Best of 2022 – I fumetti più belli dell’anno scelti dalla redazione di DF

I fumetti migliori del 2022 secondo i redattori di Dimensione Fumetto!

Il 2022 è agli sgoccioli: un anno di guerra, crisi energetica, mondiali di calcio, strascichi del coronavirus, Elon Musk che vaneggia su Twitter, un nuovo governo, il revival di T’appartengo di Ambra… ma anche un anno di fumetti, tanti, mai troppi, per tutti i gusti e per tutte le età.

Allora ecco i fumetti che abbiamo letto nel 2022 e che in qualche modo ci hanno colpito: secondo noi i migliori usciti in Italia durante l’anno, e non ce ne vogliano gli esclusi. Sono in ordine alfabetico, eh, non è una classifica! Buona lettura!


Non (soggetto originale: Dai Tezuka)
Adabana – Fiori effimeri
Dynit

In un paesino sperduto di una non specificata provincia giapponese avviene un brutale omicidio: la giovane Mako Igarashi, liceale, viene ritrovata morta in un parco, sepolta dalla neve di un gelido inverno. A confessare di essere l’assassina è la migliore amica della vittima, Mizuki Aikawa, che pur apparendo come la più insospettabile, si presenta alla polizia con l’arma del delitto per provare la sua colpevolezza. Noi lettori, e molto presto anche gli investigatori, intuiamo subito che qualcosa non torna: dietro all’omicidio di Mako sembra esserci una matrioska di tragici eventi che verranno scoperchiati poco alla volta, portandoci non solo ad allontanare i sospetti da Mizuki, ma anzi a considerare lei stessa una vittima.

Adabana – Fiori effimeri, uscito un po’ in sordina nel cuore della scorsa estate, si è rivelato un thriller trascinante dove l’autrice ha sapientemente intrecciato il poliziesco con i temi del revenge porn e dell’oggettificazione femminile. Alla fine della storia, più che appagati per un finale tutto sommato “pieno”, ne usciamo ugualmente frustrati e incazzati. Tutti i personaggi appaiono in qualche modo sconfitti, anche i più virtuosi; vittime (o complici) di un sistema che va cambiato non solo con le leggi, ma proprio con una rivoluzione culturale. Adabana ci chiede di riflettere su quale sia la nostra parte in questo ingranaggio sociale che schiaccia, ancora oggi, purtroppo, le donne.

Il tratto di Non è magnifico: pieno, morbido, sinuoso e pulito. Sa rendere dolci i volti dei personaggi per poi, alla pagina successiva, renderli atroci e spaventosi, facendoci inorridire per le mostruosità di cui sono protagonisti. Speriamo di poter leggere altre sue storie in futuro.

Uno dei titoli manga sicuramente da ricordare di quest’anno.

Matteo Cinti


Hideshi Hino
Banchetto di sangue
In Your Face Comix

È da poco disponibile in fumetteria il nuovo volume della serie Hideshi Hino Collection edito da In Your Face Comix e pubblicato originariamente in patria nel 1990. Per chi non lo conoscesse ancora, l’autore è uno dei maestri della narrativa horror a fumetti in Giappone, da decenni amato e seguito anche in Occidente.

Banchetto di sangue è una raccolta composta da otto racconti autoconclusivi il cui comune denominatore è la psiche umana e quanto questa possa essere spaventosa. Hino metaforizza gli aspetti più inquietanti della società moderna attraverso storie di omicidi carnali, deviazioni mentali, cannibalizzazioni, mutilazioni e metamorfosi kafkiane. Il taglio rapido della narrazione, dove i vari eventi si susseguono incessanti, trasmette un forte senso di angoscia enfatizzata da una rappresentazione estremamente grottesca dei personaggi. Le storie di Hino, dal finale “aperto”, non forniscono una morale o un giudizio: questo è lasciato a noi una volta completata la lettura.

Di particolare pregio divulgativo è l’edizione italiana, dove vengono riproposte le tavole in quadricromia come in originale unitamente a una prefazione di Maurizio Ercole (coordinatore editoriale) molto utile nella comprensione della poetica dell’autore, che agli occhi di lettori inesperti potrebbe risultare particolarmente controversa.

