Audrey Hepburn – Una icona in bianco e nero
Una biografia lunga, densa e intensa di una delle attrici icona della seconda metà del secolo scorso, disegnata da Cristopher che ha «disseminato di riferimenti a Audrey Hepburn tutte le sue opere».
La prima biografia a fumetti di Audrey Hepburn, scritta peraltro dall’italiano Michele Botton e disegnata da Dorilys Giacchetto con la supervisione di Luca Dotti, figlio di Audrey e Andrea Dotti, è uscita circa un anno fa per BeccoGiallo e ne abbiamo già parlato su queste pagine.
A distanza di qualche mese, subito prima di questa caldissima estate del 2024, è uscita invece la versione italiana edita da ReNoir del lavoro di Christopher, al secolo Christopher Longé, sulla sceneggiatura di Eileen Hofer, registra e sceneggiatrice svizzera, uscito in lingua francese per Michel Lafon. Anche in questo caso, come emerge dai ringraziamenti e dall’intervista in appendice, il contributo di Luca Dotti è stato fondamentale.
Il lavoro di Hofer è un ritratto dettagliato e approfondito che parte dall’infanzia dell’elegante icona del secolo scorso e percorre tutta la sua vita con grande attenzione alla cronologia, ai tanti e molteplici aspetti della sua vita, ma anche all’evoluzione della personalità. La storia di Audrey Kathleen van Heemstra Ruston, nata in Belgio da madre (nobile) olandese e padre (meno nobile) boemo di origine inglese, che poi aggiungerà al cognome quello di Hepburn per una presunta parentela della nonna materna di Audrey con James Hepburn Bothwell.
Il libro ripercorre davvero tutta la vita fin dall’infanzia e adolescenza segnate dal nazismo e dalla guerra. Viene infatti diviso in quattro capitoli, intitolati come le quattro stagioni, a partire proprio dall’inverno della Seconda Guerra Mondiale, per passare alla primavera del dopoguerra, all’estate della notorietà degli anni ’50 e ’60, fino all’autunno degli anni ’80 del secolo scorso.
Hofer mette insieme i suoi talenti di giornalista, redattrice, sceneggiatrice, regista e produttrice per combinaree un’opera che parte dalla vita quotidiana, dalle piccole cose, per arrivare a quelle grandi, legate al mondo del cinema e alla figura pubblica, fino alla vita personale, vissuta comunque con riservatezza, e all’utilizzo consapevole di Hepburn della sua notorietà come ambasciatrice dell’UNICEF. Senza mai necessità di andare sopra le righe e rispettando l’eleganza che Hepburn ha sempre mostrato, anche in profondità nei suoi comportamenti, Hofer ha tratteggiato un ritratto non agiografico, sottolineando qualche asperità e difficoltà nel carattere e nella vita dell’attrice. Eppure quello che emerge è comunque quello che ci si aspetta, ovvero l’immagine di una figura mite, nonché di un’icona di eleganza che ha percorso con semplicità lo star system hollywoodiano, e ancora di una donna amante della vita che ha passando molto tempo in Svizzera legandosi a uomini non necessariamente paparazzabili; e anche quando ha mostrato qualche stranezza, lo ha sempre fatto senza eccentricità, come nell’episodio del cerbiatto adottato durante le riprese di un film poiché strappato alla madre per motivi di scena.
È vero che Hepburn ha incrociato gli attori più iconici del periodo d’oro del cinema americano, recitando in pietre miliari, e arricchendo con la sua eleganza e presenza anche le pellicole meno famose. Sean Connery le dice durante le riprese di Robin e Marian, come riportato a pagina 276:
la settima arte ha bisogno di te, Audrey
Hofer è attenta a raccontare aneddoti, cogliere situazioni, intersecare la vita privata con quella professionale pur mostrando la predominanza che Audrey sembra aver sempre dato alla prima.
