Quel gran pezzo dell’Ubalda – Ranma 1/2
Nel 2017 compie 30 anni Ranma 1/2, commedia capolavoro semplice agli occhi del lettore, ma complessa nei meccanismi narrativi.
Torna Quel gran pezzo dell’Ubalda, la rubrica di critica fumettistica dedicata all’analisi di singole pagine di straordinario valore: stavolta è il turno della commedia degli equivoci Ranma 1/2 di Rumiko Takahashi, che quest’anno festeggia il 30esimo anniversario.
I precedenti articoli di questa rubrica sono consultabili a questo link.
Non c’è alcun dubbio sul fatto che Ranma 1/2 sia stato e sia tuttora uno degli ambasciatori più importanti per la diffusione della cultura del manga fuori dal Giappone. Chiunque abbia anche solo una vaga idea del mondo otaku ha certamente letto qualche pagina del fumetto, o visto un episodio del cartone animato, o comunque sa dell’esistenza di Ranma 1/2 e lo conosce a grandi linee. È più di un titolo celebre: è iconico.
Il suo eccezionale ruolo di testimonial è dovuto a un allineamento planetario di fattori che lo hanno reso il titolo giusto al momento giusto.
Per prima cosa Ranma 1/2 è capitato nel momento più propizio possibile per l’esportazione internazionale. L’opera è stata infatti pubblicata a puntate con enorme successo da Rumiko Takahashi sulla rivista Shounen Sunday fra il 1987 e il 1996, cioè proprio contemporaneamente ai primi tentativi di diffusione del manga in Occidente sbocciati a cavallo fra anni ’80 e ’90. Questa felice coincidenza ha reso il fumetto un prodotto molto spinto dalla casa editrice giapponese Shougakukan e molto ambito da quelle straniere: Granata Press lo pubblicò in prima edizione straniera in Italia dal 1990, poi Viz Media negli USA dal 1992, Glénat in Francia e Planeta DeAgostini in Spagna dal 1994, e così via.
Ci sono poi numerosi espedienti tecnici che sono stati sfruttati dalla Takahashi in Ranma 1/2 al massimo delle loro possibilità.
È un fumetto episodico: questo lo rende fruibile sempre, a partire da un punto qualunque e in un ordine qualunque, senza preoccuparsi della continuity.
La continuity è minima: né la trama né le psicologie dei personaggi evolvono, e le vicende sono arricchite solo dal continuo aumento dei personaggi.
I personaggi sono tutti fissi, caratterizzati in maniera definita, immutabile e progressivamente più assurda, arrivando a vette di non-sense totale considerando che fin dall’inizio sono già totalmente assurdi i protagonisti.
I protagonisti Ranma & Akane sfruttano lo stratagemma narrativo standard noto come URST (UnResolved Sexual Tension), ovvero la palese presenza di attrazione romantica che però non si concretizza mai e non si arriva mai a conclusione.
Non si arriva mai a conclusione perché la trama non esiste: tutto quel che bisogna sapere viene spiegato in un flashback da sei paginette nel secondo capitolo e stop.
La trama è un altro degli aspetti vincenti di Ranma 1/2, il che è paradossale essendo un’opera di durata decennale però riassumibile in poche parole. Ranma è un atleta di arti marziali che in Cina è caduto in una fonte maledetta e da allora muta in donna quando si bagna con l’acqua fredda e non torna uomo finché non si bagna con l’acqua calda; la situazione genera infiniti qui pro quo con la promessa sposa Akane, con i compagni di scuola, e con altri soggetti caduti in altre fonti maledette.
Di meno: Ranma si trasforma per magia in uomo o donna a contatto con l’acqua calda o fredda, e questo rende la sua vita rocambolesca.
Di meno ancora: Ranma cambia sesso quando si bagna, ilarità ne consegue.
L’estrema semplicità di base contribuisce al successo trasversale universale del fumetto. L’autrice Rumiko Takahashi dichiarò di aver avuto in mente di realizzare una storia con protagonista un ermafrodito da ben prima di iniziare Ranma 1/2, ma l’idea assolutamente geniale che fa brillare quest’opera è stata quella di abbinare la più assurda delle situazioni, ovvero il cambio di sesso continuo, con la più quotidiana delle situazioni, ovvero il contatto con l’acqua. Questo (di nuovo) paradossale dualismo fra il massimo dell’impossibile e il massimo del possibile rende Ranma 1/2 un fumetto comprensibile da chiunque e destinato a tutte le età, tutti i generi, tutte le condizioni sociali, tutte le culture, tutti i tempi, tutto il mondo.
Ma nonostante la leggibilità universale del fumetto, (ancora) paradossalmente un altro punto di forza di Ranma 1/2 è di essere una vetrina della cultura giapponese. Le arti marziali, i doujo, la scuola, i club scolastici, le case tradizionali, i bagni pubblici, i nikuman, il ramen, la macchina per cuocere il riso, gli okonomiyaki, il cibo cinese, i lungofiume, il jinbei, le divise scolastiche, gli ideogrammi, i kimono, gli animali carini… Una quantità enorme di aspetti della vita quotidiana giapponese viene veicolata da Ranma 1/2 nella maniera più naturale possibile.