Mauro Paone


AA.VV., a cura di Roberto Natalini e Andrea Plazzi
Comics&Science, volumi 1 e 2
Feltrinelli Comics

Natale è vicino al solstizio d’inverno, quindi è un periodo propizio per le scienze. Fin dall’antichità, oltre a essere un momento rituale, è stato anche oggetto di studi sul tempo, sulla sua misura, sulla natura del mondo. In realtà tutto l’anno lo è (propizio per le scienze, non solstizio d’inverno, eh!), e da questo punto di vista in Italia la scienza a fumetti è diventata abbastanza diffusa e spalmata su tutti e dodici i mesi. E il CNR dà un contributo fondamentale: è infatti ormai fissa l’uscita semestrale della rivista Comics&Science, e con essi anche i nostri puntuali articoli in merito.

Quest’anno si è aggiunta un’uscita speciale squisitamente fumettistica, ovvero senza redazionali, una sorta di super-raccolta delle storie a fumetti uscite finora, con una nuova (breve) introduzione per ciascuna storia e una veste editoriale pantagruelica. Un’antologia in due volumi in cui si raccolgono tutte le storie a fumetti, anche quelle ormai introvabili che vengono dai primordi del progetto, che quest’anno ha compiuto dieci anni e ha ottenuto il Premio Gran Guinigi a Lucca Comics & Games per l’iniziativa editoriale, condiviso con un altro grande progetto, ovvero la rivista di giornalismo a fumetti La Revue Dessinée.

Un’antologia certamente imperdibile per gli appassionati, ma anche per avvicinare alla scienza chi finora non se ne è interessato, togliendo le parti più “parlate” e mantenendo quelle “disegnate”. La sola parte fumettistica è infatti sufficiente a lasciare tanti interrogativi relativi all’approfondimento dei temi trattati. I fumetti scientifici, quando non sono meramente biografici, in riferimento a grandi o meno grandi scienziati, non possono essere esaustivi per quanto riguarda i contenuti tecnici: forniscono tipicamente degli spunti e degli interrogativi, cogliendo gli aspetti forse più scenografici e ludici, ma senza per questo essere superficiali. In questo, Comics&Science è uscito dall’idea dell’una tantum dei volumi monotematici presenti sul panorama internazionale, soprattutto in Francia, costituendo un vero e proprio unicum. Affianca infatti gli autori di fumetti, scrittori e disegnatori, con scienziati di professione (cosa relativamente semplice, sia perché vengono da dentro il CNR, sia perché tra gli scienziati la nerditude è piuttosto diffusa).

In realtà i volumi, che sono adattissimi per occupare proficuamente il tempo durante le vacanze di Natale e divertentissimi da leggere (anche per l’alternarsi di stili e autori di grande rilevanza, da Silver a Zerocalcare), rimandano comunque ai numeri della rivista. Perché bisogna dire che quando si affrontano temi scientifici l’approfondimento non è secondario.

Quindi in tutto e per tutto una lettura edificante, da fare tutta insieme o per piccole dosi. Se consideriamo che i racconti raccolti nei due volumi sono in tutto sono 21 (ovviamente mancano quelli dell’anno appena trascorso), è possibile leggersi una bella storia al giorno, con un numero di pagine adatto anche a chi non è abituato a fumetti troppo lunghi, coprendo tutto il periodo delle feste natalizie, festivi compresi.

Andrea Cittadini Bellini


Martina Filippella
Era una bella giornata finché non è iniziata. Il libro dei Diari di Brodo
BeccoGiallo

Quando sentite “Diario di Brodo” vi viene in mente un blog di ricette, vero? Beh, cascate male, mi dispiace! Io non vi darò ricette che non siano metaforiche, tipo “la ricetta del buon umore”, che comunque mi hanno detto essere molto complicata. Sarà pur complicata, ma a Martina Filippella viene benissimo. Impossibile non ridere!

