Il viaggio di Shuna – Hayao Miyazaki alle origini dell’essere umano
Il viaggio di Shuna è un emonogatari, un prodotto editoriale ibrido a metà fra concept art, storyboard cinematografico, libro illustrato e fumetto realizzato da Hayao Miyazaki nel 1983 e finalmente arrivato in Occidente. Ed è stupendo.
Se in Occidente Hayao Miyazaki è noto alla stragrande maggioranza delle persone che ne conoscono il nome come un regista, o al massimo come regista e fumettista per i più ferrati sulla materia, in Giappone Miyazaki è prima di tutto un grafomane instancabile. Oltre ai suoi 12 film, tutti da lui non solo diretti ma anche ideati, scritti, storyboardati, scenografati, disegnati e animati, Miyazaki ha inoltre partecipato in almeno un ruolo produttivo, creativo, narrativo e/o grafico ad almeno altri 19 film lungometraggi e a 13 cortometraggi (di cui nove diretti personalmente e in uno, Mei to konekobus, ha anche doppiato Totoro), ha scritto 16 canzoni, ha sfornato decine di lavori corti come spot TV e videoclip, e poi innumerevoli illustrazioni per copertine di riviste, libri, album, loghi e progetti, e infine, assolutamente last but not least, la sua produzione certamente più ricca eppure paradossalmente meno nota in Occidente: quella come scrittore.
Autore: Miyazaki, Hayao
Inserendo la chiave di ricerca “Hayao Miyazaki” nei terminali delle biblioteche e librerie giapponesi, escono fuori decine di titoli: alcuni sono fumetti, come ovviamente Nausicaä della Valle del vento, oppure libri illustrati, come quello sul mondo di Totoro, ma ci sono anche rubriche su riviste come Miyazaki Hayao no zassō note (“Appunti vari di Hayao Miyazaki”, poi raccolta in un volume unico), antologie di saggi, interviste varie, persino libri sui libri (Hon e no tobira, “La porta sui libri”, in cui racconta i suoi 50 libri preferiti dalla collana di tascabili per ragazzi dell’editore Iwanami Shoten, fra cui Heidi, Gli sgraffignoli, Quando c’era Marnie e – per la quota #ceancheunpodItalia – anche Le avventure di Cipollino di Gianni Rodari, perché oltre che grafomane Miyazaki è anche un topo di biblioteca), e infine quel volumetto ibrido che è Il viaggio di Shuna.
Il viaggio di Shuna è una delle sue opere più importanti e insieme meno note in Occidente, almeno finora, e manifesto della vasta cultura letteraria dell’autore. Ambitissimo e desideratissimo per decenni dalle case editrici occidentali, Shuna no tabi (questo il titolo originale) non ha lasciato il Giappone per quasi quarant’anni dalla sua prima pubblicazione, avvenuta per l’editore Tokuma Shoten il 15 giugno 1983 direttamente in volume: non si tratta infatti di un fumetto pubblicato a episodi su rivista, come canonicamente avviene nel mercato giapponese, ma di un oggetto editoriale ibrido a metà fra concept art, storyboard cinematografico, libro illustrato e fumetto vero e proprio che Miyazaki ha realizzato come divertissement ispirato da Il principe che divenne cane, un racconto folkloristico tibetano da lui molto amato e che presenta vari punti di contatto con altri lavori letterari come il romanzo cinese del XVI secolo Il viaggio in Occidente, a sua volta fonte inesausta per innumerevoli opere crossmediali, il tutto mischiato con elementi dal ciclo di Earthsea di Ursula K. Le Guin.
Dal 2022 il divieto di pubblicazione di Shuna no tabi dev’essere scaduto o le pressioni delle case editrici devono aver avuto la meglio o qualcosa del genere, perché di colpo è stato pubblicato praticamente all’unisono in varie lingue a partire dall’inglese (Shuna’s Journey, First Second, 1/11/2022) e poi tedesco (Shunas Reise, Reprodukt, 4/9/2023), catalano e spagnolo (El viatge de Shuna e El viaje de Shuna, Salamandra Graphic, 19/10/2023 e 5/3/2024), francese (Le voyage de Shuna, Sarbacane, 1/11/2023), e anche italiano come Il viaggio di Shuna per i tipi di BAO Publishing il 17 ottobre scorso. Il che è solo un bene perché questo volume va a colmare una grossa lacuna non solo nella comprensione della poetica e nella carriera di Miyazaki padre, ma anche nella rivalutazione di quelle di Miyazaki figlio.
