La Via del Samurai nel fumetto – Intervista ad Andrea Accardi

Andrea Accardi
Andrea Accardi

Andrea Accardi (mica dobbiamo dire chi è, giusto?) va avanti come un treno e c’è sempre più attesa per il terzo capitolo della saga d’ambientazione orientale iniziata con La Redenzione Del Samurai, pubblicato inizialmente nel secondo numero de Le Storie della Bonelli e proseguita poi con I Fiori del Massacro nel numero 15. In molti sapranno che il successo è stato tale che la Bao Publishing ne ha fatto una versione cartonata a colori in gran formato con il titolo di Chanbara. Del terzo capitolo di questa saga tanto apprezzata, visto che si parla addirittura di una serie, ogni tanto arrivano anticipazioni che trapelano a sorpresa, e vediamo dei disegni di Andrea davvero sbalorditivi! Abbiamo avuto occasione di fare una piacevole chiacchierata con il disegnatore e abbiamo non solo parlato di questa saga, ma anche degli inizi della carriera, dei suoi gusti (davvero simili ai miei in molti casi! N.d.r.) e del suo modo di lavorare.

Attualmente come sta andando il seguito tanto atteso de La redenzione dei Samurai?

Roberto [Recchioni] ha scritto quasi tutto il primo episodio, io sono a poco più della metà.

Chanbara Accardi Recchioni
Chanbara di Accardi e Recchioni

Ho visto della anticipazioni dove il tuo disegno è dettagliato come non mai! È merito del maggiore tempo a disposizione o per una tua naturale evoluzione?

Sì, è vero che ho avuto molto tempo a disposizione, e anche ora in fondo non ho una data precisa di consegna, ma non credo sia questo. La verità è che non saprei fare altrimenti. Anzi se proprio lo vuoi sapere il troppo tempo a disposizione è controproducente. La quantità di dettagli, se così si può dire è direttamente proporzionale alla mia voglia di lavorare su questo progetto. Alcune volte ho un po’ la sensazione di aver perso quella che era una mia caratteristica, quella di far vivere la “linea”, in funzione di un volume maggiore, anche nel senso tridimensionale, di tratti e dettagli.

Praticamente ti trovi a tuo agio nel disegnare in modo più essenziale e quasi “istintivo”?

Sì, una volta mi trovavo molto a mio agio, e producevo molto di più, adesso non riesco più a “lasciar andare”. Mi ricordo ai tempi di JD, 94 tavole riuscivo a farle in quattro/cinque mesi. Oh, comunque sono contento anche così eh!

Hai lavorato per diverse case editrici. Hai un ricordo particolare di qualcuna di loro? Ovviamente mettiamoci anche quelle attuali per cui lavori…

Desideravo lavorare per Bonelli già in tempi non sospetti, disegnavo Matteo e Enrico e nello stesso momento facevo prove a go-go per l’editore milanese. Il ricordo va certamente alla Granata Press di Luigi Bernardi e Roberto Ghiddi che ha accompagnato la mia crescita professionale.

Chanbara Accardi Recchioni
Chanbara di Accardi e Recchioni

Granata Press fu il tuo “talent scout”?

Non proprio, nel senso che in Granata ci entrai come letterista, e nello stesso tempo sottoponevo i mie disegni all’art director (Roberto Ghiddi) che col suo fare tipico (spesso mi mandava a “quel paese”) mi faceva notare tutti gli errori. Ero veramente acerbo, non avevo nessuna cognizione delle anatomie e del disegno classico. Fu un viaggio lungo.

Vista l’ambientazione delle ultime storie che hai disegnato: quanto sei affascinato dal periodo medioevale d’Oriente?

Tutto comincia dall’Oriente. Prima c’era Goldrake, e quindi il Giappone!

Allora la passione e l’influenza del manga è ovviamente l’origine di tutto, vero?

