Mercurio Loi: supereroe romano
Dopo l’ARF! di quest’anno e dopo l’incontro con Alessandro Bilotta allo stand Bonelli, una riflessione sulla sua ultima creatura, Mercurio Loi, qualcosa di cui, nel bene e nel male, bisognerebbe parlare ancora, perché è un’opera che non lascia indifferenti.
Dopo la mia fugace apparizione all’ARF! di quest’anno e dopo l’incontro con Alessandro Bilotta allo stand Bonelli, ho riflettuto che la sua ultima creatura, Mercurio Loi, sia qualcosa di cui, nel bene e nel male, bisognerebbe parlare ancora, perché è un’opera che ha la peculiarità di non lasciare indifferenti. A prescindere se la si ami, odi, o non sia il genere che si preferisce.
Mercurio Loi è uno degli ultimi fumetti sfornati in casa Bonelli, uscito prima in un numero della serie antologica Le Storie (il 28) e poi, visto il successo, sulla serie personale.
Chi è il personaggio di Mercurio Loi, poi, è presto detto: è Batman, Sherlock Holmes e Sheldon Cooper.
Mischiati sapientemente da Bilotta per restituire un personaggio mai banale, che nel corso delle sue avventure è sempre diverso, nuovo, anche se sempre perfettamente riconoscibile.
Il professore di Storia agisce nella Roma Papale del XIX secolo con il fedele Ottone (suo assistente) combattendo le follie che di volta in volta arrivano nella Capitale, con la sua logica misteriosa e affascinante.
Il perché ne stia parlando ora, dopo più di un anno dall’uscita del primo numero può essere facilmente intuibile: è un fumetto che mi piace e non poco e ne sento parlare sempre meno.
Nel panorama del fumetto nazionalpopolare italiano, e, parliamoci chiaro, non solo, è infatti un animale raro.
Se da un lato la struttura narrativa è ancorata alla “rigidità” Bonelliana con una serie di numeri one shot, in pratica, dall’altro i soggetti e i personaggi sono qualcosa che molto difficilmente si vede in giro.
Bilotta non ha paura di osare. E lo dimostra a ogni albo, in cui caccia i poveri Mercurio e Ottone in situazioni via via più anomale e con risvolti sempre affascinanti che non mancheranno di spiazzare il lettore.
Per non parlare del comparto tecnico, che seppur con alti e bassi, ben si adatta alle atmosfere, ai luoghi ed agli “attori” coinvolti.
Lo stile dei disegnatori che di volta in volta vengono chiamati a interpretare la sceneggiatura di Bilotta è molto vario e potrebbe causare un certo “disturbo” a una prima occhiata. Passare dal tratto febbrile di Gerasi a uno molto più armonioso come quello di Casertano infatti potrebbe far storcere il naso. Questo possibile straniamento, di fatto però non fa che aumentare, se possibile, l’immedesimazione. Come essere uno dei conoscenti di Mercurio che fatica a stargli dietro.
Però, come avrete intuito, c’è un “ma”. La cadenza della serie è stata cambiata da mensile a bimestrale. Sul sito Bonelli leggiamo che è per lasciare tempo agli artisti di fare storie di qualità. Qualcuno, invece, lo imputa alle scarse vendite. Mettiamo sia la seconda ipotesi. Per puro gusto della speculazione dunque poniamoci una domanda: perché?
Perché una delle serie più innovative del panorama mainstream italiano (e a mio parere non solo) rischierebbe la chiusura?
Le cause a mio modo di vedere vanno ricercate nel tipo di intrattenimento che questa serie può o potrebbe offrire. È innanzitutto ambientata in Italia, seppure in una epoca “remota”. Per la generazione di Iliad, e della contaminazione attraverso internet da ogni sorta di cultura, questi personaggi potrebbero avere poco fascino. Lo stesso Mercurio Loi è un eroe anomalo, sostanzialmente un egoista che somiglia a una scimmia. Difficile essere empatici con lui, insomma.
I temi trattati sono un altro punto importante. Benché la serie sia di puro intrattenimento, a un primo sguardo dà l’idea di qualcosa di non fruibile in 30 minuti o come pura evasione. In due parole, quella che verrebbe definita una serie “da vecchi”.
Il “confezionamento” del fumetto, benché più accattivante delle normali serie Bonelli non aiuta affatto e paga il confronto con ad esempio una rivista supereroistica (il cui target può essere simile a quello di Mercurio Loi), che si presenta in modo molto più appetibile dal mero punto di vista estetico.
La scelta della bimestralità, poi, è per me un altro punto dolente. Se una serie è a rischio chiusura, farla uscire più di rado non può contribuire a salvarla, anzi. Il nerd (o quello che una volta si definiva tale) è per sua natura un abitudinario. Togliere l’appuntamento mensile può portare a una ulteriore emorragia di lettori.
Il lavoro che Bilotta e i suoi collaboratori stanno facendo negli ultimi anni è qualcosa di prezioso per l’intera industria del fumetto italico. Non solo portando un prodotto di ottima qualità, ma anche e soprattutto perché come ripetuto più volte sopra, è un qualcosa di nuovo. E queste novità sono ossigeno puro per l’industria, che nonostante non sia in crisi nerissima come molti pensano (o si auspicano), vive sempre più spesso di glorie passate. Brand che mostrano la corda soprattutto con le nuove generazioni e che per un motivo o per un altro sono formate da figli del loro tempo.
Mercurio Loi (e altre serie di recente uscita) può essere un punto di partenza per un modo nuovo di pensare e fare il fumetto in Italia. Non banale, non retorico e che sa intrattenere. Dunque, cento di questi numeri, Mercurio. Anzi, anche molti di più.