C’è poi un aspetto della vita quotidiana giapponese che è stato invece rivoluzionato da Ranma 1/2: la percezione della donna. Come è stato notato da svariati studi, l’opera della Takahashi è lo step femminista più importante dai tempi del Gruppo del 24, e propone per la prima volta consapevolmente nella letteratura giapponese fumettistica (e non solo) donne realistiche che si arrabbiano, sono pigre, rifiutano il romanticismo, hanno intenti risoluti, mangiano, sono sessualmente mature, e in generale non si comportano in maniera diversa dagli uomini. In compenso non c’è un solo personaggio maschile che non sia tarato da un qualche vizio di forma. È un processo di riscrittura dei ruoli di genere portato avanti dalla Takahashi negli anni ’80 insieme col suo grande amico e collega Mitsuru Adachi e ancora in corso.
Essendo Ranma 1/2 un fumetto l’aspetto grafico non può essere trascurato, e anche questo è un grande asso nella manica dell’autrice. La Takahashi nel 1978 aveva già consegnato alla leggenda del manga un personaggio graficamente iconico come Lamù, e nel 1980 disegna la casalinga perfetta Kyoko Otonashi di Maison Ikkoku. Con Ranma 1/2 però il livello grafico sale al massimo qualitativo della sua autrice, che dalla successiva opera Inuyasha in poi perderà la squisita morbidezza del pennello che caratterizzava questo periodo. Cresciuta sotto l’influenza di Ryouichi Ikegami e dei fumettisti della rivista Garo come Yoshiharu Tsuge, la Takahashi ha sempre e solo usato il pennello per dipingere le sue tavole, e alla fine degli anni ’80 la sua mano raggiunge i massimi esiti.
Infine un aspetto apparentemente minimo e invece basilare per la riuscita commerciale dell’opera: il titolo perfetto. Ranma 1/2 è il titolo perfetto: né troppo lungo né troppo corto, uguale in tutto il mondo, non necessita di traduzione, suona benissimo, criptico ed esplicito insieme, contiene un termine giapponese (esotico) e uno matematico (ordinario), e riassume persino la trama.
Inoltre il termine “ranma” è un gioco di parole multiplo carpiato. Com’è stato spesso osservato, in base alla scelta degli ideogrammi può essere la parola 乱麻 ranma che vuol dire “anarchia, caos”, oppure un nome proprio sia maschile sia femminile; nel caso di Ranma, il suo nome è scritto 乱馬, cioè “confusione” e “cavallo” (in riferimento al suo codino). Anche il cognome Saotome, solitamente non analizzato, è molto interessante. Per prima cosa la parola 早乙女 saotome vuol dire “mondina”, cioè una ragazza che sta sempre immersa nell’acqua fredda della risaia. La parola inoltre è composta da 乙女 otome “fanciulla” e 早 haya che solitamente vuol dire “presto”, ma quando non è coniugato (come in questo caso) vuol dire “già”; in pratica il protagonista si chiama “Ranma che è già una ragazza (sempre in mezzo all’acqua)”. Infine, il 欄間 ranma è anche un elemento dell’architettura tradizionale giapponese, e precisamente quel pannello decorativo traforato fissato fra le travi e le porte scorrevoli che divide e insieme connette le stanze fra di loro.
Il tocco finale per rendere ancora più ambiguo e complesso il significato della parola ranma è che nel titolo giapponese è scritta non con gli ideogrammi, ma col sillabario fonetico, らんま, il che consente a ogni lettore di leggerci quel che vuole. Insomma, usando solo una parola e un numero Rumiko Takahashi riesce a convogliare già nel titolo una quantità incomparabile di significati stratificati.
Ma nonostante Ranma 1/2 possa vantare un tempismo perfetto, un meccanismo narrativo eccellente, un canovaccio semplicissimo, un concept universale, una capacità di diffusione culturale esemplare, una posizione femminista forte, una grafica memorabile e pure un titolo iconico, (sempre) paradossalmente non è stata nessuna di queste doti succitate a consentire a Rumiko Takahashi di portare avanti un fumetto comico per ben 407 episodi raccolti in 38 volumi pur senza uno straccio di trama, nemmeno minima, nemmeno nell’incipit com’era stato per la gara sportiva in Lamù. È la straordinaria qualità della narrazione sulle pagine del fumetto a generare quella lettura veloce, semplice, piacevole e al contempo ricca, divertente e indimenticabile di Ranma 1/2, tale da renderlo uno dei più importanti titoli in assoluto della storia del fumetto giapponese.
