Il lago dei cigni – Interviste a Francesco Micheli, Marino Neri e Alessandro Ferrari

Dimensione Fumetto presenta uno speciale in tre parti dedicato a Il lago dei cigni, il capolavoro di Pëtr Il’ič Čajkovskij che dal 1877 non smette di affascinare le platee di tutto il mondo e gli artisti di tutte le discipline, fumetto e animazione incluse.

In questo terzo e ultimo articolo: interviste agli autori del volume ibrido Francesco Micheli racconta “Il lago dei cigni” di Pyotr Ilyich Ciajkovskij con la Filarmonica della Scala.


Quest’anno le storiche Edizioni Curci hanno dato alle stampe due volumi “ibridi” di non semplice catalogazione, a metà strada fra il libro illustrato d’intrattenimento per bambini e la didattica musicale di più alto livello: Concertosa – Il fantaregno della musica e “Il lago dei cigni” di Pyotr Ilyich Ciajkovskij.

Il primo è un innovativo «libro multimediale ad alta accessibilità» scritto da Sara Culzoni su soggetto di Gianni Rodari, illustrato da Cristina Portolano e realizzato con il supporto della Fondazione Toscanini, mentre il secondo è un libro+audiolibro del regista teatrale Francesco Micheli, basato sull’omonimo balletto e realizzato insieme all’illustratore e fumettista Marino Neri per la parte cartacea, e al maestro Alessandro Ferrari con l’Orchestra Filarmonica del Teatro alla Scala di Milano per la parte ascoltabile. In entrambi i casi si tratta di iniziative editoriali di grande valore sia editoriale sia educativo per i loro giovani lettori (più piccoli nel primo caso, più grandi nel secondo).

DF incontra qui in tre autori del volume dedicato a Il lago dei cigni per parlare dei legami fra musica e fumetto e di come questi possono migliorare l’alfabetizzazione culturale delle nuove generazioni.

L’autore desidera ringraziare le Edizioni Curci per la collaborazione e gli intervistati per la disponibilità.


Francesco Micheli

Francesco Micheli è nato a Bergamo nel 1972. Laureato in Lettere Moderne e diplomato alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, ha sviluppato la sua carriera da una parte come direttore artistico di manifestazioni di rilevanza internazionale; dall’altra come regista in Italia e all’estero, senza trascurare la formazione, l’insegnamento e l’ideazione di progetti innovativi sempre in ambito operistico. Già direttore artistico del Macerata Opera Festival (2012-17), dal dicembre 2014 lo è del festival Donizetti Opera di Bergamo. Autore di spettacoli, format teatrali e di libri, l’attività divulgativa lo ha visto impegnato con Sky Classica, Sky Arte, Rai 1. Nel 2017, con Elio, ha scritto L’opera è polvere da sparo, edito da Rizzoli.

Fotografia di Francesco Micheli.

Il volume è fortemente autobiografico. Credi che le situazioni di isolamento (reale e mentale) che tu e Čajkovskij avete vissuto e che hai descritto nel libro siano ancora diffuse fra i giovani, o credi che la società stia diventando pian piano più tollerante verso coloro che non sono conformi alle aspettative familiari, sociali o sessuali?

Il mondo è in continua trasformazione e sempre più evidente si avverte lo scarto generazionale nel corso del tempo. Tuttavia l’esperienza pandemica ha creato un colossale denominatore comune… dall’alto dei miei 49 anni ho pensato ai bambini e agli adolescenti che, come me e come tutti, stavano vivendo una così pesante reclusione. Istantaneo il ricordo della mia infanzia e adolescenza, tornando a quando mi sentivo prigioniero in camera mia, sebbene nessuno mi avesse richiuso lì dentro.

Credo perciò che l’isolamento sia innanzitutto uno stato dell’anima così forte che è importante scrivere e urlare a chiunque pensi di essere una mosca bianca… o una pecora nera: non sei solo! Io ci ho messo molto tempo a lottare contro la solitudine, in parte anche accettandola come una condizione fondamentale della nostra identità.

Per fortuna nella nostra società molti passi in avanti sono stati fatti affinché ognuno sia libero di essere ciò che vuole. Tanta tanta strada ancora da compiere: gli innumerevoli casi di violenza e suicidio sono un memento da tener sempre presente.

Le fiabe come Il lago dei cigni sono storicamente portatrici di valori e morali e lezioni di vita: qual è la tua fiaba preferita e perché?

