Su Rick and Morty: gnam gnam stuffings
Rick and Morty, il cartoon irriverente molto amato dai giovani americani perché capace di incanalare le ansie e le insicurezze della Generazione Z figlia di un multiverso/internet in cui non ci sono certezze se non la vastissima capacità del tutto possibile ma nulla di vero.
Rick and Morty è una serie animata americana ideata da Justin Roiland e Dan Harmon per la programmazione notturna di Cartoon Network di Adult Swim. Per ora consta di trentuno episodi, in tre stagioni in onda dal 2013, ma nel maggio del 2018 è stato annunciato che saranno prodotti altri settanta episodi in diverse stagioni e mentirei se non ammettessi di stare aspettando la quarta con una certa trepidazione.
Si tratta di un cartone horror-fantascientifico dai tratti comici e macabri, con ottime valutazioni un po’ ovunque negli Stati Uniti, molto amato dai suoi fan e in particolare dalle nuove generazioni, delle quali riesce a interpretare diversi cambi di paradigma rispetto alle precedenti.
I protagonisti sono uno scienziato alcolizzato e praticamente onnipotente, ma apatico e nichilista – Rick – e il suo pavido nipote –Morty -, non dotato come il progenitore e spesso in balia dello stesso. Insieme vivono varie avventure spostandosi grazie a una pistola-portale per un indefinito multiverso dove tutto pare possibile, popolato delle creature dei mondi più strani e bizzarri.
Fanno parte di una famiglia con varie vicissitudini interne, genitori separati in cui la madre – Beth -, figlia di Rick, è assai più dotata di un padre – Jerry -, davvero patetico e fiacco oltre che stupido; Morty ha anche una sorella – Summer – che si distingue per certa determinazione e freschezza.
Il leitmotiv è forse il completo nonsenso dell’esistenza e di qualunque sforzo umano, la mancanza di qualsivoglia ragione per andare avanti o avere obiettivi. Attorno a questo fulcro si dipanano poi tutte le altre vicende, spesso parodiche di altre più famose, paradossali, grottesche e angoscianti. Il gusto di fondo è sempre abbastanza oppressivo e disarmante, ma ciononostante è frequente ridere.
Chi ha concepito il cartone non appartiene alle nuove leve, ma ha saputo riassumerne alcuni tratti di considerevole importanza e accattivarsene i consensi. Ascoltando quello che gli ideatori hanno da dire, cosa da fare sempre tremando, l’opera non è neppure devastata come spesso avviene.
Se uno supera l’ostacolo dei disegni, a parere di molti così brutti da aver impedito la visione, potrebbe trovare ottime ragioni per detenersi su un lavoro che, sotto un’apparente volgarità gratuita, a volte un po’ pesante e insistente, e una generale superficialità di facciata, è invece utile in particolare proprio per apprezzare lo spostamento di vari punti di vista rispetto al passato, specie su visione del mondo e senso di vita e esistenza, su società, politica, ma anche molto altro.
Si dice che il successo di R&M si debba a un’eccellente interpretazione dello “zeitgeist” di oggi che ha superato di gran lunga il postmodernismo e per esempio sulla scienza si attesta oltre gli entusiasmi illuministici e positivistici, ma pure ben oltre i catastrofismi o il disincanto un po’ falso dell’ecologismo o per esempio delle religioni. La scienza, che è in un certo modo al centro del cartone, né ti salva né ti condanna, non è né dissacrante, ma tanto meno sacra, è lì e ti aiuta a metterci una pezza, risolve problemi e ne crea di nuovi.
Forse, fatte le debite proporzioni e senza voler esagerare, i Simpson hanno incarnato la Generazione X (a cui purtroppo appartengo), Futurama si è dedicato ai Millennial, come R&M si riferisce alla Generazione Z. Prima o poi ci si sarebbe arrivati!
L’opera non è priva delle sue ingenuità e anche banalità, per esempio l’analisi sociale in “caste”, allegoria o metafora della società americana di oggi, a fine della terza stagione, non è idea delle meglio elaborate, anzi è un po’ pigra e inerziale, ma il cartone è realizzato da uomini e quindi per lo meno imperfetto.
Per dirne un’altra, non si libera della piaga di ammettere tra gli “attori” famosi e famosetti del tempo, piaga che ha contribuito ad affossare i Simpson e ha appesantito parecchio pure certi momenti di Futurama… adoro i Beastie Boys, ma chi se ne frega di vedere un loro concerto di teste in giara!
Il meccanismo delle storie e di molte battute può apparire a una prima analisi un po’ ripetitivo e segue lo schema solito dell’alternanza tra cinismo e sentimentalismo, ma sarebbe un errore liquidare il tutto come una congerie di volgarità gratuite e insensate e un gioco emotivo già visto mille volte.
In genere la narrazione è incredibilmente asciutta e ben scritta e il pendolo che oscilla tra cinismo-ipocrisia-sentimentalismo-ipocrisia-cinismo-ipocrisia… non gira a vuoto per strappare un’emozione allo spettatore e reiterare il reiterabile di un mondo a vario titolo e tutto sommato sempre confortante, ma riproduce in modo fedele alcune delle situazioni reali di una società estremamente contraddittoria, dinamica, ma priva di cognizione sul futuro e la sua rotta.