I racconti di padre e figlio
Gorō Miyazaki è un appassionto dei romanzi del ciclo di Earthsea, come suo padre, e riconoscendovi degli elementi ne Il viaggio di Shuna desiderava portarlo in animazione già dagli anni 1990, ma il padre gli negò formalmente il permesso di farlo. Nel 2003 La città incantata vinse l’Oscar al Miglior film d’animazione e questo accese la curiosità di Le Guin, che vide quello e poi anche Il mio vicino Totoro restandone folgorata e rimpiangendo amaramente i suoi due “no” a Hayao Miyazaki quando lui le chiese due volte il permesso di adattare Earthsea nei primi anni 1980 (fra …Cagliostro e Nausicaä…) e ancora negli anni 1990, poiché non conosceva il regista e comunque lei vedeva l’animazione solo come roba per bambini; peggio per lei: nel 2003 fu Le Guin stessa a pregare Miyazaki di trarre un film dai suoi romanzi, ma stavolta fu lui a rifiutare perché era già impegnato su Il castello errante di Howl, al che il produttore Toshio Suzuki pensò la furbata di assegnare il film I racconti di Terramare a Miyazaki junior con promessa che sarebbe stato supervisionato da Miyazaki senior (tutto falso: il padre non ebbe alcun ruolo nel film e anzi si oppose alla regia del figlio). Conclusione: Miyazaki junior bistrattato, Miyazaki senior arrabbiato, Le Guin scontenta, film vilipeso dalla critica e incompreso dal pubblico.
Ma alla radice della complessa vicenda de I racconti di Terramare c’è appunto Il viaggo di Shuna. Numerosi sono i punti di contatto fra le due opere, a partire dal character e mecha design e dalla direzione artistica in generale, all’ambientazione, ai motivi visivi come le navi che attraversano il deserto, per arrivare al soggetto stesso di entrambe le opere ovvero la storia d’affetto fra un ragazzo e una ragazza in cui prima lui aiuta lei e poi lei aiuta lui.
Trama
La trama de Il viaggio di Shuna si svolge fuori dal tempo e dallo spazio, e racconta di Shuna, principe di un povero regno basato sull’economia di sussistenza, che apprende da un viandante morente che a ovest esistono dei “semi d’oro” capaci di generare ricche messi. Shuna parte verso ponente col suo yakkul (incrocio fra un cervo, un cavallo e uno stambecco come quello che cavalcherà Ashitaka in Principessa Mononoke) imbattendosi in varie situazioni, fra cui un vecchio che gli conferma che i semi d’oro esistono e sono posseduti dagli Esseri Divini che vivono oltre il confine della Terra, e un mercato di schiavi da cui riesce a liberare Thea e la sua sorellina, le quali si uniscono a Shuna. Raggiunto il burrone che segna il confine della Terra, Shuna lascia andare le ragazze con lo yakkul e affonta la discesa da solo: al di là vi trova un eden lussureggiante dove un organismo si ciba di esseri umani per produrre i semi d’oro. Shuna riesce a rubarne alcuni e rocambolescamente torna indietro al di qua del confine della Terra, dove Thea e la sorellina si sono stabilite presso un villaggio: Thea trova Shuna ridotto allo stato ferino, senza né ingegno né memoria, così lo nasconde e lo accudisce amorevolmente; nel suo sacchetto trova i semi d’oro, li pianta e li protegge contro le intemperie. Col passare del tempo, le spighe crescono e Shuna guarisce, finché le prime danno seme e il secondo ritrova la sua umanità. Costretta dai compaesani a scegliersi uno sposo, Thea dichiara che sposerà chi saprà cavalcare il suo yakkul: ci riesce solo Shuna, così lui, Thea e la sorellina, rasserenati, lasciano il villaggio dove ora cresce abbondante il seme d’oro.
Alle origini del mito
Scrive il giornalista e orientalista Clifford Thurlow nella prefazione all’antologia Fiabe tibetane da lui curata, edita in India dalla Biblioteca di letteratura tibetana patrocinata dal Dalai Lama e in Italia da Tarka (traduzione di Maria Magrini):
Le leggende popolari si assomigliano in tutto il mondo, perché parlano della gente. Non la gente comune che incontriamo durante il viaggio della nostra vita, ma tutto il segreto e affascinante popolo dei maghi con un solo occhio, dei giganti cattivi, dei principi e delle fate che intrecciano magiche danze volando fra le pieghe dell’arcobaleno.
Tutti questi fantastici personaggi non sono che proiezioni della nostra stessa mente, dei fenomeni misteriosi che giacciono addormentati nella profondità del nostro subconscio: un’evasione dal tedioso turbinare della vita quotidiana che noi ci costruiamo tutt’attorno come le mura di un castello.