Era una bella giornata finché non è iniziata, edita da BeccoGiallo, è una raccolta di battute, freddure, giochi e fumetti tragicomici creato dalla disegnatrice e influencer monzese Martina Filippella, nota anche come Diari di Brodo dal nome della sua popolare pagina Instagram di vignette che raccoglie personali considerazioni sulla vita di ogni giorno, in ordine sparso e caotico, proprio come un brodo per l’appunto. Classe 1993, Filippella è una grafica illustratrice che vanta, oltre a «una folta chioma riccia spesso informe», collaborazioni con varie pubblicazioni come Vanity Fair e Smemoranda.

Il formato quadrato del volume, i colori brillanti e le forme semplici e accattivanti dei disegni accompagnano una geniale (e irresistibile) ironia. Da prendere in considerazione come regalo perfetto per amici «belli, ma cazzostressati», fosse anche solo per deliziarli con l’Oroschifo: fan o meno dell’oroscopo, si sa, a dicembre lo consultano tutti.

Ilaria Ambrosini


Alessandro Bilotta e Sergio Gerasi
Eternity volume 1: La morte è un dandy
Sergio Bonelli Editore

Come un gioiello che brilla e ti ammalia, l’estetica della copertina di quest’opera, edita da Sergio Bonelli Editore nella collana Audace, attrae con i suoi colori magnetici. Ma in tanta bellezza si percepisce un retroscena decadente. Il titolo è presentato con una brillante scritta al neon, eppure una lettera è spenta, irrimediabilmente fulminata, obliata. Un uomo distinto che sembra elevarsi al di sopra di tutto e tutti forse è in procinto di cadere rovinosamente. Questo è il primo volume di Eternity, la nuova serie ideata e scritta da Alessandro Bilotta (Mercurio Loi, Gli uomini della settimana), intitolato La morte è un dandy, disegnato da Sergio Gerasi, che ha già lavorato con Bilotta su Valter Buio, Mercurio Loi e Dylan Dog – Il pianeta dei morti, e colorato da Adele Matera.

In una Roma, la Città Eterna, fuori dal nostro tempo, Alceste Santacroce, un giornalista elegante e opportunista, ci accoglie nella sua quotidianità fatta di cinismo e caccia al gossip per il settimanale Infinito per cui lavora. Distaccato dalla realtà che lo circonda, come un moderno Virgilio dantesco, Alceste ci mostra il paradiso apparente di una società fatta di belle illusioni che si rivela però un purgatorio di anime che si perdono sprofondando nell’oblio.

Le tavole hanno una struttura verticale per sottolineare il concetto di ascesa dei protagonisti, e presentano cromie più calde per le false apparenze, alternate a cromie più fredde per inscenare le fragilità più profonde dell’animo umano.

Eternity è una serie composta da storie malinconiche auto-conclusive che ci presenta personaggi diversi, ma con la stessa ossessione di vivere per sempre sulle ali della notorietà che li conduce su un viale del tramonto fatto di disperazione e autodistruzione.

Pamela Marinucci


Antoine Maillard
Fendente
Coconino Press-Fandango

In una tranquilla cittadina sul mare, un maniaco si aggira con una mazza da baseball e uccide di notte dei poveri studenti di un liceo. Dan, Ralf e Pola vengono loro malgrado coinvolti e diventano da spettatori protagonisti della serie di efferate violenze che scuotono la comunità.

Della trama di Fendente non scriverò altro, perché trattasi di un thriller e, in quanto tale, raccontarne con dovizia i meccanismi e i particolari della trama rovinerebbe la lettura. Quello però su cui mi vorrei soffermare è la ricercata atmosfera del fumetto. Maillard, alla sua opera prima, crea una suspense e un clima degno dei migliori maestri del thriller statunitense e non. Atmosfere sospese, personaggi ambigui, tempi dilatati, vittime designate ed eroi improbabili. Maillard cucina tutti gli elementi del genere con classe, senza mai scadere in soluzioni semplicistiche o nel déjà-vu, grazie soprattutto a uno stile grafico impeccabile. La sue è una matita formidabile, che controlla luci e ombre in maniera sbalorditiva, creando volumi e facendoli scomparire. Un tratto intriso di un realismo magico che riempie la retina del lettore e la appaga. Stupende le tavole che descrivono gli spazi esterni desolati e poco illuminati della cittadina, le vie che sembrano labirinti e gli edifici che evocano un Edward Hopper privato del colore.

