Tokyo vista dagli italiani – Viaggio a Tokyo di Vincenzo Filosa

Dimensione Fumetto dedica una intera settimana speciale agli autori italiani contemporanei che hanno raccontato nel loro stile narrativo e grafico la grande capitale del Giappone: Tokyo!

In questo primo appuntamento, Viaggio a Tokyo del fumettista crotonese Vincenzo Filosa.


Copertina di "Viaggio a Tokyo" di Vincenzo Filosa.Vincenzo Filosa è considerato «una delle matite più amate del fumetto contemporaneo italiano», e la defizione dovrebbe essere attendibile dato che non proviene da un circoletto di amatori, ma dalle prestigiose colonne di Artribune. Eppure Filosa è attivo da relativamente poco tempo: la sua attività non-underground non è partita prima del 2015, con la pubblicazione del suo primo volume come autore completo e a distribuzione nazionale, cioè proprio questo Viaggio a Tokyo uscito grazie a all’associazione culturale Canicola di Bologna, da sempre attenta a proporre contenuti editoriali di qualità.

Forse una delle ragioni del successo di questo autore ancora giovane sta nel gran numero di attività portate avanti in questi cinque anni: la realizzazione di ben quattro poderosi volumi autonomi per tre case editrici, un albo per la serie Fumetti nei musei (dedicato al Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria), le illustrazioni per romanzi, poster e materiali vari, la partecipazione a vari eventi e conferenze, pure la curatela editoriale e la traduzione dal giapponese di molti volumi dei suoi autori preferiti, quelli del cosiddetto gekiga, cioè (detta semplicisticamente) il fumetto d’autore giapponese.

Come ha fatto a produrre così tanto? Viene da rispondere: perché è un artista di enorme talento, e naturalmente questa spiegazione non basta perché ci sono autori pessimi veloci e molto produttivi e autori ottimi lenti e poco produttivi; ma Filosa possiede la capacità veramente rara di canalizzare la sua arte, costituita da un mix di cultura calabrese e cultura giapponese, in un unicum inscindibile, ricco e personalissimo, e di riversare quest’arte sulla carta con quella che, almeno agli occhi del lettore, è narrazione di una spontaneità veramente notevole.

Vignetta da "Viaggio a Tokyo" di Vincenzo Filosa.

Potrebbe anche essere che per Filosa realizzare fumetti sia una fatica psicologica e fisica notevole, ma anche fosse questo non traspare dalle sue potentissime pagine. L’opera prima Viaggio a Tokyo è una sorta di diario al contempo fedelissimo e trasfigurato del suo anno trascorso a Tokyo col visto studentesco, in cui vengono introiettati fino alla saturazione i riferimenti colti agli autori del gekiga, amati da Filosa e ordinatamente citati nel colophon a fine volume (per la cronaca e in rigoroso ordine alfabetico: Shigeru Mizuki, Yoshihiro Tatsumi, Osamu Tezuka, Tadao Tsuge, Yoshiharu Tsuge). I fumettisti compaiono per nome e soprattutto per immagini: esclusa qualche occasionale citazioni letterale alle fonti, Filosa trasfigura il tratto nerissimo ed espressionista dei suoi maestri producendo pagine con un’estetica senza mezzi termini e completamente al servizio del racconto.

Il lettore non ha motivo di dubitare che tutto quello che viene raccontato non sia successo davvero, e al contempo potrebbe benissimo essere tutto inventato: non è importante. Quello che è importante è il fatto che sia successo nella mente dell’autore, una mente spossata dagli antidolorifici, dall’alcol, dalle ristrettezze economiche, dal turbinio urbano intorno a lui, dalla giostra di lingue e nazionalità che percorrono le vie di Tokyo, forse l’unico posto veramente internazionale e cosmopolita del Giappone.

Vignetta da "Viaggio a Tokyo" di Vincenzo Filosa.

Chissà in che lingua parlano i personaggi di Viaggio a Tokyo: in giapponese, in un mix di giapponese e inglese, o di inglese e cinese, di italiano, di russo. Chissà che fine hanno fatto i suoi coinquilini a Tama Plaza, nella conurbazione di Tokyo. Chissà se veramente ci è andato alla foresta di Aokigahara o se era tutta un’allucinazione. Chissà cosa fa l’autore quando è lucido da farmaci e alcolici, probabilmente va alla scuola di lingua che gli ha fatto il permesso di soggiorno, o forse gira per librerie, oppure ancora sta chiuso nel suo monolocale a disegnare quel fumetto che è poi diventato proprio Viaggio a Tokyo.

Che il narrato sia in qualche modo realistico (fisico o mentale che sia) lo conferma Filosa stesso in un’intervista a Il tascabile, in cui ha dichiarato che «consider[a] un [suo] dovere raccontare ciò che di più unico [lui possa] offrire: la [sua] biografia». Eccoci quindi fugato ogni dubbio: con Viaggio a Tokyo il lettore è di fronte a una narrazione vera, cruda, incredibilmente grondante di inchiostro nero steso con strumenti da disegno grassi e pastosi, a rappresentare questa realtà giapponese molto distante dagli stereotipi che la vogliono perfettina e pulitina. Viaggio a Tokyo è pieno di ombre, di sozzo, di postacci, di disperati buttati per strada, di quel mondo raccontato da Tadao Tsuge in Burai heiya (non ancora arrivato in Italia, traducibile come “Landa di malviventi”, ma c’è un gioco di parole che suona più o meno come “Landa di cui non ci si può fidare”), opera non a caso amatissima da Filosa.

Vignetta da "Viaggio a Tokyo" di Vincenzo Filosa.

Viaggio a Tokyo è l’opera che rappresenta quella che Filosa chiama la sua «corazza giapponese», che nel giro di pochi anni di evoluzione umana e artistica sta già «andando in pezzi»: è quindi soprattutto la testimonianza di un periodo significativo della vita dell’autore messo su carta con estrema potenza. Due anni dopo Viaggio a Tokyo, Filosa ha dato alle stampe Figlio unico che è una sorta di prequel speculare e ad ambientazione italiana, e altri due anni dopo è uscito il primo tomo di Cosma & Mito che addirittura attinge al folklore calabro: il ritorno a casa è avvenuto, il ciclo è completo, un nuovo viaggio può iniziare.


Vincenzo Filosa
Viaggio a Tokyo
Canicola, 2015, collana Matti Pellompää
264 pagg., b/n, 15×21 cm, 2015, €18.00
ISBN: 9788899524029


[ Viaggio a TokyoTōkyō tutto l’annoF***ing SakuraCiao mamma, vado in GiapponeTokyo capitale dei fumetti ]

Mario Pasqualini

Sono nato 500 anni dopo Raffaello, ma non sono morto 500 anni dopo di lui solo perché sto aspettando che torni la cometa di Halley.

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