Otto colori della guerra: l’esordio di Gaid tra poesie e disegni
Otto storie di guerra, otto storie crudeli e delicate, ciascuna collegata a un colore. L’opera di esordio di Gaid.
Otto colori della guerra di Gaid è un fumetto pubblicato in Italia da Ottocervo.
Che la guerra abbia colori diversi dal rosso del sangue delle vittime e dal nero del fumo delle esplosioni (ma questo solo nella guerra “moderna”) è tutto da vedere.
Certo è che tende ad annullarli, a dare a tutto un viraggio verso colori come il grigio, il marrone, il nero. Ma a volte i colori si mescolano, quelli della guerra con quelli dei paesaggi di chi resta a casa ad aspettare chi è sul fronte.
E può aver senso descrivere la guerra con altri colori, ma che non hanno mai una tonalità positiva.
Gaid, artista bergamasco, in questo volume cerca di esplorare otto possibili colori che possono essere associati con la guerra.
Lo fa utilizzando anche dei versi, ciascuno dei quali introduce una delle otto storie, in maniera più o meno esplicita: (il grassetto è di chi scrive)
Madre mia,
e se un giorno tutto questo finirà,
non piangere sullo smeraldo dei prati infiniti.Padre mio,
e se un giorno tutto questo finirà,
non lasciare l’ocra del fango sul mio viso di pietra.Sorella mia,
e se un giorno tutto questo finirà,
non posare fiori pallidi sul mio petto squarciato.Fratello mio,
e se un giorno tutto questo finirà,
lascerai che i miei sensi di colpa se ne salgano al cielo.Amico mio,
e se un giorno tutto questo finirà,
con la neve candida lava la porpora dalle mie mani.Figli miei,
e se un giorno tutto questo finirà,
perdonatemi e ricordatevi di me nel ventre del mare cobalto.Amore mio,
e se un giorno tutto questo finirà,
non lasciarmi, non abbandonarmi nelle valli dell’ombra profonda.Dio mio,
e se un giorno tutto questo finirà,
possa io svegliarmi all’aurora sincero come un bambino.Figlio, sarò sempre con te, non ti arrendere.
Non farti vincere dal male ma continua a vincere il male con il bene.
Questi gli otto versetti, riassunti alla fine del libro, a cui si aggiunge una esortazione che coincide con il versetto biblico della lettera ai Romani (Rm 12,21).
Perché la guerra rende possibili tutti i mali: idiozia, arroganza, cecità, violenza (anche sui bambini), crudeltà, vendetta.
Ma ogni tanto i sentimenti di pietà e giustizia emergono, soprattutto nel ricordo.
Gli otto episodi sono in ordine cronologico, dalla battaglia di Aubers del 1915, fino ai ricordi di un veterano dello sbarco in Normandia, raccolti nel 2007.
Per ciascun episodio, oltre alla collocazione spazio-temporale e al versetto introduttivo, c’è una breve spiegazione di come sia nata l’ispirazione.
In alcuni casi il racconto, anche se di fantasia, fa riferimento a casi più specifici, in altri casi sono storie “liberamente tratte” da episodi frequenti come le fucilazioni sommarie per evitare le insurrezioni e le diserzioni, le violenze sessuali, i cecchini, le torture e i metodi per ottenere confessioni e informazioni.
Le storie si sviluppano con un numero variabile di pagine, da 12 a 26 per ciascun episodio, a cui si aggiungono 8 pagine dallo sketchbook di Gaid in cui si sovrappongono ritagli, schizzi e studi per le diverse storie.
Le storie non risparmiano nulla della crudeltà delle persone e della crudezza della guerra, ma magari nascondono pudicamente le scene più truci. Il sangue si vede poco, ma non le lacrime, il dolore, la disperazione, le urla.
A volte anche la determinazione, la rassegnazione.
Non ci sono sentimenti positivi, la retorica del coraggio, dell’onore, della vittoria, non trovano posto. Non ci sono colori brillanti. Per nessuno, né per i vincitori né per i vinti.
Anzi, non ci sono vincitori né vinti. O meglio tutti vinti. Gli uomini e le donne, con i risultati della violenza, l’orrore negli occhi, i buchi nel cuore.