Un libro potente e brillante, che lascia col fiato sospeso e le interiora attorcigliate. Un piccolo gioiello noir per un esordio folgorante di Maillard, che dopo una breve ma già brillante carriera di illustratore (tante le collaborazioni all’attivo, da The New Yorker a Google) entra a buon diritto fra i futuri maestri del fumetto.

Andrea Cozzoni


Copertina di "Hoshi in the Girls' Garden" di Yama Wayama.Yama Wayama
Hoshi in the Girls’ Garden
Dynit

Yama Wayama è nata a Okinawa nel 1995 e in nemmeno sette anni di carriera è già diventata un’autrice di culto nel genere della commedia. La storia breve di debutto del 2015 Yūtōsei no mondai (“Il problema dello studente modello”) è stata candidata al Premio Tetsuya Chiba per esordienti, organizzato da Kōdansha e con Chiba stesso in giuria. Nel febbraio 2019 una sua dōjinshi (autoproduzione) intitolata Muchū sa, kimi ni (“Sono cotto, di te”) è stata notata da un redattore della rivista Beam Comics alla fiera Comitia (che a differenza del più celebre Comiket accetta solo opere originali, non derivate da altre) e ripubblicata da Kadokawa esattamente così com’era appena sei mesi dopo, vincendo il Premio per le Arti Multimediali (organizzato dal Ministero della cultura nipponico) e il Premio Osamu Tezuka (organizzato dal quotidiano Asahi Shibun). Ha all’attivo due storie autoconclusive (la suddetta Yūtōsei no mondai e Nagisa e ikō, “Andiamo in spiaggia”, del 2016), due volumi unici (Muchū sa, kimi ni adattato nel 2021 in un telefilm e Karaoke iko!, “Andiam al karaoke!”, di cui uscirà un film dal vivo l’anno prossimo) e due serie pubblicate in contemporanea (On’na no sono no Hoshi e Famires iko., “Andiam al famires.”). Ha pubblicato per Kōdasha, Kadokawa e Shōdensha. I suoi tre fumettisti preferiti e fonti d’ispirazione principali Usamaru Furuya, Junji Itō e Makoto Kobayashi le hanno rivolto a loro volta i propri complimenti, anzi si sono proprio professati suoi fan.

Per farla breve: Yama Wayama ha l’età per essere considerata una giovane promessa, ma il curriculum di una veterana. Dynit se n’è accorta e dal 2021 ha iniziato a pubblicare pian piano la sua intera produzione a partire da On’na no sono no Hoshi con il titolo Hoshi in the Girls’ Garden, che in questo 2022 ha raggiunto il terzo volume in Giappone e il secondo in Italia.

Il fumetto ha una struttura episodica, ma al contrario di quasi ogni altro fumetto comico episodico (un caso esemplare: Ranma 1/2) non parte con un evento scatenante folle per presentare personaggi fuori di testa e poi farli interagire all’infinito con eventi assurdi: la tecnica narrativa di Wayama è invece di iniziare in media res, presentandoci la classe II-4 del liceo femminile Narimori e il suo insegnate responsabile Mitsuhiko Hoshi, prof. di giapponese, durante le loro giornate caratterizzate da piccoli, bislacchi eventi quotidiani. I personaggi entrano in scena senza alcuna presentazione, come se li conoscessimo già, ma se all’inizio insegnati e studentesse potrebbero sembrare un coro indistinto, pian piano le singole personalità e caratteristiche emergono e diventano riconoscibili: una tecnica narrativa potenzialmente noiosa e invece usata con straordinaria maestria considerata la brevissima carriera dell’autrice.

L’umorismo deadpan di Wayama è perfetto per assecondare questa narrazione estremamente placida, senza scossoni, come pure il suo stile grafico già maturo e caratterizzato da forte realismo anatomico, profonde borse sotto gli occhi (la firma stilistica dell’autrice) e mani molto espressive, il tutto disegnato direttamente in digitale e con lo stesso livello di dettaglio per i soggetti in primo piano e per gli elaborati sfondi, il che esalta il senso di realismo perché non c’è gerarchia grafica fra i personaggi in primo piano e il rotolo di nastro adesivo lì sopra a quell’armadietto sullo sfondo.

