Michelangelo e la Sistina: Buttolo in gran forma
Oltre quattro anni di lavoro per riscrivere i canoni della pittura. Un racconto/cronaca, la storia di un’anima e di un artista.
«Michelangelo, scultore in Roma»
Così si firma il Buonarroti nelle lettere che scrive al fratello Buonarroto o al padre durante il quadriennio alle dipendenze di papa Giulio II.
A testimoniare il conflitto con la pittura e con se stesso.
Un conflitto che Gianluca Buttolo esamina con profondità e attenzione, facendo dire ai disegni tutto quello che non si può con le sole parole.
Buttolo non è nuovo a opere dettagliate e attente. Ha già raccontato l’eroe borghese Giorgio Ambrosoli, in un volume recentemente riedito da ReNoir.
Questa volta porta a termine un’opera davvero mastodontica (come dimostra la vastissima bibliografia e il materiale consultato). Va a toccare uno dei mostri sacri del Rinascimento italiano e l’opera ritenuta il suo capolavoro.
Lo fa con un racconto attento del periodo trascorso da Michelangelo nei palazzi pontifici. Mostrando anche (e soprattutto) le sue difficoltà relazionali. Con i committenti, con i colleghi/rivali (in questo caso Raffaello, Sangallo e Bramante) e con se stesso.
Racconta il conflitto interiore tra il pittore e lo scultore. Tra la volontà di rimanere fedele alla sua ispirazione e alla sua Firenze e la possibilità di lasciare il segno eterno nella Roma dei Papi.
In fondo nulla che non si sapesse già. Michelangelo è stato un artista irrequieto, girovago, tormentato nei rapporti con gli altri e con la sua arte.
Nel 1505 pensava di dover scolpire un monumentale mausoleo per Papa Giulio II Della Rovere, ma scoprì ben presto di doversi adeguare alle necessità del proprio committente. Fino alla proposta della pittura della Cappella Sistina. Che per quanto lontana dalle sue corde, è in effetti quanto un artista del tempo potesse sognare. Trasformare un granaio nella più grande opera di interpretazione biblica.
Non a caso il titolo della sua biografia cinematografica è Il tormento e l’estasi.
E anche il fumetto di Buttolo oscilla tra questi due estremi. Emerge una personalità tormentata, al limite dell’autolesionismo: solitario, testardo, viveva quasi come se fosse in miseria. In continua tensione fra la necessità di portare a termine e la voglia di abbandonare tutto.
Eppure non riusciva a rinunciare a una proposta, secondo lui fuori dalla sua portata, ma di cui sapeva che lo avrebbe reso immortale. Oltre a dargli un motivo di rivalsa sul più giovane Raffaello.
Buttolo scrive davvero un graphic novel, un romanzo. Impegnativo nella lettura. Ci racconta una storia, e scava nel carattere dei personaggi: nel suo protagonista, ma non solo.
È infatti un’opera ricca di parole, dialoghi e pensieri. I dialoghi (soprattutto interiori) sono una parte importante, anche percentualmente, in molte pagine.
E i disegni completano questa opera letteraria. Con semplicità e potenza. Scrive Claudio Villa nella prefazione:
Esemplari l’uso del bianco e nero e la narrazione, che mai perde un colpo. Mentre si gustano i disegni, davanti agli occhi scorrono i rimandi potenti ai potenti bianchi e neri di Frank Miller e alla narrazione teatrale di Gianni De Luca.
Il maestro mi perdonerà se trovo dei rimandi altrettanto potenti al tratto di Mike Mignola (che Buttolo ringrazia nei crediti finali).
Con un nero che non ha mai toni di grigio, come non hanno tonalità i colori, che riempiono, senza gradazioni, le parti che altrimenti sarebbero bianche.
Richiama Mignola anche l’utilizzo del nero nello spazio tra le vignette. E la gabbia estremamente dinamica che usa le splash page per rallentare e dare spazio alle riflessioni di Michelangelo.
Oltre al modo di disegnare i personaggi secondari, o lo sfondo: con pochi tratti e gli occhi privi di pupille.
Sembra esserci anche una scelta precisa nell’ambientazione. Non si vedono quasi mai Michelangelo al lavoro o i dipinti sul soffitto della Cappella. Solo piccole parti dell’affresco, fasi preparatorie, impalcature sullo sfondo.
Una sola volta si vede il pittore sull’impalcatura dal basso, ma sopra di lui c’è il vuoto, un po’ per rappresentare le difficoltà che Michelangelo trova nel dipingere, un po’ perché si parla di Leonardo e del suo modo di dipingere il cielo.
Il focus è continuamente su Michelangelo, sui suoi conflitti interiori ed esteriori. I disegni e il loro ritmo sono funzionali.
A volte le pagine sono quasi completamente nere, e Michelangelo ne emerge a fatica.
I colori sono solitamente spenti. Il cielo è caldo solo nelle pagine riempite dal flusso di coscienza del pittore.
Solitamente prevalgono però grigi, ocra, marroni. Anche la mozzetta papale è di un rosso scuro, ma non acceso.
I disegni sono piuttosto statici, senza tentativi di movimento. Il pensiero prevale sull’azione.
È la gabbia, quando necessario, a dare un po’ di dinamicità, o alcune trovate, come più vignette su un unico sfondo (alla De Luca, appunto), oppure il dipinto che diventa fisicamente oppressivo, con un piede che preme sul pittore esausto.
La forma delle vignette rimane comunque regolare, rettangolare. Cambiano dimensioni e proporzioni ma i bordi sono sempre ben definiti.
Mai gli elementi architettonici, naturalistici o artistici modificano questa geometria. Anche quando sono presenti con forza, la regolarità della scena non viene stravolta. In alcune situazioni gravano, soprattutto con la loro ombra. Ma il rettangolo resta definito. O dà comunque la sensazione di esserci.
Questo dà una forte regolarità in un percorso umano del protagonista che è estremamente tortuoso.
È un’opera complessa, quella di Buttolo.
Che serve certamente a sapere di più sulla storia del lavoro fatto da Michelangelo per Giulio II, ma è soprattutto un percorso nella mente del genio. Nel dolore e nella consapevolezza di sé che il lavoro, qualsiasi esso sia, porta.
Che però si conclude con la serenità di aver messo tutto se stesso.
Ed è tanto maggiore quanto più ci si è fatti coinvolgere.
Dissolvenza a nero…
Michelangelo – Il conflitto della Sistina
Gianluca Buttolo
144 pagg, cartonato, colore
ReNoir, 2020, €24.90