Wednesday Warriors #60 – Wolverine is back!
Questo episodio di Wednesday Warriors ospita solo Fabrizio che ci parla del ritorno del mutante canadese più famoso: WOLVERINE #1
Questo episodio di Wednesday Warriors ospita solo Fabrizio che ci parla del ritorno del mutante canadese più famoso:
Bam’s Version
WOLVERINE #1 di Benjamin Percy, Adam Kubert e Viktor Bogdanovic
Il freddo gelido dell’Alaska punge il corpo martoriato di James “Logan” Howlett, un uomo che ha vissuto innumerevoli vite, è morto innumerevoli volte ed è sempre tornato sotto la maschera di Wolverine – in un modo o nell’altro. Se Krakoa (e Jonathan Hickman) rappresenta un inedito, inaspettato inizio per gli X-Men, per Wolverine il Nuovo Ordine Mutante può essere considerato semplicemente una fase, un passaggio nella sua lunga, turbolenta vita; tuttavia Benjamin Percy, già autore di X-Force in questa rinascita editoriale, ha a cuore l’Artigliato Canadese e ciò che può rappresentare per Krakoa. Nel momento più alto dell’intera storia dell’homo superior, quale è di preciso il ruolo di un uomo mosso dalla violenza e dalla furia in un paradiso terrestre?
Wolverine #1 debutta con un grosso carico di aspettative: 60 pagine di storia ed un costo piuttosto elevato per un albo spillato (8$) ma soprattutto tante responsabilità affidate a Ben Percy, autore che qui affronta la sua prova del nove dopo anni di buoni ma non esaltanti risultati alla Distinta Concorrenza. Romanzista e sceneggiatore, Percy si trova di fronte ad uno dei personaggi più amati di sempre della Casa delle Idee, assente da tanto, troppo tempo dagli albi a fumetti nella sua “versione originale”. Per l’occasione, l’autore è affiancato da un artista sinonimo del nome Wolverine, Adam Kubert, protagonista della prima storia dell’albo, The Flower Cartel.
Superato lo shockante incipit ex-abrupto, Percy dipinge insieme a Kubert il quadro di un Wolverine sereno e libero di vivere Krakoa per le opportunità che l’isola offre al genere mutante. Ma la natura di Logan non è mai quieta – i suoi sensi, il suo essere non glielo permettono ed ecco che la nuova minaccia allo status quo sorge a galla: qualcuno ha cominciato a trafficare le risorse dell’isola, utilizzando i fiori prodotti da Krakoa per creare una potentissima droga. Il Polline ha raggiunto Los Angeles, Rio de Janeiro, Mumbai, Mosca, Johannesburg: la sostanza altera lo stato psicofisico, esalta la mente e il corpo ma, nelle mani sbagliate, potrebbe rivelarsi letale. Partendo dalla base della sua X-Force e di Marauders, creando la giusta dose di continuità con le trame mutanti, Percy cuce una storia sul costume granato/giallo per Wolverine. Cacciatore, investigatore, assassino e vigilante, eroe sporco che agogna la pace – ma che più di una volta se l’è vista scappare dalle mani; parallelamente, l’autore racconta la storia di un padre e un agente della C.I.A. che, come Wolverine, dovrà affrontare il Cartello, utilizzando tutte le risorse a sua disposizione pur smantellare il traffico di Polline; il personaggio, inedito, è brevemente delineato ma Percy lo rende sufficientemente intrigante e sfumato, una valida controparte al “Tappo”, Wolverine. Due uomini tremendamente simili, dall’oscuro passato, invischiati nella stessa lordura. Investigatori sulle tracce dello stesso mistero, che l’autore al momento accarezza soltanto, osservandone la superficie, illustrandone il potenziale distruttivo per i mutanti e gli esseri umani. L’impostazione della trama adottata da Percy per la prima parte della storia prende in prestito e canalizza le atmosfere pulp e thriller, elaborandole all’interno delle nuove strutture Hickmaniane.