Luca Dotti nell’intervista sottolinea come il fumetto crei «un universo unico e coerente, molto diverso dalle altre biografie, e intimo». L’unione di questi dettagli rende l’opera importante, e credo che quest’atmosfera intima abbia portato alla scelta di uno stile grafico realistico ma semplice, con un bianco e nero che non lascia spazio a sfarzi e consente di riempire le pagine con passaggi a volte molto densi per numero di avvenimenti o vignette nella stessa pagina.
Christopher spesso mette insieme nella stessa pagina vignette diverse senza separarle e senza bordi, quasi sovrapponendo le immagini, come in una continua dissolvenza cinematografica. In questo modo, senza appesantire e riportando ogni volta solo i personaggi e gli oggetti strettamente necessari per comprendere in modo intuitivo l’evoluzione dell’azione, consente al lettore di ricostruire con molti più dettagli i passaggi.
Non che non ci siano pagine con una struttura più standard, con le vignette ben riquadrate, anche se a volte senza bordi, ma soprattutto nel capitolo estivo, quando la stessa Audrey è presa nel turbinio hollywoodiano, gli eventi si affastellano e talvolta vengono addirittura utilizzate delle figure intere per separare le vignette, o sovrapposte ai bordi. In questo modo si spezza il ritmo della lettura, perché l’occhio stesso del lettore è attirato continuamente dalla figura grande su cui si sofferma, senza scorrere velocemente ciò che c’è intorno, che è anche semplice da cogliere dato il bianco e nero.
Un tratto così lineare e semplificato, consentito anche dalla limpidezza e semplicità dei lineamenti di Audrey Hepburn, non vuol dire però una scarsa cura dei particolari: sia nella caratterizzazione dei personaggi sia negli sfondi, quando serve, si hanno dei passaggi tanto semplici quanto affascinanti. Vengono resi con bravura i dettagli dei ricami o le trasparenze dei vestiti, come pure i panorami delle città, da Roma a New York, o ancora le caratteristiche di un camerino, di una macchina da presa o il retro di un riflettore. O ancora l’espressività dei volti e il trasparire dei sentimenti.
Risulta quindi naturale l’utilizzo delle splash page o il ricorso alle gabbie più disparate in funzione del ritmo che si vuol dare alla storia e consentendo all’occhio del lettore, anche il meno esperto, di seguire bene sia l’evolvere degli avvenimenti sia in qualche modo i pensieri della protagonista, onnipresente, ma con la nota delicatezza.
Da tutto questo scaturisce un’opera impegnativa per la lunghezza (quasi trecento tavole), ma tutto sommato scorrevole e di facile lettura, anche per chi non è abituato a fumetti così corposi. Gli autori sono riusciti a cogliere le caratteristiche di fondo, che fanno da traccia a tutta l’opera, aggiungendo di volta in volta dettagli, sfaccettature, relazioni e caratteristiche che rispecchiano la realtà e lo fanno in modo mai traumatico.
È comunque consigliabile spendere il tempo giusto per la lettura, proprio per cogliere le tantissime sfaccettature che nasconde, anche semplicemente dal punto di vista grafico. Ma anche nella caratterizzazione dei personaggi secondari, ritrovando peraltro tantissimi attori e personaggi noti del cinema mondiale, e non solo, dagli anni ’50 agli anni ’80.
Siamo così arrivati alla fine, in questo annus mirabilis di Audrey Hepburn a fumetti, a 95 anni dalla sua nascita e a 31 dalla sua morte, restando in attesa, per lo meno in Italia, della terza opera pubblicata da Il Castoro, traduzione del lavoro di Jean-Luc Cornette e Agnese Innocente uscito per Glénat in Francia lo scorso gennaio.
Christopher, Eileen Hofer
Audrey Hepburn
ReNoir Comics, 2024
320 pagg., b/n, 17×24 cm, cartonato, € 24.90
ISBN: 978-88-6567-288-4