La qualità della scrittura di Rumiko Takahashi è magistrale e raggiunge in Ranma 1/2 livelli insuperati nel coniugare semplicità ed efficacia. Ne è un ottimo esempio una storia divisa in tre capitoli alla fine del volume 29: la sfida dei 10 yen fra Nabiki Tendou e Kinnosuke Kashaou. Si tratta di un episodio poco noto perché non ha per protagonisti Ranma & Akane e non è mai stato trasposto in animazione, ma rivela appieno tutto il talento della Takahashi.
[lettura da destra a sinistra]
I tre capitoli sono un susseguirsi serrato e instancabile di gag, letteralmente a ogni singola vignetta, con alcune trovate di puro genio fumettistico, come nelle prime due pagine del primo capitolo dove «per proteggere la privacy della vittima» il suo volto è censurato e la voce distorta (ovvero i suoi balloon sono scritti con un altro font). Ma non è tanto e solo il talento comico dell’autrice a mandare avanti la narrazione, quanto la sua capacità di convogliare questo talento nella maniera migliore possibile.
Per fare questo la Takahashi sfrutta al meglio le eredità shounen e shoujo e il ritmo grafico della narrazione.
Questa fusione fra fumetto di trama e fumetto di personaggi uniti con il genere comico raggiunge un livello narrativo esemplare in una pagina del terzo capitolo.
Sembra una pagina assolutamente anonima con una sola gag, ma presenta in realtà un umorismo così articolato da essere scindibile in almeno cinque fasi:
- la gag inizia con una parodia romantica (la richiesta di un pegno d’amore)
- prosegue con una trovata da Looney Tunes (il distributore che spunta dal nulla)
- poi con una svolta umoristica pirandelliana («sentimento del contrario», l’immondizia contrapposta al gioiello)
- raggiunge l’apice con un motto di spirito freudiano (la giustificazione di Kinnosuke)
- e infine si chiude con il commento del coro greco (le parole di Ranma, che interpreta il punto di vista del lettore).
L’impostazione è assolutamente cinematografica, con le vignette che cambiano inquadratura con stacchi molto secchi e quindi ritmati, dal piano americano (quinta vignetta) al dettaglio (sesta vignetta), seguendo sempre con chiarezza i parlanti: la forma segue la funzione. Anche i due protagonisti hanno un che di cinematografico, essendo vestiti con gli abiti standard dei personaggi nei drammi sentimentali giapponesi anni ’70.
Al contempo la libertà di composizione delle vignette e del contenuto delle vignette stesse, compreso un oggetto esterno sospeso nella closure fra la sesta e la settima vignetta e un riquadro inserito all’interno della settima vignetta, rimandano a un tipo di esperienza narrativa più libera, segnalata anche dallo scintillio ironico dell’immondizia, che ha una sua onomatopea (“kira kira”, ovvero “brill brill”).
Quello che tiene uniti insieme l’umorismo, l’impostazione cinematografica e la libertà compositiva è il ritmo grafico narrativo, che in Ranma 1/2 raggiunge una sintesi perfetta di semplicità e funzionalità.
Ed ecco che il punto principale dell’intera arte dello storytelling di Rumiko Takahashi è proprio in questo costante ritmo a zig-zag: attraverso la forzatura continua degli occhi del lettore, l’autrice genera mini-cliffhanger a ogni singola riga di fumetto inducendo un senso di crescendo continuo che non si interrompe nemmeno alla fine della pagina.
Tutte, tutte, tutte le vignette di tutte, tutte, tutte le pagine di Ranma 1/2 sono strutturate in una scala infinitamente ascendente tramite l’uso della struttura a V, del flusso narrativo a zig-zag e dei mini-cliffhanger. In questo caso, nella terza vignetta Kinnosuke sembra sul punto di spendere i fatidici 10 yen, ma nella quinta vede il cestino dell’immondizia; la quarta vignetta con le reazioni di Ranma & Akane quindi serve allo scopo esatto di esaltare il lettore, prendere tempo e spingere la quinta vignetta sul bordo della pagina per usarla come mini-cliffhanger.
Ranma 1/2 è composto da 38 volumi tutti in un crescendo continuo che non finisce mai, come in una sorta di scala Shepard narrativa, e in questo senso i contestati finali aperti che la Takahashi attribuisce alle sue opere sono perfettamente giustificati dal fatto che lo scopo delle sue storie non è di arrivare a una conclusione, ma di evitare la conclusione. Fumetti infiniti.
Anche se Lamù è piu originale, Maison Ikkoku più romantico, La saga delle sirene più profondo, One Pound Gospel più commovente, Inuyasha più di successo, Rinne più alla moda e le storie brevi più interessanti, fra tutte le opere di Rumiko Takahashi Ranma 1/2 vanta un tempismo perfetto, un meccanismo narrativo eccellente, un canovaccio semplicissimo, un concept universale, una capacità di diffusione culturale esemplare, una posizione femminista forte, una grafica memorabile, un titolo iconico e soprattutto un’arte dello storytelling impeccabile che lo rendono un capolavoro che dopo trent’anni è ancora oggi fresco come il primo giorno, paradossalmente.