Vincent e Van Gogh, Smudja e il gatto
Vincent è un gatto, arancione come altri gatti famosi nei fumetti (Garfield e Isidoro, o meglio Heathcliff, per citarne due).
E come loro è piuttosto intraprendente e di carattere.
A tal punto da essere la guida artistica di Theodorus van Gogh, trovandosi alla fine a esserne l’alter ego artistico, e dando il nome al fratello pittore, famoso nel mondo, ma, come emerge da questa opera, coincidente con Theo. Tanto abile nella compravendita di quadri, quanto inetto nella pittura.
Vincent proviene infatti da una famiglia di gatti legati alla pittura, come racconta lui stesso. Felini che hanno già “aiutato” Rembrandt e Delacroix. E continuerà la tradizione, intanto aiutando Van Gogh, ma anche facendogli percorrere la storia della pittura impressionista, fino a Picasso, e legandosi a numerosi altri artisti, come Gradimir Smudja racconterà anche in una sua opera successiva di cui abbiamo già parlato, anch’essa edita da Kleiner Flug.
Smudja racconta la pittura nel fumetto, giocandoci molto, mescolando i quadri con la realtà in cui sono stati dipinti. Lo fa, graficamente, con ironia e attenzione, con citazioni continue, a volte evidenti, spesso da intenditori. I pittori compaiono per lo più come macchiette, con caratteristiche fisiche e psicologiche talvolta esagerate.
In questo caso Smudja interpreta la storia degli ultimi anni del pittore Van Gogh partendo dalla fine degli anni ’80 del diciannovesimo secolo. Da Parigi si sposta in Provenza, dove incontra il gatto che determinerà il suo successo artistico. O meglio, sarà il vero artista, perché effettivo autore delle opere. Ma che poi, nel breve periodo tra le morti vicine di Vincent e Theo, sarà cancellato dalle opere stesse, cosicché Vincent van Gogh diventerà un mitico artista con l’aspetto di Theo e con i dipinti (oltre alla storia e alla follia) di Vincent. Eppure, tutto quello che fa il gatto
sembra magico.
La trama prova a ripercorrere in buona parte la vita reale del pittore, negli anni più intensi, con le numerose e talvolta poco comprensibili fantasie legate anche ai personaggi animali antropomorfi (non solo il buon Vincent…) e con l’atmosfera onirica che attraversa tutta l’opera di Smudja. Gli elementi del racconto si perdono nei giochi retorici e nelle contaminazioni. Gli stessi personaggi principali sono per lo più macchiette che vivono di attimi, senza uno spessore adeguato. Lo stesso Vincent è difficile da inquadrare come personaggio…
Compaiono altri pittori impressionisti, alcuni per pochi attimi, altri per più tempo, coerentemente con il percorso che hanno condiviso con i protagonisti della storia. Così Gauguin vive la stessa situazione di Van Gogh: il pappagallo Paul è il suo mentore. E sarà la causa della fine della difficile amicizia.
Ma Vincent è un coacervo di malizia: genio e sregolatezza, oppure proprio follia? O è semplicemente la sua natura felina? Ladro, profittatore, a volte violento, sempre bifronte. Fino al suicidio. Ma anche questo senza una origine sensata, quasi un evento a sé stante.
Anche l’ultima parte tenta di riprodurre la storia reale, con i due “fratelli” che muoiono a poca distanza l’uno dall’altro, Theo che subisce psicologicamente la morte del fratello (in questo caso del suo gatto mentore) e vengono sepolti affiancati nel cimitero di Auvers-sur-Oise, anche se in realtà le spoglie di Theo vi furono traslate oltre vent’anni dopo la morte.
Ma sempre con una sceneggiatura piena di citazioni più o meno esplicite, con passaggi raramente immediati o anche solo comprensibili, e personaggi inconsueti. Come il cipresso che compare in tanti dipinti, che chiude la prima parte dell’opera.
La parte grafica è, come nelle corde di Smudja, un vero e proprio susseguirsi di illustrazioni di stampo impressionista, ed è certamente interessante, ricchissime di dettagli grafici e nelle quali i quadri vengono utilizzati continuamente, sia come soggetti che come sfondo, o come semplici citazioni e camei.
La contorta realtà raccontata dalla storia si mescola continuamente con i quadri e con trovate surreali da parte dell’autore di origine serba. I disegni sono molto statici, non ci sono quasi mai linee di movimento od onomatopee a sottolineare quello che accade. Ci pensano i colori e il modo in cui vengono messi sulla tavola a trasformare le istantanee in una storia. E a creare un movimento dinamico che troviamo negli stessi quadri di Van Gogh. Basti pensare a opere come la Notte stellata o ai campi di grano.
Il colore giallo (del letto del pittore, dei campi, delle stelle, ma anche altri particolari) attiva graficamente la storia, che altrimenti è sempre dipinta in colori tenuemente pastello, non troppo vividi.
Il volume contiene due racconti completi, entrambi aventi come protagonista la strana coppia che ha dato origine a uno dei miti della storia dell’arte moderna.
Il primo racconta della relazione tra Theo van Gogh e il gatto Vincent. Nel secondo, realizzato a distanza di sette anni, intitolato Tre lune, durante le riprese di un film intitolato proprio Vincent e Van Gogh, i due “risorgono” e vivono una storia se possibile ancora più onirica e metafisica della precedente. Tra la Francia e Hollywood.
Viaggiano nel tempo e citano Dalí, Munch ed Hergé. Inoltre compare da protagonista la stazione (poi Museo) d’Orsay, che tornerà anche nelle successive opere di Smudja, in particolare ne Il filo invisibile essendo la casa degli impressionisti, che vengono citati e riprodotti spesso dal serbo.
Anche in questo secondo episodio si incrociano strani personaggi: prende vita la scultura bronzea del rinoceronte che domina l’ingresso del museo.
Delle tre lune del titolo due sono nei dipinti, la terza è la protagonista de Il filo invisibile, che con Vincent ripercorrerà la storia della pittura. E che in realtà è tornata dalla morte come gli altri due protagonisti.
L’opera sembra spesso un esercizio di stile grafico (peraltro ben riuscito). La parte dipinta sovrasta la continuità narrativa e lo spessore dei personaggi. Le tavole sono opere d’arte, ma seguire la trama è talvolta farraginoso. Gli episodi si susseguono con un filo logico generalmente difficile da dipanare.
Insomma, un’opera da consultare, da riprendere in mano per gustarne i contenuti grafici, più che da leggere tutta di un fiato.
A conclusione di ciascuno dei due racconti, due leggende tra il serio e il faceto, con personaggi, luoghi e le interpretazioni gattesche presenti nel testo, ad esempio quelle di Brigitte Bardot e Marylin Monroe. Che svelano alcune delle citazioni più “difficili da capire”, dalle persone ritratte da Van Gogh nei suoi quadri, ad Amiri Baraka e Guillaume Apollinaire. O l’insegna del Lapin Agile, locale tuttora esistente a MontMartre.
Gradimir Smudja
Vincent e Van Gogh
Kleiner Flug 2018, collana Prodigi tra le nuvole volume 19
130 pagine, brossurato, colore, 21×8.5 cm, €22
ISBN 9788894950205