Altro elemento caratterizzante per il realismo della serie è il suo forte legame con la cultura pop contemporanea: solo nei primi due volumi vengono infatti citati personaggi pubblici come Tomoyasu Hotei e Gō Ayano, negozi come Hokka Hokka Tei, Muji, Takashimaya e Tsutaya, opere varie come Mission: Impossible, Dragon Head, Kamata kōshinkyoku, Sazae-san e Anpanman, oltre a vari cibi, oggetti e fenomeni popolari come le barrette Calorie Mate, la musica visual kei, i kewpie e il purikura, a cui si aggiungono i numerosi riferimenti ai citati fumettisti Furuya, Itō e Kobayashi. Davvero un’immersione nell’odierna realtà giapponese.

Infine, una breve menzione speciale per Eternal Kaoru: OMG È UN CAPOLAVORO ASSOLUTO GENIALE.

Una serie di notevole raffinatezza narrativa e grafica che prossimamente sarà trasposta in una serie TV animata con un cast di doppiatori di primo piano, fra cui spiccano nientemento che Gen Hoshino e Mamoru Miyano.

Un’ultima nota sul titolo Hoshi in the Girls’ Garden: spero vivamente, vivissimamente che questo titolo orrendo, prolissimo e immotivatamente in inglese, che rientra in questa recente moda dei titoli orrendi, prolissi e immotivatamente in inglese tradotti parola per parola (come I Married a Girl to Shut My Parents Up o My Son Is Probably Gay) in sostituzione degli originali in giapponese sia stato imposto dalla casa editrice originale, altrimenti è solo sciatteria e provincialismo linguistico. Oltre a essere orrendo, prolissimo e immotivato, il titolo in inglese appiattisce completamente il gioco di parole originale, quando invece c’erano mille possibili modi per renderlo in italiano: il titolo originale, che sembra riecheggiare quello di Kyojin no Hoshi (ovvero Tommy la stella dei Giants, ennesima citazione otaku), si basa proprio sul fatto che 女の園 on’na no sono significa sia “il giardino delle donne” sia, per estensione, anche “la scuola femminile” e “i genitali femminili”. Quanti giochi di parole più o meno risqué (e magari citazionisti) potevano venirne fuori? Tanti. Mia proposta filologica e non VM18: Hoshi nel gineceo, breve e ambiguo e a doppio senso e nella lingua madre del lettore com’era in originale, e per pensarlo ci ho messo due secondi come ci mette due secondi il prof. Kobayashi a pensare lo slogan per il poster del club di pallavolo della scuola.

Mario Pasqualini


Junji Itō
La zona fantasma
Star Comics

La zona fantasma è un volume di Junji Itō, noto mangaka nipponico specializzato in storie dell’orrore e mestro dell’inquietudine. Sicuramente la tematica non rispecchia il periodo natalizio, ma da buon Grinch non posso che andare controcorrente e parlare di un manga che di rosso (pur se in bianco e nero) ha solo il sangue versato dai suoi protagonisti.

Figlio del COVID-19, questa raccolta di quattro racconti è stata concepita durante la pandemia e la conseguente reclusione che ne è conseguita. Itō, rinchiuso per gran parte del tempo nel suo studio, ha sviluppato alcuni appunti che aveva da parte da anni e li ha resi quattro perfette storie dell’orrore. Fra queste, sebbene tutte meritevoli e interessanti, quella che maggiormente mi ha colpito è La collina delle lacrime, in cui viene narrata la vicenda di una prefica, ovvero una donna che, dietro compenso, prende parte alle cerimonie funebri con canti e lamenti in onore del defunto aiutandone l’anima nel trapasso. La giovane protagonista, ammaliata da una donna urlante a una cerimonia funebre, ne rimane colpita al punto che non riesce più a smettere di piangere compromettendo lo svolgere delle normali abitudini quotidiane. La vicenda, pervasa da una costante inquietudine, è arricchita dal tratto di Itō che diviene, col passare degli anni, sempre più raffinato e dettagliato.

Un volume unico che sarà un perfetto dono per tutti gli appassionato delle storie dell’orrore oltre che, naturalmente, per i fan di Junji Itō.

Maurizio Vannicola

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