Gli adulti presumono che le storie di fate siano adatte solo ai bambini, la cui mente si libra su nubi invisibili nel mondo celeste della fantasia e della finzione. Le leggende popolari però sono scritte per i bambini, ma pensando agli adulti.
Le figure mitiche che vivono nelle pagine della leggenda hanno percorso le infinite eternità del tempo, ultimo anello di collegamento con un passato che sfida la corruzione della storia. Forse solo qui, nel mondo dei sogni, possiamo trovare la vera salute, un soffio d’aria pura nel clima intossicato del progresso.
Ed ecco pronta la migliore e più completa recensione a Il viaggio di Shuna possibile immaginabile.
La storia di Miyazaki è infatti, prima ancora che una fiaba o un’avventura (generi a cui comunque appartiene), un grande mito di fondazione, una poema antropogonico che racconta in forma allegorica la scoperta dell’agricoltura e, dunque, l’ingresso dell’animale Homo sapiens nella condizione umana.
Quello che fa Miyazaki è andare molto oltre lo spunto iniziale del racconto tibetano Il principe che divenne cane e inserire nella sua narrazione altri elementi del folklore mondiale. Non a caso il protagonista Shuna è sotto vari aspetti paragonabile a Prometeo, il titano che secondo la mitologia greca creò gli esseri umani e donò loro il fuoco nonché, stando al Prometeo incatenato di Eschilo, anche il calcolo (ovvero l’ingegno) e la lingua (ovvero la memoria) – notiamo come Shuna abbia donato agli uomini il seme d’oro (l’orzo) e che l’ingegno e la memoria siano proprio le caratteristiche che Shuna perde quando va nel mondo degli Esseri Divini e che riacquista stando con gli umani; allo stesso modo Thea è paragonabile a Psiche, che nella favola apuleiana cura le sementi (ovvero il futuro) e conquista (l’)Amore il quale, come sempre nelle narrazioni fiabesche, non ha un valore meramente pragmatico bensì rappresenta simbolicamente il superamento della condizione di “normalità” per arrivare a quello di “eccezionalità”, l’elevazione dall’oscurità all’illuminazione – ecco perché i commenti sul presunto sessismo nelle fiabe non hanno alcun senso: è l’amore che ci salva la vita.
Su questa ricchissima base letteraria, di cui Miyazaki potrebbe anche non essere stato del tutto consapevole (come scritto da Thurlow e come studiato da Propp, i tipi caratteriali delle storie mitologiche sono limitati e ricorrenti), si imposta una narrazione per immagini di straordinaria qualità. Forse è banale ricordarlo, ma vale la pena farlo: Hayao Miyazaki è un disegnatore eccezionale e un creatore di immagini di una potenza e una capacità comunicativa rarissime. Il viaggio di Shuna è la conferma, se mai fosse servita (no), dell’inarrivabile naturalezza nella capacità di messinscena e di rappresentazione visiva dimostrate dall’autore in tutta la sua sessantennale carriera. In altre parole: Miyazaki riesce a rappresentare concetti complessi con immagini semplici.
Sfogliando questo emonogatari di Miyazaki, come pure vedendo un suo film, si resta sempre colpiti dalla potenza della sua sintesi grafica: forse anche per via della sua lunga esperienza come autore di layout per tanti film e serie come quelle del World Masterpiece Theater, Miyazaki riesce a mettere ordine nelle sue immagini che non appaiono mai sbagliate, mai povere, mai sovraccariche, sempre perfette. Il viaggio di Shuna non fa eccezione: 147 tavole tutte disegnate a matita e colorate all’acquerello con una economia di mezzi e una facilità grafica che rende scorrevolissima la lettura; ma sedendo e mirando, le tavole rivelano una eccezionale cura per il dettaglio e un non meno eccezionale virtuosisimo nella tecnica (e l’acquerello, si sa, non permette errori).
In breve, Il viaggio di Shuna è alta letteratura epica filtrata dall’immaginario di un genio delle arti visive.
Arte del popolo, arte popolare
Il viaggio di Shuna è dunque un volume che non dovrebbe mancare a chi ama il fumetto, o l’illustrazione, o l’arte in generale. C’è però una questione laterale e anche scomoda da trattare, ma non per questo secondaria: tutte le edizioni occidentali di quest’opera esistono solo in versione deluxe e costano tanto (inclusa quella BAO Publishing, in vendita a 23 euro per 152 pagine, e non è nemmeno la più costosa), e questo sembra andare contro le intenzioni dell’opera stessa.