Krakoa e i suoi abitanti fungono da cornice ad un Wolverine concentrato e letale che Kubert ritrova in splendida forma: accompagnato ai colori da Frank Martin Jr., Kubert affonda le matite nel suolo dell’isola, entrando ed uscendo dai suoi confini, mettendo a confronto l’idillio Krakoano e la dura, fredda realtà del mondo esterno. Il misterioso Cartello dei Fiori ha monopolizzato il sottobosco criminale globale, distribuendo un assaggio di Krakoa ad invasati e culti della morte. Superati i confini dell’isola, Wolverine #1 è decisamente più grezzo e viscerale, cattivo; i colori e le chine si appesantiscono, Kubert taglia le proprie figure accentuando spigoli e posture: i suoi personaggi sentono la tensione una volta lasciata l’isola, comprendono la gravità della situazione e affrontano a muso duro il mondo esterno. Gli artisti sfruttano l’intera tavola a disposizione, lo storytelling è teso tra vignette ed inquadrature strettissime per poi esplodere durante l’azione con campi lunghi, artigli sguainati e colori accesi.
Wolverine #1, come già accennato, è un albo davvero ricco – e il cliffhanger firmato Percy/Kubert non trova risoluzione in Catacombs, la seconda storia contenuta in questo corposo debutto. Percy spacca in due la narrazione, riuscendo comunque a tenere un fil rouge in grado di sostenere vigorosamente il debutto di Wolverine nel nuovo status quo mutante: grazie ad elementi introdotti nel primo capitolo di The Flower Cartel, l’autore torna su Krakoa in compagnia dell’artista discepolo di Greg Capullo Viktor Bogdanovic; la prima fase di Catacombs è ricca di dialogo ed esplorazione di uno degli aspetti più controversi del governo Krakoano, l’amnistia e l’asilo concessi ad ogni mutante – elementi problematici inclusi, tra i quali Omega Red.
Percy mette in mostra qui la sua profonda comprensione di personaggi borderline, non completamente positivi, costretti ad agire anche attraverso mezzi estremi pur di raggiungere i propri scopi. La morale che muove Wolverine a Krakoa non cancella il suo passato violento: il confronto tra il killer tentacolare sovietico e l’artigliato canadese è ricco di zone d’ombra, ricordi rivangati e ipocrisie. A questo interessante scambio di vedute, tuttavia, Percy e Bogdanovic fanno seguire l’inizio di una sottotrama accennata attraverso gli eventi e le infografiche e gli eventi di The Flower Cartel, un risvolto legato ai geni mutanti e in particolar modo quelli di Wolverine. Catacombs è una storia che reintroduce il Conte Vlad Tepes, Dracula, alla guida di una nuova generazione di vampiri a caccia del sangue di Logan, una materia preziosissima, una fonte inesauribile di potere, di vita. Sullo sfondo delle strade parigine e dei suoi angoli più oscuri, il Wolverine di Percy e Bogdanovic non sembra raggiungere l’intensità del Wolverine di Percy e Kubert. Nonostante l’intrigante rielaborazione del sangue di Wolverine – e un’ottima prova di Bogdanovic – le due storie hanno pesi troppo diversi. L’introduzione dell’elemento di disturbo vampirico costringe il lettore ad una diversione radicale rispetto alle atmosfere thriller di The Flower Cartel, presentando un secondo arco narrativo dalle buone premesse ma che avrebbe avuto bisogno di molto più spazio e tempo per maturare e respirare a pieno gli spazi concessi dall’Alba di X.
Due storie per un solo albo, un solo, l’unico Wolverine che torna a catturare l’attenzione dei lettori. Due storie che giocano proprio sul gusto, su quale Wolverine si apprezza di più – più serioso, cinico e letale il primo, rocambolesco, estremo e molto più tradizionalmente supereroistico il secondo. Benjamin Percy abbraccia le molteplici sfaccettature del personaggio in 60 pagine convincenti nonostante qualche inciampo – errori causati dalla fretta, dalla voglia di tornare a raccontare Wolverine e dei suoi artigli. Kubert, in forma stratosferica, disegna la parte più sostanziosa e meglio riuscita dell’albo, mentre il tratto nostalgico eppure moderno, evoluto dagli anni ‘90 di Bogdanovic crea dinamicità, sfrutta l’energia violenta, creando continuità (artistica) tra passato e presente del personaggio. Una volta trovato il giusto equilibrio, Wolverine saprà sicuramente differenziarsi dal resto delle uscite mutanti per un taglio nettamente più aggressivo – anche della parallela X-Force.