o quasi, come specificato sopra) rettangolari e senza bordi, rafforzando la sensazione che si stia guardando uno schermo. Tranne nelle stesse vignette policrome di cui si parlava prima e non verso la fine, quando si sente che c’è qualcosa di strano, che ci deve essere qualcosa di più. Per cui un numero sempre maggiore di elementi invadono lo spazio bianco della closure, e si perde la regolarità del bordo.

Andando verso la fine del volume anche la grafica ci fa capire che c’è qualcosa di non lineare… La battaglia fra le vecchie tecnologie e la nuova tecnologia generativa si conclude in modo inatteso… un po’ come la galassia nella biglia di Men in Black

– Sai, a volte mi domando una cosa… e se fossimo anche noi una simulazione?
– Noi? Una simulazione? E di chi?
– Non ne ho idea, ma se lo fossimo, non avremmo modo di saperlo.
– Beh, in questo caso… non ha senso neppure domandarselo.


Francesco Artibani, Fausto Vitaliano, Claudio Sciarrone
TechnOLDogy
Feltrinelli Comics, aprile 2023
128 pagg., colore, brossurato con alette, 16×24 cm, €19:00
ISBN 978-88-07-55126-0

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