Dante Alighieri: La selva oscura – Come Dante giunse a scrivere la Commedia

Il terzo capitolo dedicato alla nascita della Commedia di Dante Alighieri, un progetto realizzato in collaborazione tra Kleiner Flug e l’Istituto Italiano di Cultura di Montréal.

Dante Alighieri si avvicina sempre più al «mezzo del cammin di [sua] vita», e alla selva in cui si smarrirà.

In continuità temporale con i volumi precedenti Primo de li miei amici e Le fangose genti, dopo aver subito la pena dell’esilio e della condanna al rogo, Dante continua il suo peregrinare per l’Italia. La sua sofferenza umana e politica ha creato le condizioni perché dal suo animo ferito nascessero i sentimenti che hanno riempito le sue opere.

È vero, come abbiamo visto nei capitoli precedenti, che i semi della poesia e della sofferenza erano stati piantati, già prima.

L’incontro con Beatrice e con l’Amore, e la sua perdita.

Il confronto con gli amici poeti sulla sofferenza, e la loro morte.

La guerra e la visione della morte sul campo di battaglia.

La vita politica, il difficile percorso delle decisioni, fino all’esilio e alle condanne.

Ma in questo terzo capitolo le ferite esistenziali modificano la vita stessa di Dante. Diventano la selva che lo avvolge con la sua oscurità. Selva dalla quale non sembra poter uscire… Una selva nella quale la fedeltà ai valori sembra soffocata dall’ingordigia e dall’opportunismo.

Marco Cei, già autore della sceneggiatura dell’argomento precedente, si affianca per il soggetto a Marco Rastrelli, già incontrato in precedenza sui volumi della collana Prodigi dell’editore toscano Kleiner Flug. E, come fatto in precedenza, intride l’opera di riferimenti storici reali, che spiegano il grande dolore personale e civile di Dante.

Il volume ci racconta degli anni trascorsi tra Forlì, Verona e Arezzo. Sempre con una condanna a morte pendente, ma allo stesso modo sempre con la speranza della possibiltà di tornare in patria. Cita la prima delle Epistole, quella indirizzata a «Messer Nicolò, vescovo di Ostia e Velletri, paciaro in Toscana», che vede fallire un importante tentativo di pace e quindi un possibile ritorno a Firenze.

Viene poi raccontato l’incendio di Firenze del 1304. Nel fumetto compare ser Petracco, amico di Dante e padre del futuro Petrarca, che riferisce come gli stessi Neri di Corso Donati, già protagonisti di tanti misfatti, abbiano appiccato l’incendio. Ma, invece di essere puniti, riuscirono a creare ulteriore divisione e dolore perché il papa Benedetto XI morì senza poter intervenire e quindi poter portare pace tra le fazioni fiorentine, nonostante in realtà l’incendio sia stato l’epilogo di un incontro fra delegazioni delle opposte fazioni, che pure sembrava essere andato a buon fine.

Il dolore di Dante e dei suoi compagni esuli è ancora una volta dovuto al fallimento dei tentativi di riconciliazione, causato, a quanto pare, dell’ingordigia dei Neri. Che sembrano quasi responsabili anche della morte dello stesso pontefice, anche se le accuse non sono esplicite.

La lontananza e la frustrazione provocano in Dante e nei suoi compagni un grande dolore che li porta a reazioni rabbiose, al punto che pensano di ricorrere alle armi, nonostante l’accordo stipulato con il legato papale.

Questa sequenza di eventi, che pure toglie a Dante ogni speranza di tornare a Firenze, diventa alla fine fonte di ispirazione, e lo fa passando attraverso le figure allegoriche che stimolano i suoi sentimenti e la sua creatività.

Da una parte le fiere, che rappresentano le caratteristiche più forti e terribili dell’animo umano e che ritroveremo nella selva oscura. Sono quelle che Dante non riesce a tenere a bada. In sé e nei suoi compagni di sventura, nonostante tutti i tentativi di riconciliazione. Prima personale e poi con il mondo esterno. La passione, non del tutto negativa in sé, ma che fa perdere il lume della ragione e la capacità di raziocinio. La superbia di ritenere di essere superiori ai propri avversari politici, di essere nel giusto, di comportarsi più correttamente. La cupidigia, comunque, di controllare Firenze, di aver voce in capitolo, di avere il diritto di trattare alla pari con i più grandi dell’epoca.

Dall’altra parte, torna Beatrice. Che pure, come Firenze, come le fiere, e come tutte le persone interpellate da Dante per poter riconquistare il proprio stato di cittadino, non ha risposte. Ma almeno gli darà la forza di convogliare tutte le energie in una opera clamorosamente innovativa e di enorme forza letteraria, etica e politica.

Questo percorso umano e storico viene sottolineato graficamente anche dai disegni di Astrid. Le tavole infatti assumono progressivamente atmosfere grafiche sempre più cupe: le pagine, mano a mano che l’animo del poeta si ripiega su se stesso, si oscurano nel medesimo modo.

Da paesaggi di ampio respiro, con colori primaverili, si passa sempre più a interni, prima luminosi, ma via via sempre più spenti. Il ricordo finale di Beatrice, sfolgorante, non si spegne, ma si affianca con la sua luce all’oscurità del poeta, senza lenirla se non per qualche istante.

Il tratto è molto personale. Netto, espressivo. L’autrice gioca moltissimo sulle illustrazioni a tutta pagina, che a volte si rifanno a stilemi quasi medievali, altre volte sono dinamiche e moderne. I colori stessi evolvono con l’animo di Dante: passano da una natura realistica e luminosa, a una introspezione cupa e dominata dal nero e dal rosso, che neanche la luce gialla di Beatrice può mitigare.

Così, Dante non può far altro che usare la poesia per raccontare l’oscurità che si è impadronita del suo cuore. L’oscurità dell’esilio. Del dolore nel ricordo di Beatrice. L’oscurità della selva in cui si è smarrito…

Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Inferno, Canto I, 1-3


Marco Cei, Marco Rastrelli, Astrid
Dante Alighieri: La selva oscura
Kleiner Flug, 2022
64 pag., colore, cartonato, 21,5×29,4 cm, €16.00
ISBN: 97888894950564


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