La ricompensa del gatto – finalmente al Cinema!
L’ennesimo, ma non ultimo, film dello Studio Ghibli che finalmente sbarca nei cinema italiani grazie alla Lucky Red. Protagonisti sono i gatti, non poteva che essere un bel film! Ma è anche un’opera divertente e piena di spunti poetici e sognanti, in puro stile Ghibli.
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La ricompensa del gatto (Neko no Ongaeshi) è un lungometraggio uscito in Giappone nel 2002, prodotto dallo Studio Ghibli un anno dopo La città incantata e si può definire una produzione minore, ma sempre con alti standard qualitativi, per quanto Miyazaki-sensei compaia, insieme ad altri, solo come produttore esecutivo. La regia è infatti affidata a Hiroyuki Morita e la sceneggiatura ad Aoi Hiragi (autrice del manga Sussurri del cuore) e a Reiko Yoshida, molto attiva quest’ultima nello script di diverse serie animate, tra cui Hanayori dango, Saint Seiya Omega, Sugar sugar rune e Tokyo Mew Mew. La trama si riallaccia a quella de I sospiri del mio cuore ( Mimi wo sumaseba: “Drizzando le orecchie”), film del 1995 sceneggiato da Miyazaki, ispirato al manga della Hiragi, portato nei cinema italiani (e in home video) nel 2011 sempre da Lucky Red. Si parte infatti dall’immagine della statuetta di Barone, il gatto elegantissimo con gli occhi d’ambra che ispira il primo romanzo di Shizuku, nella storia precedente, che cita le sue stesse battute: se avrai bisogno di me, io sarò qui per aiutarti.
Ma chi avrà bisogno di lui non sarà Shizuko, ma Haru, una liceale molto maldestra, ed anche parecchio sfortunata, che però davanti alla possibilità di salvare la vita ad un gatto non ci pensa due volte, e rischia addirittura la sua. Così un giorno evita la morte per spappolamento ad un elegante micio con gli occhi di colori differenti, che trasporta un pacchetto infiocchettato, e questo per ringraziarla si alza in piedi, si inchina e addirittura le parla! dicendole che il suo gesto generoso sarà ricompensato. Stupita, la ragazza ricorda che da bambina ha già parlato con i gatti, quindi non si sconvolge più di tanto, ma: c’è sempre un ma. Da questo momento la vita di Haru si riempie di assurdità: un corteo notturno di gatti ossequianti le fa conoscere il Re del Regno dei gatti che la ringrazia, perché quello che ha salvato è suo figlio, e le promette che da quel momento la sua vita si riempirà di cose meravigliose. Peccato che le meraviglie per un gatto non siano esattamente di pari gaudio per un’umana, che anzi vede la qualità della sua vita peggiorare. Per renderla davvero felice l’ambasciatrice gatta le promette allora di trasportarla nel Regno dei gatti e farla sposare al Principe! Haru che non riesce a bloccare l’insano progetto, disperata, sente una voce bellissima che le indica dove trovare aiuto, conosce così il carismatico Barone, e l’indimenticabile Moon, o Muta (o Buta, “maiale”, ma meglio non chiamarlo così) il grasso e dispettosissimo micio che è il leitmotiv della storia ne I Sospiri. Ma – abbiamo già detto che c’è sempre un Ma – le cose si complicano e…
Pur avendolo presentato come un’opera minore, non fatevi fuorviare, questo film è una degna produzione Ghibli, godibilissimo, ben realizzato e accattivante. Presenta inoltre i temi ricorrenti delle storie dello Studio, che sono diventati elementi identificanti e significanti dei loro lungometraggi: la natura (umana), il cibo, gli inseguimenti, la risata. In verità quest’ultima manca sullo schermo, cioè non abbiamo i personaggi che rompono la tensione o la paura con una grassa, smascellante risata (indimenticabili quella di Totoro, del padre di Satsuki e Mei mentre fanno il bagno – e che hanno dato il via alla serie – o quella di Porco Rosso), ma è lo spettatore che è sempre pronto a farsene una, davanti alle situazioni paradossali in cui incappa la protagonista. Il cibo è immancabile, e ha sempre il suo ruolo: in questo caso è la kryptonite di Muta – e vedrete in che senso – ma anche un pegno d’amore. La natura, che può essere quella di Nausicaa, o di Mononoke hime, ma anche quella umana, interiore, che trova la sua combo perfetta in Pioggia di ricordi (Homohide poro poro, di Isao Takahata, 1991) appena uscito per home video, qui è rappresentata dai gatti. Ma attenzione gattofili di tutto il mondo, se pensate che si parli di miciosità e pucciosità siete in errore: i gatti, pur come protagonisti, sono umanizzati, camminano quasi sempre su due zampe, parlano e soprattutto hanno i difetti degli umani, anche se non tutti, naturalmente.
Infine l’inseguimento, la corsa verso qualcosa, è il topos più ricorrente e importante. Si corre per cercare qualcosa, per salvare qualcuno, per sfuggire a qualcos’altro, ma per quanto si corra, la meta che si vuole raggiungere è sempre quella di trovare sé stessi. Haru deve vivere la sua avventura e correre per centinaia di scale, tenere gli occhi bene aperti, così da trovare chi è davvero e cosa vuole diventare. Perché seguire un gatto, anzi, correre dietro un gatto, porta sempre in posti incantati e meravigliosi, assicura una ricompensa ed è sempre una buona idea.
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