Alcuni di loro però sono riusciti ad andare oltre. In particolare quei protagonisti che sono in grado di ricordare e di fare la pace con questo ricordo. Ed è il solo aspetto positivo.
Chi vince davvero in queste storie è la morte. Ovviamente protagonista assoluta.
Quando viene pianto un figlio, quando si vendica una violenza inutile con una vendetta altrettanto inutile, quando, non potendo sfogare la propria crudeltà nei confronti nei nemici, la si esercita sui sottoposti.
Quando con la morte si convive in attesa del prossimo nemico nel mirino, o la si incontra nella neve.
E non conta la differenza nei colori.
Solo chi riesce a evitare la morte, nel suo ricordo, come detto, può capire cosa conta veramente.
Ce lo diranno Elisée, il Maggiore Dal Zotto, forse meno il Maggiore Snouters o Masaru.
E tutti quelli che realmente ci sono passati. Per questo le storie non sono di fantasia, ma si ispirano a fatti reali, più o meno definiti.
Graficamente Gaid mette insieme matite ed acquerelli, ottenendo efficacemente i viraggi, diversi per ciascuna storia.
Ciascun colore sottolinea l’effetto che si vuol dare alla storia. Il porpora del sangue della neve racconta la lettera di un soldato italiano che trova otto commilitoni uccisi dagli italiani di fazione opposta. Il giallo carico di Tunnel ricorda il colore delle fiamme del napalm e dei lanciafiamme usati dai soldati americani, insieme ai tramonti del Vietnam che abbiamo imparato a conoscere in Apocalypse Now.
E così via per gli altri.
Lo stile di Gaid è volutamente imperfetto, a volte rimangono dei segni di matita. L’autore infatti non vuole essere completamente realista. Non ne ha bisogno. Non ha bisogno di mostrare l’orrore del corpo bruciato di Tien fino nei dettagli, o di quello che succede nel casolare di Elisée o i dettagli dei soldati fucilati dal Colonnello Damonte.
Ma usa i dettagli per suscitare i sentimenti: la lettera di Tommy sulla carta dei biscotti, i particolari delle scene di guerra, gli occhi dei soldati.
La griglia delle pagine e l’uso degli sfondi sono anch’essi funzionali alle storie. Le griglie sono semplici, servono a raccontare.
Le vignette sono pressoché tutte rettangolari, composte in vari modi e in varie dimensioni. Queste variazioni nelle dimensioni e nell’orientamento servono a dare il ritmo alla lettura e ai tempi.
Ci sono piccole variazioni di storia in storia, a volte le vignette hanno i bordi, altre no. A volte lo sfondo della pagina è bianco, altrove nero.
Ne La condanna del cecchino viene usato l’escamotage del mirino per creare vignette circolari su due pagine a sfondo nero e in 81-18 i ritagli di memoria a volte sono irregolari e orientati in modo disordinato.
Altri elementi vengono a volte utilizzati come parte della storia. Ad esempio i dispacci di guerra.
I balloon, le didascalie, fatte a mano, le onomatopee sono anch’esse parte della pagina, create insieme ai disegni. E fanno parte dell’impianto narrativo, contribuendo a collocare anche emotivamente la storia. Così più volte sono le lettere, vergate a mano, a fare da didascalia. Altre volte i canti degli alpini o la voce gracchiante della radio. O, più banalmente, la voce narrante.
Gaid fa tutto, e lo fa insieme, testo, grafica e lettering. Per questo l’opera è molto omogenea, anche se le storie sono diverse. E anche se racconta sentimenti e sensazioni diverse.
Una lettura interessante e coinvolgente, che mette nero (anzi otto colori) su bianco per rappresentare in modo molto emotivo e diretto i frutti della guerra, concentrandosi su storie che sono comunque emblematiche e in qualche modo proponendo degli archetipi, e quindi suscitando nel lettore i sentimenti che i diversi aspetti della guerra dovrebbero indurre, in tutti coloro che non vogliono arrendersi al male della guerra.
Michele Bisazza “Gaid”
Otto colori della guerra
Ottocervo, 2024
24×17 cm, colore, brossurato con alette, 180 pagine, 20.00€
ISBN: 979-1280741073
Si ringrazia la casa editrice Ottocervo per la copia numerata inviata per la recensione.