Ready Player One, ovvero il nerd nel 2018

Anno 2018: tutti hanno Netflix, c’è una fiera del fumetto ogni settimana, i cinecomics sbancano al cinema. La cultura nerd ormai è di moda, ma come riconoscere allora un vero appassionato dalla plebe? Semplice: con una bella gara a chi la sa più lunga, in tre parole Ready Player One.

Ready Player One è l’ultima fatica di Steven Spielberg. Da quando è uscito nelle sale cinematografiche poche settimane fa, ma forse anche prima grazie alla campagna pubblicitaria, è sotto le luci dei riflettori dell’Internet: centinaia di video su YouTube analizzano fotogramma per fotogramma il film alla ricerca dei migliaia di easter egg che hanno fatto impazzire i fan. Perché questo Ready Player One non è un film, ma una mera gara a scoprire chi è più nerd. Ma che un’opera appena passabile sia idolatrata come capolavoro della fantascienza è ben comprensibile dato che Ready Player One non è altro che l’ovvia conseguenza di una serie di eventi. Facciamo dunque qualche passo indietro.

31 gennaio 2001: va in onda il primo episodio di House of Mouse, serie animata che vede protagonisti tutti, ma proprio TUTTI i personaggi dell’universo Disney. Nella stessa stanza si vedono interagire Topolino, Aladdin, Ade e Biancaneve. Per la prima volta si vede un’intera opera completamente dedicata al crossover. Questa serie inoltre fece il suo esordio strategicamente pochi mesi prima l’uscita di un altro progetto nato dalla collaborazione della Disney e l’allora Squaresoft: Kingdom Hearts, saga celeberrima che chiunque abbia avuto una PlayStation in casa conosce. Queste due opere insieme fomentarono più che mai l’amore del pubblico nel vedere mondi diversi incontrarsi, portando il mercato sempre più verso quella scelta. Esempi lampanti sono Tsubasa RESERVoir CHRoNiCLE, fumetto del 2003 delle CLAMP, storiche amanti dei crossover, ma anche Vendicatori divisi del 2004, serie Marvel che ha ispirato la fortunatissima serie di film.

24 settembre 2007: probabilmente una delle date più influenti del mondo nerd, viene trasmesso l’episodio pilota di The Big Bang Theory. La serie è un successo mondiale, tutti amano Leonard, Howard, Raj, ma soprattutto Sheldon, un fisico sociopatico amante dei fumetti. Ѐ una rivoluzione copernicana: improvvisamente il nerd è figo. E improvvisamente il mondo si divide in due categorie: i “Leonard” da un lato, quelli che si rivedono nei protagonisti, i secchioni bullizzati al liceo che trovavano rifugio nei fumetti e poi scoprono di non essere soli; e dall’altra parte ci sono i “Penny”, quelli che entrano per la prima volta a contatto con fumetti e quant’altro, ne sono incuriositi e pian piano ci affondano dentro. Il nerd diventa di moda e grazie al mondo dell’Internet è accessibile a chiunque, a favorire la sua diffusione è Netflix, piattaforma esistente dal lontano 1997, ma che guarda caso acquista popolarità solo dal 2013. Di punto in bianco quelle che erano passioni “di nicchia” diventano mainstream, se prima eri solo uno sfigato a leggere Le cronache del ghiaccio e del fuoco ora non sei nessuno se non hai mai visto un episodio di Game of Thrones e questo non fa certo piacere agli orgogliosi nerd delle precedenti generazioni.

2 novembre 2012: la Disney è di nuovo protagonista, non sfugge di certo la nuova moda e in risposta nei cinema esce Ralph Spaccatutto. Il film fa incontrare decine di mondi videoludici diversi, ovunque si possono trovare easter egg che fanno sempre solo da cornice alla storia principale. Ovviamente è un successo e casa Disney comprende appieno il motivo: il potere della nostalgia. Riconoscere elementi dell’infanzia fa appassionare ancora di più lo spettatore e zio Walt decide di sfruttare la cosa al massimo: cominciano una serie infinita di remake e reboot di vecchi film. Come sempre in molti seguono l’esempio e fioccano ovunque nuovi film tratti da idee vecchie, spesso con tragici risultati (sto guardando proprio te, Jumanji – Benvenuti nella giungla).

E infine arriviamo a Ready Player One. Riconosciuto il valore dei crossover, la vastità della cultura nerd e il potere della nostalgia, Spielberg decide di ripescare un bestseller del 2010 e adattarlo al cinema. Il risultato è la versione americana e decisamente meno riuscita di Summer Wars (film d’animazione datato 2009, precedente persino al libro), il tutto infiocchettato con una quantità quasi eccessiva di easter egg che spesso vanno ben oltre il loro ruolo che dovrebbe essere solo marginale. Per il nerd che aspetta solo una scusa per dimostrarsi più acculturato degli altri è il paradiso, ma in realtà ci troviamo di fronte a una storia banale, scritta di fretta e con personaggi opinabili.