Inoltre e a onor del vero va anche detto che alcune battute sono semplicemente memorabili e valgono da sole il tempo impiegato davanti alla tv, eccone una selezione: Rick rutta mentre parla, ma Morty che ripete cinque volte “what” vale da solo una risata, Il Dio degli Alberi, Tu Passi il Burro, Grazieeee!, Simple Rick.
Sotto l’apparenza di una perenne barzelletta zozza reiterata all’infinito, e un amore distinto per la coprolalia e il bizzarro, il cartone offre una visione di molte delle inquietudini sorte in seno a chi non ha mai conosciuto un mondo senza internet, senza motori di ricerca, senza youtuber e social, dove tutto è a disposizione, che a ben vedere ama più gli sconosciuti che le celebrità e che ha modo di apprezzare l’incredibile nonsenso di una società in cui ti si mette in guardia in due lingue da ogni rischio, pavimento bagnato, “piso mojado…” ma dove si va a scuola consapevoli di poter essere colpiti da una pallottola e certi che se ciò avvenisse una mandria di vecchi babbei farebbe di tutto per spostare l’attenzione dalla sofferenza delle vittime e delle loro famiglie su tutto quello che possa garantirgli di non perdere oggetti feticcio a cui tiene particolarmente.
Si cresce in un posto dove ci si indebita per fare qualcosa di ritenuto virtuoso come studiare, con l’obiettivo di avere un lavoro remunerativo, che non arriva e che se arriva si esegue al meglio per non venire citati in tribunale. Ma alla fine un’operazione chirurgica ben riuscita è un successo sia che il chirurgo sia gay che eterosessuale, sia che abbia fatto il suo lavoro per adesione ideologica al giuramento di Ippocrate e per amore dell’umanità, sia che lo abbia fatto per evitare di pagare i danni in caso di negligenza e pagarsi costose vacanze.
I giovani di oggi non navigano nel multiverso, come fanno R&M, ma internet è altrettanto ricca, sconfinata, caotica, ingestibile e folle quanto lo è quel multiverso, e loro sono figli suoi e del suo tempo più di quanto siano figli dei loro petulanti e immaturi genitori (noi), spesso separati, e della loro stenta educazione di facciata, politicamente corretta. Stando a certe statistiche e sondaggi, i ragazzi di oggi preferiscono l’isolamento alla cooperazione, o per lo meno la gestione autonoma di tempi e risorse, ma non sono davvero isolati, anche quelli nei posti più sperduti e remoti possono fruire di molto in comune con tutti gli altri, si tengono al corrente, e uno spirito pure comune li unisce, una visione del mondo disincantata fornita dalle nuove scoperte scientifiche li forma e finirà per avere il suo peso.
La società americana cambia rapidamente, ogni dieci anni in modo apprezzabile, alcuni problemi si risolvono, altri ne sorgono; oggi il bullo a scuola viene liquidato in due secondi da un Rick che ha di meglio da fare che dedicargli tempo, nei Simpson Nelson è stato una costante per anni ed anni. E R&M spazia su una serie incredibile di topici di oggi, tralasciando quelli di ieri, si parla di politica, alcolismo e dipendenze, sentimenti, senso della vita e struttura dell’esistente, relazioni interpersonali; molti dei temi, così come trattati, ritengo siano incomprensibili per le generazioni più risalenti, quelle, per intenderci, di quei tipi bislacchi che magari si “attivano per ripulire la città”, vogliono usare i social e si indignano, dipingono e quindi si atteggiano alla Dalì, non la finiscono col volerti mostrare i “bellissimi scorci segreti tutti a un tiro di schioppo”. Non credo che tali soggetti sarebbero nemmeno in grado di letteralmente discernere cosa sta succedendo nella storia e quale sia il plot, a volte veramente geniale, cosa vogliano dire anche a livello più semplice e meccanico le scene che si sviluppano o cosa significhino alcuni del termini usati.
R&M è un cartone necessario, che finalmente applica ed estende a un punto di vista umano e concreto alcune delle conseguenze dell’attuale rappresentazione della realtà e dell’universo che non possiamo far finta di ignorare ancora per molto.
Il protagonista più che uno scienziato è una specie di Dio ubriaco e lascivo, quello che si merita il caos dove viviamo; è malinconico e di umore nero, il suo alcolismo non è davvero divertente, né qualcosa di cui vantarsi come magari farebbe un Generazione X o vergognarsi come farebbe suo padre Baby Boomer, è semplicemente un brutale dato di fatto: il presidente nero non è un eroe, una ragazzina ritiene con disarmante nonchalance che una conversazione da party possa vertere sul suo interesse per i video di bukkake.
Insomma, l’universo è troppo vasto e vario per avere ordine e senso, ma pure per rispettare o avere interesse e tempo da perdere per il suo stesso contenuto e le sue creature, qualunque cosa facciano o dicano, e universi interi, magari paradisi e inferni compresi, sono creati o distrutti solo per risolvere un problema pratico come ricaricare una batteria scarica, come vite ormai innumerevoli si spengono senza senso quotidianamente nel mondo reale per capriccio.