Thor: Love and Thunder – La recensione in anteprima
Nuovo appuntamento con il Marvel Cinematic Universe, nuova avventura del Dio del Tuono: Thor: Love and Thunder esce nelle sale italiane mercoledì 6 luglio, e ha tutte le intenzioni di portare una boccata d’aria fresca a queste giornate bollenti. Riuscirà nell’impresa?
Ciò che di più succoso ha da offrire il film già lo sappiamo: il ritorno della splendida Natalie Portman nei panni di Jane Foster che, in linea con la storia originale dei fumetti, acquisisce la capacità di controllare il Mjolnir di Thor, il suo primo martello. Jane si avvicina allo strumento – distrutto da Hela in Ragnarok, il terzo film di Thor – nel tentativo di rallentare, se non fermare, l’avanzata del cancro che l’ha colpita. Nel frattempo, il Thor di ruolo è in viaggio con i Guardiani della Galassia – ovvero come li avevamo lasciati alla fine di Endgame – fino a quando viene a conoscenza di una nuova tremenda minaccia: Gorr, il macellatore di dèi, ha avviato la folle vendetta che gli dà il nome, uccidendo diversi dèi sparsi per l’universo.
Da qui, Thor: Love and Thunder apre il viaggio non di uno, ma di due eroi, chiamati a sopprimere l’ennesima minaccia del nostro universo, e chissà, magari anche a ricucire un amore interrotto nel passato. C’è da dire innanzitutto che è soprattutto Jane, la Potente Thor, ad avere la scena: è lei a fare il percorso di crescita più marcato e a imporsi come personaggio più risoluto e risolutivo tra tutti i presenti. È un buon servizio che Taika Waititi (sia regista che sceneggiatore) fa alla cara Jane, che le restituisce così l’importanza che ha avuto nell’acclamato ciclo di Jason Aaron del 2015; ma allo stesso tempo, mentre la vediamo interagire con Thor, sorge il dubbio che sia fin troppo facile per lei mostrarsi migliore ai nostri occhi. È una dottoressa estremamente intelligente e acuta, malata di cancro, ma con un’immensa voglia di vivere e che ora è praticamente una dea, mentre Thor, che dovrebbe essere un dio già da secoli, è invece declassato a una parodia di sé stesso, quasi squilibrato a giudicare dalle prime fasi del film. Va detto senza mezzi termini: Thor è il grande no di questo film.

Sebbene ai cinecomics si perdonino ingenuità e siparietti comici perché, di fatto, sono scenari tipici della narrativa supereroistica a fumetti, il Thor frivolo e ingenuo che ci portiamo dietro da Ragnarok, anch’esso di Waititi, è imperdonabile. Non solo non rende giustizia all’austerità che meriterebbe un dio, ma è anche incongruente col percorso del personaggio il MCU, che ha subito una fase di profonda depressione durante gli eventi della saga di Infinity, e che ora ritorna in una frivolezza del tutto out-of-character. Il Thor di Waititi sembra più voler compiacere il bisogno di avere un supereroe tanto potente quanto divertente, piuttosto che premiare l’autenticità dello stesso. E a soffrirne è anche l’equilibrio del film, che alterna scenari molto drammatici a trovate un po’ troppo banali.
Al netto di questa criticità, Thor: Love and Thunder è un film sicuramente godibile, probabilmente molto di più nella seconda ora, quando i toni comici sono lentamente sfumati in favore di un clima più oscuro e senz’altro più dosato tra dramma e risate, merito anche di un villain tra i più credibili e affascinanti, interpretato da un ottimo Christian Bale. Ha rischiato di essere una fotocopia di Ragnarok, ma si salva con un finale decisamente più segnante e significativo che, per lo meno, ci dà la chance di non dimenticare questo film appena usciti dalla sala.