Il film comincia con uno spiegone stile Boris in cui il protagonista parla da solo (sì da solo, neanche a dire che rompe la quarta parete interagendo con lo spettatore) e descrive il periodo in cui è ambientato il film: un futuro distopico in cui tutti si rifugiano nel mondo virtuale di OASIS perché nella realtà hanno rinunciato a risolvere i problemi. Quali sono questi problemi? L’inquinamento? La fame nel mondo? Le guerre? Non lo sapremo mai perché l’argomento non viene più citato, viene abbandonato lì. Più importante è invece trovare il famoso easter egg lasciato da James Halliday, creatore di OASIS, affrontando tre prove alla conclusione delle quali si potrà diventare padroni del mondo virtuale (dubbio personale, ma può il premio finale di un gioco considerarsi un easter egg?).

Wade Watts, meglio conosciuto su OASIS come Parzival, è un giocatore solitario che gareggia per l’easter egg con il suo unico amico Aech, un omone tutto muscoli che appena lo vedi non puoi far altro che pensare che nella realtà sia una donna (spoiler, nella realtà è una donna di colore, per il politically correct). Durante la prima gara conosciamo la femmina del gruppo, tale Art3mis, di cui Parzival s’innamora nel giro di cinque minuti d’orologio. Nello stesso frangente incontriamo la multinazionale IOI, malvagia associazione che per prendere il controllo di OASIS partecipa al gioco con centinaia di giocatori scelti più inutili dei marines semplici di One Piece; a capo della IOI c’è Nolan Sorrento, il cattivo della situazione che sembra uscito da un cartone dei Looney Tunes, decisamente inadeguato in un film che vuole sì essere una commedia leggera, ma non comica.

Il 90% delle immagini che si trovano in rete su Ready Player One sono di easter egg, c’è altro in questo film?

*** ATTENZIONE: DA QUI IN POI LA TRAMA CONTIENE SPOILER. ***

Ovviamente i nostri vincono la prima gara entrando nel mirino di Sorrento che decide di uccidere Wade; per farlo assume i-R0k, personaggio che vince a mani basse il premio inutilità vantandosi per tutto il film del suo piano per uccidere Wade, senza mai effettivamente fare nulla se non parlare in modo irritante. Sorrento almeno un tentativo di eliminare Wade lo fa e gli fa esplodere la casa, senza lui dentro… peccato. Viene salvato da Samantha, identità reale di Art3mis, la quale fa parte di un’armata di ribelli che combattono la IOI. E giustamente neanche il tempo di raccogliere il cadavere della zia morta nell’esplosione che Wade comincia a flirtare con “Sam”, alla faccia dell’elaborazione del lutto.

Il gruppo, a cui non si sa quando si sono aggiunti due membri, si cimenta nella seconda prova basata su fatti estremamente personali di Halliday: il suo amore segreto verso la moglie del migliore amico, il quale non si è mai accorto per tutta la vita di questi sentimenti, ma un branco di ragazzetti che neanche lo conoscevano sì… ok.

Superata anche questa seconda prova Wade e Sam vengono attaccati dalla IOI nel mondo reale: il primo scappa grazie alla ragazza che “prende tempo” per lui facendosi catturare (letteralmente, non fa nient’altro). Fortuna che tutti gli amici virtuali di Parzival vivono a 100 metri da casa sua visto che viene salvato dal suo amico Aech, Helen nella vita reale, e dagli altri due membri del gruppo chiaramente riempitivi, ah e asiatici così si completa il party americano standard. Insieme si dirigono alla sede della IOI per salvare Sam, compito non così difficile quando il cattivo di turno è così stupido da sbandierare la password del suo account.

Durante il climax della terza gara si susseguono una serie di scene che necessitano una sospensione dell’incredulità decisamente eccessiva: prima fra tutte Sam che corre tranquillamente nella sede della IOI senza che NESSUNO dei dipendenti se ne accorga; non meno degna di nota la folla di persone che combatte nel mondo virtuale senza che nella vita reale vada a sbattere contro un muro o un lampione; e non dimentichiamo l’assurdità di Sorrento che invece di sfruttare i suoi migliaia di dipendenti decide di cercare l’intrusa nella sua azienda da solo controllando le postazioni di gioco una ad una; infine quando è un dipendente della IOI a gareggiare per l’easter egg nessuno ci fa caso, ma quando tocca a Parzival il software di OASIS manda in diretta mondiale la partita.

Ovviamente il finale è all’altezza del film. Una volta superata la prova Wade sta per firmare il contratto con cui otterrà OASIS, ma si ferma: perché ha capito che non è giusto che un intero mondo appartenga a una singola persona? No, perché da bravo stalker riconosce la scena proposta come un vecchio ricordo che Halliday rimpiange. Difatti nella vita reale in seguito Wade è ben felice di firmare il contratto e dividere OASIS, ma solo con i suoi nuovi amici. Evviva l’oligarchia.

In conclusione Ready Player One spogliato della sua bella grafica, delle sue citazioni e di tutto ciò che è in superficie, risulta essere un film vuoto, banale e anche con un pessimo messaggio. Ma queste sono cose di ben poco conto se si considera il primo posto al botteghino.

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