Sì, la mia passione per il fumetto giapponese mi ha fatto scoprire e amare molti aspetti della cultura e quindi della storia di questo paese. Mio padre mi portava al cinema parrocchiale a vedere i film di Godzilla, poi sono arrivati i cartoni giapponesi e nello stesso periodo il telefilm Samurai.

Chanbara Accardi Recchioni
Chanbara di Accardi e Recchioni

A livello di documentazione per l’ambientazione del periodo Edo, come è stata gestita da te e Roberto Recchioni?

Roberto è appassionato più di me, quindi mi ha fornito parecchia documentazione, ma io, che sono maniaco, per ogni foto che Robbe mi dava ne cercavo altre cento. Ho bisogno di vedere le cose da più punti di vista possibile. In questo modo ho messo su un archivio notevole che va dai film di genere, ai fumetti (non solo manga) e agli illustratori giapponesi del primo Novecento.

Qualche nome di mangaka che ti ha particolarmente “preso”?

Sanpei Shirato di Kamui den, Goseki Kojima e Kazuo Koike di Lone Wolf, Takao Saito (quello di Golgo 13) con Muyounosuke e Kagegari, Hiroshi Hirata con Satsuma e tante altre storie, Takeiko Inoue di Vagabond, ovviamente Masamune Shirow, Yas e Katsuhiro Otomo. Poi amo Go Nagai, Matsumoto, Tezuka, Urasawa, Taniguchi e Shotaro Ishinomori come posso dimenticarlo con Sabu e Ichi!

Hai lavorato per parecchi sceneggiatori. Come ti ho domandato per le case editrici: hai qualche aneddoto su qualcuno che ti piacerebbe raccontare?

Ognuno di loro ha rappresentato una tappa e un’occasione importante! Catacchio, La Neve, Casali, Enoch, De Giovanni, Recchioni. Con Roberto c’è un rapporto speciale, penso che lui sappia toccare le corde giuste, fa suonare le mie mani, e sa valorizzare al meglio le mie capacità. Non è una cosa scontata nel rapporto tra disegnatore e sceneggiatore.

Cosa provasti quando ti è stato assegnato il Premio Micheluzzi come Miglior Disegnatore?

Ah ah ah, che non ero a Napoli a ritirarlo!! Scherzi a parte, è sempre confortante ricevere dei premi, sono come delle conferme. Per fortuna la gioia dura giusto qualche giorno, poi ritorno al lavoro come tutti gli altri giorni, a struggermi sulle mie tavole e a chiedermi perché non so disegnare come quel tale e quell’altro lì…

Che ricordo hai di Lorenzo Bartoli?

Quando penso a Lorenzo rivedo sempre i suoi occhi sorridenti, e il suo modo originale di comunicare autorevolezza e leggerezza nello stesso tempo.

Una domanda su Roberto Recchioni: com’è il Roberto di John Doe e quello di oggi?

Che quello di adesso mi tiene molto più occupato! Ahahahahah!

Tu che hai avuto lodi e premi per la grande comunicabilità che hanno i tuoi disegni, cosa consiglieresti a un giovane che vuole iniziare a fare fumetti?

Allora, partendo dal presupposto che imparare a disegnare si può, e che per farlo ci vuole tanto sacrificio, direi che si dovrebbe aggiungere un’attività collaterale al disegno, cioè quella di stare a “sentire” quello che succede fuori, quello di cui si parla, per eventualmente proporre anche quello che manca. Magari se manca una ragione c’è, oppure nessuno c’ha ancora pensato. Insomma bisogna drizzare le orecchie!

Allora pensi che sia fondamentale studiarsi un target nel realizzare un fumetto?

Certo, studiare un target, studiare un editore, studiare una collana…

Ultima domanda: hai disegnato tanti tipi di fumetti, quale tipo di storia non hai ancora fatto e ti piacerebbe fare?

Una storia ambientata durante la Prima guerra punica, con delle puntate anche nelle guerre pirriche, per raccontare i primi scontri tra le legioni romane, gli elefanti e la falange oplitica, tòh!

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