Ora, potrà sembrare un discorso venale o addirittura squallido, perché stiamo comunque parlando di un libro di assoluto valore culturale e artistico, ma proprio per questo non dovrebbe essere reso disponibile al maggior numero di persone possibile e dunque venduto in un formato e a un prezzo più popolari? La questione è meno peregrina di quanto potrebbe sembrare, perché in Giappone Il viaggio di Shuna si vende dal 1983 a oggi solo e soltanto ed esclusivamente in edizione tascabile in formato A6 (10,5×14,8 cm) e a pochissimi soldi: la prima edizione costava 380 yen, mentre l’attuale e 94esima edizione costa 660 yen, che al cambio odierno sono 4.16 euro (!!!), e grazie a questo metodo di vendita il volume ha superato nel 2022 la tiratura di 900’000 copie, lo riscriviamo uguale ma in lettere perché fa più effetto: novecentomila copie.
Le edizioni tascabili hanno una nobile storia in Italia. La loro popolarità è esplosa nel nostro Paese a partire dalla fine degli anni 1940 grazie alla BUR che propose i grandi classici della letteratura a prezzo popolare: l’iniziativa ebbe un tale successo commerciale e un tale valore culturale da essere premiata persino dall’UNESCO e fare scuola nel mondo. Quelli BUR erano tutti libri già esistenti in edizioni precedenti e il loro scopo era di essere popolari, ovvero diffondere cultura: non è questa la più nobile delle missioni di un editore?
Naturalmente si potrebbe obiettare che Il viaggio di Shuna è a tutti gli effetti un libro d’arte, e che i cataloghi delle mostre non si stampano in edizione tascabile, che anche un romanzo inedito qualunque di un autore inedito qualunque costa decine di euro, che il detentore dei diritti dell’edizione originale ha dato il suo benestare e che probabilmente esso stesso ha impartito delle direttive editoriali specifiche, che le edizioni occidentali sono di grande pregio editoriale, che i collezionisti preferiscono belle edizioni, che un coffee table book ha anche una sua funzione come innesco per la conversazione… ci sono tutti i validi motivi per obiettare, certo, ma qualunque pur valido motivo non toglie il fatto che in originale, e probabilmente per volere dell’autore stesso, da quarant’anni Il viaggio di Shuna si stampa solo e soltanto ed esclusivamente piccolo ed economico. Per tutti.
La questione non esisterebbe se in Occidente ci fosse anche un’edizione economica del volume, ma così non è: stampare questo libro di enorme valore solo in edizione per collezionisti vuol dire avere come pubblico i collezionisti, non i lettori, e non sono la stessa cosa. È un male che affligge da tempo l’editoria a fumetti, e in particolare proprio quella italiana, oberata da copertine variant, pacchetti a sorpresa, ristampe in pelle di titoli esauriti e mille altre trovate che, nei casi peggiori, appaiono vagamente ricattatorie da parte degli editori nei confronti del lettore: “vuoi leggere questo titolo? Bene, eccotelo, ma solo a certe condizioni”. Condizioni che a volte sono proibitive per una grossa fetta di pubblico con difficoltà economiche, o che non ha facile accesso a librerie, fumetterie e fiere, o altro ancora.
Sia chiaro che non si sta in nessuna maniera suggerendo che Il viaggio di Shuna costi “troppo” (costa esattamente quanto costa un’edizione così ben fatta), né si sta puntando il dito verso nessuno, tanto meno verso le case editrici occidentali e men che meno verso quella italiana: basta guardare le date d’uscita delle edizioni occidentali del libro per intuire che la prima, quella statunitense, ha fatto da apripista e modello per tutte le altre (che sono infatti tutte simili in formato e cura editoriale), probabilmente su esplicita indicazione dell’editore giapponese stesso. Ergo, in questo scritto non si sta scaricando la colpa su un singolo soggetto: sarebbe sciocco e miope verso il grande e complesso mercato editoriale. Quello che si sta chiedendo (idealmente, certo) è di non concentrarsi su uno specifico segmento del pubblico, costringendo gli altri ad allinearcisi.
Il viaggio di Shuna, proprio per il fatto che è un titolo di eccezionale qualità e che non dovrebbe mancare nella libreria di nessun amante del fumetto, sia di chi già lo conosce sia (soprattutto) di chi ancora non lo conosce, rischia di diventare involontariamente il simbolo stesso del processo di gentrificazione del fumetto: una storia di folklore popolare presentata come un oggetto del desiderio borghese. Speriamo che gli editori, sia quello giapponese sia quelli occidentali, riflettano su questo aspetto.
Hayao Miyazaki (traduzione di Prisco Oliva)
Il viaggio di Shuna
BAO Publishing, 17 ottobre 2023
152 pagg., colore, cartonato, 15×21 cm, 23.00 €
ISBN: 978-88-3273-930-5
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©1983 Studio Ghibli
Articolo eccellente.
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