The Real Cannibal – L’esordio di Toni Cittadini
Toni Cittadini esordisce alla Edizioni Inchiostro disegnando la storia inquietante di Ted Bundy scritta per lui da Alessandro Di Virgilio. Lo abbiamo intervistato.
Toni Cittadini è un nome nuovissimo nel panorama del fumetto nostrano che siamo certi si farà notare. La sua opera di esordio, “The Real Cannibal. Ted Bundy – Il Male Assoluto” edita da Edizioni Inkiostro e scritta da Alessandro Di Virgilio, uscirà in concomitanza con Lucca Comics 2018.
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lui e siamo riusciti a farci dare le prime tre tavole del volume in anteprima:
DF: Ciao Toni. Innanzitutto presentati ai lettori che non ti conoscono: dicci chi sei, cosa hai fatto finora e come è nata la tua passione per il disegno e il fumetto
Ciao Andrea. Dico subito che non sono un ragazzo di “primo pelo” e approdo, in questo settore, piuttosto tardi. Alle spalle ho un percorso un po’ tortuoso: dopo la scuola del fumetto di Milano ho lavorato come grafico web prima e nel campo della flessografia poi. Lungo la strada ho collezionato diverse collaborazioni come illustratore (High Noon e Mr Bill – Da Vinci Games; Methyrfall – Raven Distrbution; Quintessenze – Asterion Press) e come ideatore di giochi da tavolo (il Grande Gioco del Vino e Attention Games – Lisciani Giochi). Nonostante fossi “sistemato” e avessi un lavoro ordinario, però, non ho saputo resistere al “Richiamo del Mondo dei Fumetti”. Ora spero che, almeno in questo campo, la mia età matura non sia di ostacolo come invece avviene spesso in tanti altri settori.
DF: Hai degli autori (di fumetti e non) che hanno influenzato il tuo stile di disegno e ai quali ti ispiri? E ce ne sono altri che invece, pur non costituendo un riferimento per il tuo modo di disegnare, apprezzi particolarmente?
Nessuno in particolare, anzi cerco di custodire gelosamente il mio stile e di non farmi influenzare da nessuno. Questo non vuol dire che non provi amore per tanti grandi maestri che trovo infiniti. Decisamente, comunque, provo più “chimica” per la sintesi che per il dettaglio.
DF: Quali sono i tuoi strumenti di lavoro? Digitale/analogico, la carta che usi ecc…
Prettamente in analogico (layout, matite, pennino), poi c’è un passaggio digitale in cui applico i chiaroscuri. Nel tempo ho selezionato degli strumenti e dei materiali ormai insostituibili. Per il layout uso una carta leggera che permette di intravedere i disegni sottostanti, è la fase più impegnativa: faccio tante prove, sposto la macchina da presa, ritaglio le parti che mi convincono e compongo un layout a dimensioni reali. Poi, sulla la carta da ingegnere, trasferisco e definisco le idee del layout rigorosamente con la mia matita F. Proprio come Jigen [N.d.r: il famoso pistolero compare di Lupin III] che prende la mira grazie al suo cappello, la matita F è per me insostituibile.
La carta da ingegnere poi risponde benissimo nella fase d’inchiostrazione con il pennino. Con mia sorpresa ho scoperto che anche chi fa calligrafia usa i miei stessi strumenti.
DF: Se non sbaglio questo è il tuo esordio come fumettista. Raccontaci il tuo incontro con la Ed. Ink e di come poi avete lavorato per sviluppare Real Cannibal: Ted Bundy.
Fortuna: per una volta hanno coinciso posto giusto e momento giusto! Nel tempo ho sempre cercato di candidare i miei lavori alle varie realtà editoriali, ottenendo magari anche attestati di stima, ma nulla di più. Con Ed ink è stato tutto semplice, Luca Blengino è il Nile Rogers [N.d.r.: storico chitarrista/arrangiatore degli Chic e attualmente uno dei produttori discografici più influenti della pop mondiale] del fumetto, fa mille cose, risponde alle tavole che posto con un paio di cambiamenti/suggerimenti e torna a fare mille cose. È stato Lui a propormi di disegnare “Ted Bundy”, dandomi modo di collaborare con Alessandro Di Virgilio, affermato sceneggiatore che conosce il suo mestiere.
E finalmente arriviamo a Ted!
La mia paura era quella di non avere una “mano” smaccatamente horror; quindi il mio lavoro si è concentrato sulla modulazione del registro: tutti gli episodi raccontati partono da atmosfere “solari”, poi le tavole si scuriscono e precipitano nell’incubo; emulando un ritmo narrativo di certe pellicole storiche degli anni 70/80. Almeno queste sono state le mie intenzioni, ma per me è difficile dare un giudizio distaccato, che l’operazione sia riuscita potranno dirlo solo i lettori.
DF: Tu e Ted Bundy. Il fatto che la storia sia realmente accaduto incide in qualche misura sul significato di questo libro? Sulla sua forma?
Mi ha aiutato a rimanere sempre sul pezzo: ogni tanto tornavo a documentarmi sulla sua figura. Come in ritratto dal vero, staccavo la matita dal foglio per conoscere nuove sfaccettature e verificare che il personaggio disegnato fosse coerente a quello descritto nelle cronache.
Mentre, per i lettori, la consapevolezza che Ted sia realmente esistito, li mette in allerta prima e si sedimenta e li fa riflettere alla fine della lettura stessa; in mezzo c’è il fumetto e il suo modo unico di raccontare.
DF: Cosa hai in cantiere dopo questo volume?
Spero di consolidare il rapporto con Ed. Ink, anche perché siamo dello stesso territorio e ci divide soltanto un fiume. Altrimenti ho un piano B, uno C e uno D…