Quartieri Lontani… E si torna bambini
Il maestro Jiro Taniguchi ha lasciato dietro di sé un numero di capolavori pari alle opere da lui stesso create: troppo arduo scegliere una preferita, ma intanto possiamo parlarvi di quella che il pubblico ritiene essere la più significativa…
Il maestro Jiro Taniguchi se ne è andato. Ci lascia un’eredità immensa e talmente tante opere che sceglierne una ed elevarla a propria preferita sarebbe un’impresa alquanto ardua.
Dopo aver riletto Uno zoo di inverno mi sentivo particolarmente propenso a voler recensire questo lavoro, ma critica e pubblico hanno ritenuto (e il pubblico ha sempre ragione) che forse la sua opera migliore potrebbe essere Quartieri Lontani (recentemente ristampato in una nuova edizione dalla Coconino Press). Pertanto di questo specifico lavoro andremo a occuparci con questa recensione, con la speranza che coloro i quali non si sono mai imbattuti in un’opera del Maestro possano presto approcciare alla sua arte, fatta di illustrazioni superbe e storie sature di iconografia e poesia.
La storia ha inizio nel momento in cui Hiroshi Nakahara, adulto sulla quarantina con famiglia a carico e tendenzialmente proclive all’assunzione di alcool, si trova a dover prendere il treno per tornare da lavoro ma, accidentalmente, si imbatte sul mezzo sbagliato e, non assumendo mai piena contezza del come, si ritrova nel suo paese di origine. Appena giunto in situ il nostro protagonista visita la tomba della madre e di lì (non vi rivelo troppi dettagli poiché il rischio spoiler è altissimo) ripercorre (ma ancora non vi rivelo come e perché) la sua infanzia trovandosi da adulto nel suo corpo di ragazzo e dovendo affrontare l’adolescenza con una nuova mentalità e con nuove prospettive.
L’idea è semplice ma geniale. C’è tutto, da un’accurata indagine introspettiva dei singoli personaggi a una piena disamina della psiche di ciascuno di loro. Il protagonista viene mostrato in tutte le sue debolezze, fragilità e vizi che sono propri di un uomo adulto ma non pienamente soddisfatto della sua vita, che affoga sovente la sua frustrazione nell’alcool ma al quale, per ragioni che vi lascio scoprire, è affidata una seconda possibilità. La possibilità di intraprendere un nuovo percorso, di rivivere le emozioni affrontate da ragazzo e ripercorrerle, questa volta da uomo maturo (almeno nella mente), cercando di evitare quegli errori che l’ingenuità e la fanciullezza in passato avevano determinato. Si innamora, riscopre vecchi amici mostrandosi loro in una veste inedita e…
Credo di avervi detto fin troppo della trama, sarebbe bene che, armati del vostro portamonete, vi rechiate in fumetteria ad acquistare una graphic novel sicuramente meritevole di attenzione.
E ora la nota che a noi appassionati di fumetti interessa di più: il comparto grafico. Sebbene sia un lettore attento mi sento un po’ in imbarazzo a commentare la qualità grafica dei lavori di Taniguchi, sarebbe come se un pianista alle prime armi si permettesse di criticare o giudicare la produzione di Mozart. Lo stile di Taniguchi è piuttosto tradizionale e attinente con quello che è il trend dell’illustrazione nipponica.
Quel che sorprende è la cura maniacale per i dettagli (capita spesso soprattutto nei manga di vedere illustrazioni accurate, a meno che non si parli di shonen e in tal caso il discorso si pone in una prospettiva diversa) ma credo che Taniguchi sorprenda soprattutto per i suoi soggetti e per la poesia sottesa ai suoi lavori più che per il disegno la cui qualità è, e rimane, indubbiamente altissima.
I disegni sono pregevoli e ricchi di dettagli, le tavole sono cariche ma non troppo da risultare vistosamente barocche, ciò non di meno quello che colpisce è ovviamente altro… La magia di Taniguchi va scoperta e io vi ho rivelato fin troppo, vi basti sapere che il volume oggi è facilmente reperibile a un prezzo accessibile e comunque modesto in proporzione alla qualità eccelsa dell’opera. Ancora qui? Correte a leggerlo!