I moti celesti – Il bellissimo ed enigmatico esordio di Michele Peroncini

Fausto, Siro e Gian campano di espedienti e si cacciano in mille avventure, tra antiquari e belle donne, malavita e amori sognati: è la non-trama de I moti celesti, esordio di Michele Peroncini.

Se mi chiedeste di riassumervi la trama de I moti celesti, esordio di Michele Peroncini edito da Coconino Press – Fandango, non ci riuscirei. Forse non l’ho nemmeno capita davvero. Ci sono questi tre tizi, Fausto, Siro e Gian, in giro per Genova, o una città che gli somiglia, fanno cose, vedono gente, più che altro sopravvivono. In fondo le sceneggiature si dividono in due grandi categorie: quelle lineari che spiegano le cose al lettore, mettiti comodo che ti racconto chiaramente chi è l’assassino, e quelle dove non è importante capire ma lasciarsi suggestionare, avete mai visto un film di David Lynch?

Spesso, ahimé troppo spesso, di fronte a certo fumetto italiano scritto inseguendo una poco chiara linearità, rimango incerto sulle intenzioni dell’autore. Mi domando se mi sono perso significati nascosti, simbologie oscure. Cosa avrà voluto dire in questa o quella scena? Dove voleva andare a parare? Me ne assumo la colpa, per carità, sono un lettore mediamente intelligente, con una scarsa attitudine ai voli pindarici, che accede poco e male al simbolico e che tutto sommato l’assassino lo vuole sapere chi è. Anche di fronte a certe tavole di Peroncini le domande di cui sopra mi sono balzate alla mente e hanno nutrito un certo mio sgomento. Allora questo fumetto non ti è piaciuto, penserete voi. Al contrario, questo fumetto mi è piaciuto moltissimo.

Perchè nella storia di Fausto, Siro e Gian c’è  un elemento di inconsueto, azzardo, di post-moderno. Tre le cose che principalmente mi hanno colpito di questo fumetto. Per prima l’ambientazione temporale e geografica: una Genova, magica ed enigmatica, lercia e lussuregginate allo stesso tempo, che sembra Parigi, Marsiglia, Torino; un periodo indefinito che potrebbero essere fra la fine degli anni 1970 e i primi anni 1980, nelle strade sfrecciano Citroën DS19 (prodotte tra il 1965 e il 1975) e i ragazzi cantano Via con me di Paolo Conte, contenuto nell’album Paris Milonga uscito nel 1981. Per seconda cosa, la caratterizzazione dei personaggi: tre spiantati, belli e dannati, vagabondi e maudit, pirati e signori, che si barcamenano alla meglio in un mondo crudo e spietato. Per terza cosa, il lavoro incredibile di Peroncini, che sfoggia un disegno pastoso, vibrante, che strizza l’occhio al cartoon e alle bande dessinée, e che si smarca dai soliti cliché del fumetto contemporaneo italiano.

Le vicende picaresche dei tre protagonisti, alle prese con anziani antiquari, cartomanti, passeggiate notturne, incontri enigmatici, sacro e profano, sono un turbine dal quale è impossibile non farsi risucchiare. In Fausto, Siro e Gian c’è tutta la vitalità e la cialtroneria di alcuni personaggi di Monicelli e di certa commedia all’italiana, ma anche un savoir faire squisitamente francese, sornione, enigmatico, romantico. Sono maschere della commedia dell’arte, e non a caso in una bella sequenza onirica si ritroveranno a indossarle, e in quanto tale recitano la propria parte in un mondo che è fatto di luce e ombra, di multiversi notturni in cui entrare, per poi riuscirne più ricchi, più devastati, col mal di testa.

Parliamo d’amooore, Siiirooo. Ma noi siamo pieni a tre quarti di tenebra. Il resto è birra e schiuma che strabocca. Mentre il diavolo ci scola l’anima come fosse liquore e ci pasteggia.

Dice Fausto a un certo punto all’amico Siro, dopo una serata passata ad ammirare antiche meraviglie nella villa del ricco e misterioso Professor Cardonero. La tenebra di cui parla Fausto, quella da cui i tre protagonisti sembrano essere continuamente avvolti e in qualche modo risucchiati, ha infettato i loro animi in modo irreversibile. L’amore e il sogno sono l’unica via di fuga, l’unica liberazione, la luce che non riescono ad afferrare.

L’amore potrebbe salvare Gian. Lucia la ama davvero, è una brava ragazza con cui sembra riuscire finalmente a osservare il mondo in modo nuovo, dall’alto dei tetti a cui si accede dalla loro camera da letto. Però una cosa Lucia vuole da lui, un pegno d’amore, che Gian smetta finalmente di fumare e forse di fare quella vita balorda. Ecco che Peroncini si pone, per bocca di Gian, una domanda semplice e spietata: si può smettere di fumare per amore? Ovvero, si può cambiare per l’altro? Si può abbandonare la tenebra per l’amore? Siamo forse condannati a recitare a soggeto?

I sogni di Fausto, quasi delle allucinazioni, sono poi l’altra chiave di lettura del fumetto, l’altra via per abbandonare la tenebra. Se nella realtà i tre le prendono di santa ragione da alcuni violenti sgherri di quartiere, nel sogno si tramutano in cavalieri, in magi, in figure valore che affrontano la bestia e la sconfiggono.

Più scrivo e più penso di non essere in grado di cogliere l’inafferrabilità di questo fumetto, di cui però riesco a riconoscerne l’assoluto splendore artistico. Un esordio affascinante, avvincente, che cattura il lettore fin dalle prime pagine e gli lascia un sapore (amaro?) in bocca che non dimenticherà facilmente.


Michele Peroncini
I moti celesti
Coconino Press – Fandango
172 pagg., colori, brossura, 21,5×28 cm, 22.00 €
ISBN: 978-88-7618-708-7

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