1F: Diario di Fukushima 2

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1F: Diario di Fukushima #2

Il primo capitolo di 1F: Diario di Fukushima, la storia del mangaka-operaio sotto falso nome, ci ha raccontato passo per passo l’ingresso all’interno della centrale di Fukushima Daichi distrutta dallo tsunami del 2011. Lentamente la tensione con cui è stato affrontato l’approccio a un evento tanto tragico sembra stemperarsi in questo secondo volume.

Infatti, con lo stesso realismo, la stessa attenzione ai dettagli, lo stesso disegno didascalicamente descrittivo, Kazuto Tatsuta racconta non solo (o non più) le difficoltà del lavoro nello smantellamento della centrale. Paradossalmente, nella seconda fase del suo lavoro, quando finalmente riesce a entrare nella parte più contaminata e pericolosa, la minuziosa attenzione ai dettagli viene meno. Non descrive più in maniera quasi pedante le modalità di vestizione per l’ingresso, le procedure di sicurezza, i luoghi.

Così non sentiamo quasi più la pressione per la cura e la precisione necessarie alla preparazione prima di entrare sul posto di lavoro.

Rimane sempre una radiazione di fondo, che però progressivamente sembra fare meno paura.

Così lo sguardo si allarga, prima di tutto sull’umanità e sulla vita degli operai e dei volontari, in primis il protagonista-narratore. Per cui alle attenzioni per i dosimetri si sostituiscono quelle per le persone.

Non che la parte tecnica venga trattata in modo superficiale, semplicemente è meno presente. In effetti la prima parte ci ha dato tutte le basi tecniche per affrontare il resto della narrazione (c’è anche una tirata d’orecchi ai giornalisti giapponesi che hanno parlato della sua storia senza leggerla e senza sapere bene come funziona la vita a Fukushima…). Qui si fa solo qualche richiamo, quando necessario.

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1F: Diario di Fukushima ©Kazuto Tastuta

Così questo numero è molto più ricco di interazioni interpersonali all’interno della centrale, si fa molta più attenzione al lavoro degli operai. Forse perché il procedimento è più interessante, non solo per il posto, visto che si è in uno dei punti più caldi della centrale, in cui le radiazioni sono molto maggiori, ma anche per la tecnica degli operai, che fanno lavori più diretti nella messa in sicurezza della centrale.

Inoltre ci si avventura nel territorio circostante (probabilmente perché si è passati dal 2012, a ridosso dell’incidente, al 2014, quando ricominciava nei dintorni dell’impianto una prima normalizzazione), non solo per constatare lo stato di distruzione e degrado, ma anche per sottolinearne ricchezze e bellezza.

Colpiscono alcuni passaggi quasi pubblicitari su alcuni prodotti agricoli (il Cafè au lait della Rakuo, di cui vengono mostrate addirittura le diverse confezioni a seconda delle diverse regioni del Giappone), ma in generale si sottolinea la grande varietà di prodotti caseari e ittici della zona, a testimoniare un progressivo ritorno alla normalità. Quasi a rassicurare il lettore giapponese sulla possibilità di tornare ad usarli.

Rispetto al precedente numero c’è la presenza e il dialogo con persone al di fuori della centrale e della zona di interdizione (dal locale in cui l’autore-protagonista va a suonare la chitarra, all’arrivo delle giornaliste più carine rispetto alla fase più critica). Al punto che a un certo punto quasi si perde di vista il lavoro di bonifica, che passa quasi in secondo piano. Basta comunque un disegno del paesaggio reso selvaggio dall’assenza dell’uomo, o la comparsa di un qualsiasi personaggio in tuta da lavoro e mascherina per ricordarci dove siamo.

La sensazione che si sia passati da una atmosfera di angoscia e attesa (non pessimismo, da buoni giapponesi fin da subito hanno affrontato la situazione e si sono messi al lavoro per risolverla, pur non sapendo bene cosa sarebbe successo) a un moderato ottimismo. Anche sulla salute: le preoccupazioni sembrano meno pressanti, tutto viene vissuto con una leggerezza maggiore, tra l’ineluttabile e il “non può che andare bene”. Significativo è l’ultimo capitolo in cui il nostro protagonista si sottopone alle analisi dopo aver lavorato nella zona più pericolosa della centrale. Sono ricominciate le attività normali: la ricerca di una casa, le relazioni con le persone, non solo sul lavoro, la riscoperta dei sapori e dei prodotti locali, la musica. Momenti che si intersecano con quelli all’interno dello stabile, che si diradano, ma non per questo sono meno precisi. Anzi, il passaggio a un lavoro di maggior responsabilità e per certi versi più tecnico, nella zona più colpita della struttura, fa sentire ancora di più questo stacco. E paradossalmente, rende anche più libero il resto del fumetto.

Nel precedente numero avrebbe stonato una conclusione come quella del capitolo 14:

Come dice la canzone: «Quali siano le avversità , col tempo le si ricorderà con un sorriso, inutile preoccuparsi»…

Sicuramente ci vorrà ancora un po’ di tempo prima di tornare a sorridere, ma sono certo che questa sia la strada che porta al futuro!

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1F: Diario di Fukushima ©Kazuto Tatsuta

Andrea Cittadini Bellini

Scienziato mancato, appassionato divoratore di fumetti, collezionista di fatto, provo a capirci qualcosa di matematica, di scienza e della Nona Arte...

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