Berlino 2.0: benvenuti a El Dorado?
Crisi economica e precarietà, due costanti della nostra generazione, sono solo gli aspetti più superficiale di Berlino 2.0, edito da Bao Publishing: sotto si nasconde il coraggio e la forza d’animo che Margot dimostra di avere nell’affrontare una nuova vita all’estero.
Crisi economica e precarietà, due costanti della nostra generazione, sono solo gli aspetti più superficiale di Berlino 2.0, edito da Bao Publishing: sotto si nasconde il coraggio e la forza d’animo che Margot dimostra di avere nell’affrontare una nuova vita all’estero.
Alberto Madrigal e Mathilde Ramadier sono due giovani autori, lei un’autrice, una saggista e una sceneggiatrice francese, lui un illustratore e fumettista spagnolo, in comune hanno la loro migrazione a Berlino e ci raccontano da vicino com’è vivere nella capitale europea della cultura e della vita mondana.
La protagonista, Margot ha 23 anni, dottoranda in filosofia, e arriva a Berlino con un bagaglio ricco di aspettative e una palla da discoteca da appendere nel suo appartamento con soffitti così alti da farlo sembrare una reggia. Trovare una sistemazione è stato facile grazie al suo amico libraio Alex che le subaffitta un bilocale, più difficile sarà trovare lavoro. Il mito che Berlino sia la nuova El Dorado ha fatto sì che molti giovani, dopo il crollo del muro, si riversassero nella città, fenice rinata dalle sue ceneri, una meta che offre ampie prospettive e dove presto ci si accorge che non sempre il mito corrisponde alla realtà.
Nel 2015 il tasso medio di disoccupazione in Germania era del 7%, a Berlino del 10%, queste cifre escludono però tutti quei lavoratori di fascia bassa assunti con il minijob (orario flessibile, 400€ al mese, una durata massima di due mesi, con una soglia lavorativa di 15 ore settimanali e senza includere la costosissima previdenza sociale tedesca) e delle donne che usufruiscono del premio per le casalinghe (un sussidio di 150€ mensili concesso a quelle famiglie che decidessero di cresce un figlio a casa fino ai tre anni): se a tutto questo sommiamo la mancanza di un salario minimo ci accorgiamo che il quadro lavorativo non è più così dorato.
A giudicare da questo racconto direi che la situazione in Germania non è poi così diversa da quella italiana dove imprenditori di tutte le età hanno come unico scopo solo quello di sfruttare il dipendente, se possibile a costo a zero. Margot è però forte e determinata e non ha paura a rifiutare un lavoro mal pagato né a tentarne uno con altrettante pessime condizioni ma con prospettive più allettanti.
È disposta a tutto pur di non mollare e in fondo come l’amico Felix ammette: «Paradossalmente c’è bisogno che qualcuno resti perché la città si trasformi…», frase di critica mossa al libraio e sublocatario Alex che si lamenta di come Berlino sia cambiata nel tempo e spiega perché abbia scelto di vivere ad Amburgo.
Uno dei lati positivi di questa grande città rimane sicuramente il grande fermento culturale che ne ravviva le giornate fredde e umide, un movimento che nasce dall’incontro di un così folto gruppo di persone delle più svariate etnie; non a caso è definita la culla della musica techno e fu proprio nella capitale tedesca che nacque il leggendario Club Tresor a opera di Dimitri Hegemann.
Molto attivo anche il movimento femminista che vanta numerose iniziative ed eventi artistici, Margot stessa partecipa al Porn Film Festival che celebra qualsiasi tipo di genere sessuale e di sessualità. Circondati da tanto fermento il rischio maggiore che si può correre è proprio quello di subire un distacco dalla realtà e la protagonista lo scoprirà a proprie spese.
Come il romanziere Clément Bénech spiega nella prefazione, citando le parole del filosofo Rosset, «esistono due tipi di filosofi, gli imbonitori (compassionevoli e inutili) e i filosofi dottori (spietati ed efficaci)»; beh Berlino 2.0 è sicuramente un “dottore” e Ramadier ci racconta senza filtri la realtà della capitale, l’esistenza in quella zona d’ombra spesso inesplorata; non mi stupirei se il personaggio di Margot prendesse ispirazione dal vissuto della stessa autrice.
La controparte grafica in mano a Madrigal è funzionale e molto piacevole alla vista, il suo tratto stilizzato e immediato si fonde bene con la colorazione priva di sfumature ma che fa largo uso di zone nette a evidenziare in modo deciso il contrasto tra luce e ombra, quasi a rimarcare il confine nitido tra mito e realtà che avvolge questa città. La sua palette con colori desaturati con eccessi di magenta rendono le atmosfere calde e accoglienti quasi a voler coccolare l’animo del lettore messo bruscamente davanti alla realtà dei fatti.
Un libro sicuramente non di svago, ma una piacevole lettura che induce a riflessione.
Alberto Madrigal (disegni) e Mathilde Ramadier (storia)
Berlino 2.0
Volume unico
Editore: Bao Publishing
Brossurato con alette, cm 17×23, 96 pagg., colore, € 15,00