Wish – Quel sogno realizzato non tanto bene
Wish è il film celebrativo per il centenario degli studi d’animazione Disney, ma non va molto oltre questo, svolgendo il suo lavoro come film d’intrattenimento senza particolari guizzi creativi.
When you wish upon a star, makes no difference who you are…
Era il 1940, e con queste parole si apriva il secondo lungometraggio degli studi d’animazione di Walt Disney, Pinocchio. La canzone vinse il Premio Oscar, il primo per la casa di produzione statunitense, e divenne fin da subito l’inno degli studi, che ancora oggi ascoltiamo nella sequenza di apertura dei film Disney. Ottanta anni dopo l’uscita di Pinocchio e ben cento anni dopo la fondazione dei “Disney Brothers Studio”, arriva al cinema Wish, il LXII Classico Dinsey e film celebrativo che vuole abbracciare la sconfinata eredità artistica, culturale e umana lasciata da Walt Disney.
La giovane Asha vive a Rosas, un isolotto tranquillo e sereno dove si è stabilita una comunità. Gente da tutto il mondo viene qui per esaudire i propri desideri: Re Magnifico, un mago estremamente potente e carismatico, custodisce infatti nel suo castello una moltitudine di sogni, affidatigli spontaneamente dagli abitanti dell’isola affinché siano conservati fin quando non saranno esauditi. Asha ben presto riconoscerà una drammatica criticità in questo sistema, e con l’aiuto del piccolo Star e dei suoi amici proverà a restituire i sogni a chi appartengono.
«Se puoi sognarlo, puoi farlo» diceva Walt Disney, ed è un mantra che sostiene l’intera impalcatura anche di Wish. Sogni, desideri e magia sono il cuore di questa storia, ma c’è spazio anche per riflettere sull’emancipazione femminile, la ribellione e su quanto sia potente la forza dei singoli, quando ci si unisce. Asha, come l’ha descritta Fawn Veerasunthorn, una dei due registi del film, «è ispirata a varie principesse Disney del passato, ma è anche una ragazza sicura di sé, che dice quello che pensa e ha anche un senso dell’umorismo moderno.» Insomma è, come del resto tutto il film, un voler guardare verso il passato, ma con i piedi fermi nel presente.
Sebbene sia in tutti i suoi aspetti un puro film Disney, Wish sembra purtroppo non andare molto oltre l’autocelebrazione. Temi e dinamiche si rifanno volutamente a una narrazione classica, ma oltre questo non c’è alcun valore aggiunto. Poche cose funzionano, come il bellissimo (in tutti i sensi!) Re Magnifico, che incarna l’ideale più tradizionale di “cattivo”, ma allo stesso tempo è spaventosamente moderno e attuale nel suo modo di governare. Efficaci sono anche i riferimenti ai film del passato, così come lo è il finale.
Troppo invece è quello che non funziona. Prima di tutto la scelta di realizzare un’animazione con una base tridimensionale arricchita dai contorni a matita e delle tinte acquerello; sulla carta sembrava un compromesso perfetto fra moderno e tradizionale, sullo schermo però il risultato è deludente e posticcio, al punto da sembrare un’animazione non definitiva. I personaggi, a eccezione del già citato Magnifico, hanno una costruzione debole, poco approfondita se non banale. Perfino la stessa protagonista, Asha, ha un carattere estremamente anonimo. Neppure le canzoni, purtroppo, funzionano a dovere: nessuna melodia memorabile, niente che sia veramente trascinante a livello emotivo.
Ne consegue che Wish sarà ricordato probabilmente più per i suoi easter egg che per la magia che vorrebbe infondere nello spettatore. Appare evidente, in modo sconfortante, che è un film esclusivamente celebrativo, realizzato mettendo insieme l’idea più semplice e di sicura presa che c’era a disposizione. Il vero problema è che si è andati così tanto sul sicuro da ridurre Wish a un film superfluo, capace indubbiamente di intrattenere, ma non di stupire. Una vera occasione mancata per un traguardo così importante come il centenario; se poi pensiamo a quanti film coraggiosi e ispirati sono passati in questo secolo, il confronto è ancor più impietoso. La casa di intrattenimento più grande al mondo poteva (e doveva) sicuramente fare di più.