Perfect girl evolution is coming
Maledetti esseri splendenti, mi sto sciogliendo! No, non devo arrendermi dove siete amici? Josephine, Jason, Stuart! Venite, guardiamo questo nuovo dvd, “Alone in the dark”, tiriamo le tende e chiudiamo a chiave la porta… ahahahahahahah!
Dopo “soli” quindici anni di serializzazione, a dicembre si chiuderà uno dei manga che, al momento dell’uscita, ha creato grande clamore e divertimento: Perfect girl evolution, pubblicato in Italia da Star Comics, a partire dal lontano 2008 fino a, pare, dicembre 2015! In Giappone l’autrice Tomoko Hayakawa ha iniziato a realizzarlo nel 2000, e finalmente lo ha portato a conclusione… sì perché davvero si cominciava ad aver pena per questa povera autrice, che negli ultimi anni (e gli ultimi numeri) faticava in modo evidente a portare avanti con convinzione sia la storia che lo stesso lavoro di disegno.
Si sa, i mangaka in Giappone sono soggetti a logorio fisico e mentale più delle rock star dipendenti dalle droghe chimiche, e anche l’Hayakawa si è rovinata la salute per portare avanti quest’opera che, agli esordi e per diversi anni, ha divertito e appassionato i suoi lettori. Vediamo perché.
Innanzi tutto, soffermiamoci sul titolo originale dell’opera, Yamato Nadeshiko shichi henge, che esprime un concetto forse per noi un po’ oscuro, ma ben definito per gli orientali: l’evoluzione della perfetta donna giapponese. La donna ideale, la Yamato Nadeshiko, è una immagine di devozione familiare e sottomissione patriarcale, ma soprattutto presenta elementi estetici, oltre che comportamentali, come l’eleganza nei modi, la modestia, l’affidabilità e la perfetta padronanza dei rituali domestici. Ecco. Tieniamolo presente.
Perché l’impostazione di tutta la storia si basa su un energico concetto litotico di opposizione: la protagonista della storia, Sunako Nakahara, non è affatto una Yamato Nadeshiko e non vuole esserlo, anzi, è anche la negazione stessa del protagonismo: si nasconde. Odia la luce e le cose che brillano, ha paura di sciogliersi come un vampiro sotto il sole, ama il buio, gli scheletri, gli organi umani sotto spirito, i film horror, splatter, fantasmi e tutte le altre “spaventosità”.
Una zia molto fashion, molto ricca e che le vuole molto bene (?) la obbliga a convivere con quattro ragazzi bellissimi e con situazioni familiari disarmoniche che, a loro volta, potranno non pagare l’affitto (della splendida magione in stile imperiale francese, molto realista anzichenò) se riusciranno a trasformarla in una Yamato Nadeshiko, appunto. Obiettivo chiaramente irraggiungibile, ma che val la pena di tentare anche se Sunako sviene con emottisi violentissime ogni volta che si avvicinano a lei.
Da qui l’autrice è riuscita a imbastire delle situazioni comiche e surreali davvero spassose, tutte incentrate, come dicevamo, su un pirandelliano “sentimento del contrario”: noi vediamo i terribili hobby di Sunako (tipo le maratone 24h di terrorizzanti film dell’orrore in cui si nutre di patatine e snack e ingrassa a vista d’occhio), gli sforzi dei quattro luminosi coinquilini per farla vestire con abiti femminili, per ripulirle la pelle da brufoli e altre imperfezioni, per farla interagire con altri esseri umani a sangue caldo, e simpatizziamo per lei, vorremmo che la lasciassero in pace, e ci facciamo grasse risate per le sue reazioni esagerate e assurde. Naturalmente il disegno ammiccante sulla bellezza dei quattro affittuari, Kyouhei (ovvero il dramma della bellezza), Takenaga (ovvero il fascino dell’eleganza), Yuri (ovvero la tenerezza della semplicità) e Ranmaru (ovvero il drago della conquista) fa la sua grande parte, anche perché il design dei ragazzi è ripreso da personaggi realmente esistenti, cioè musicisti di band giapponesi che l’autrice venera (da vera otaku), quindi nati da reale passione e non da un gioco di marketing.
Dopo 30 numeri, e problemi di salute dell’Hayakawa, la storia, le gag, le situazioni sono diventati più meccaniche, meno divertenti, ripetitive, e per salvare questa opera, che ha tutt’ora moltissimi fan in patria e fuori, diventando iconica e il soggetto di una serie animata (molto divertente anch’essa) inedita in Italia, è stato un bene che la casa editrice giapponese Kodansha abbia concordato la sua conclusione al numero 36, senza pretendere di portarla avanti all’infinito distruggendo tutto quello che poteva ancora dare di bello. Ogni riferimento non è puramente casuale.
La nostra povera Sunako infine riuscirà a rimanere se stessa? Vincerà l’amore (è sempre uno shoujo in fondo, eh!)? O l’avrà vinta la società e le sue convenzioni? Vale la pena di chiederselo, perché poi l’essere in negativo di Sunako è solo un aspetto, che risulta tale perché opposto al come “dovrebbe essere”, al come “dovrebbe apparire”: in realtà lei è già una Nadeshiko, è bravissima a cucinare, organizza la casa, è generosa ed educata. Ma è una Nadeshiko “senza qualità”, come l’Ulrich del romanzo austriaco: ha in sé tutto ma il momento e il luogo non sono adatti a rendersene conto, per questo continueremo a tifare per lei.