Il brutto anatroccolo, senza dubbio. La vicenda è ben altra rispetto a Il lago dei cigni, ma la presenza di questo meraviglioso pennuto in entrambi i racconti mi avvince. L’anatroccolo ci ricorda che ognuno di noi ha dentro la creatura splendida che desidera essere; la fiaba del Lago ci dice altresì che angelo e demone, luce e oscurità, bellezza e aberrazione abitano dentro di noi. Come far convivere questi due opposti è la vera storia che ognuno di noi deve scrivere con la propria esistenza.

Da anni ti prodighi nel tuo lavoro per avvicinare il più possibile i giovani all’opera: credi che il linguaggio del fumetto potrebbe rappresentare un valido alleato in questa missione?

L’esperienza del nostro Lago mi ha portato ad amare ancora di più la pagina di un libro. Io sono un uomo di teatro e l’esperienza del rapporto artista-spettatore resta per me unica. L’impossibilità di vivere ogni contatto umano diretto nei mesi scorsi mi ha portato a cercare altre forme di comunicazione: i social, i podcast… tutto bellissimo, ma l’ebrezza di come il disegno possa tradurre in forma sintetica la potenza del gesto teatrale è potente. Il fumetto è teatro bidimensionale e immortale. Adoro!


Marino Neri

Marino Neri è illustratore e fumettista nato a Carpi nel 1979. Nel 2012 ha vinto il Premio Nuove Strade al Napoli Comicon come miglior talento emergente. Ha pubblicato diverse graphic novel tradotte anche all’estero: fra gli ultimi Cosmo (Coconino Press Fandango, 2016), L’incanto del parcheggio multipiano (Oblomov Edizioni, 2018) e Nuno salva la Luna (Canicola, 2019), candidato al premio Andersen 2020 come miglior fumetto per bambini. Le sue illustrazioni sono apparse su diversi quotidiani e riviste: da Il Sole 24 Ore a Internazionale, da Le Monde a linus, e sulle copertine delle case editrici Feltrinelli e La nave di Teseo.

Fotografia di Marino Neri.

Nei suoi 150 anni di storia Il lago dei cigni ha ricevuto innumerevoli versioni e interpretazioni grafiche: che percorso creativo hai svolto per trovato la tua? Hai utilizzato delle fonti o ispirazioni specifiche? Ci sono altre versioni illustrate della storia che ti piacciono?

L’approccio è stato subito trasversale: i miei disegni non dovevano semplicemente illustrare la fiaba, ma un intreccio fra la leggenda, il racconto di Francesco Micheli e parti della biografia di Čajkovskij.

Volutamente non ho guardato molto alle altre interpretazioni illustrate de Il lago dei cigni. Un modo per approcciarsi in maniera pura al tema, sopratutto quando si tratta di un classico, è tradirlo: il nostro Siegfried, appunto, ha una felpa con il cappuccio. Devo dire che in questo caso ho potuto farlo senza timore anche perché guidato dalle sapienti mani di Francesco Micheli, il libro è stato costruito un po’ come se fossimo stati tutti sul palcoscenico, ognuno con il proprio ruolo, dal grafico a io che illustravo le scene. È stata una esperienza avvincente: il fumetto e il teatro hanno una parentela molto più stretta di quello che normalmente si pensa.

Nel 1959 il film d’animazione Disney La bella addormentata nel bosco proponeva una lettura grafica particolarmente sontuosa dell’omonimo balletto di Čajkovskij, la tua versione al contrario è particolarmente asciutta: è una differenza dovuta al medium o al tipo di approccio?

Ho uno stile asciutto, cerco sempre di interpretare le cose attraverso una sintesi. Ora, questo stile o approccio può variare da storia a storia, ma quando vengo chiamato per illustrare un libro quasi sempre l’editore o l’autore sanno che da me avrà un certo tipo di trattamento. Il mio stile “calligrafico” si adatta bene a questo libro dove i diversi piani narrativi devono fondersi assieme, il segno può giocare con la tipografia e una pagina bianca farsi di colpo nera come se si spegnessero le luci sul palcoscenico.

La fiaba del Lago si presta a essere interpretata nella schiettezza di una bicromia potente, è una vicenda piena di chiaroscuri, onirica e densa, in una parola: contemporanea!

Dopo Nuno salva la Luna e questo volume su Il lago dei cigni, quale altro lavoro (o tipo di lavoro) per i più giovani ti piacerebbe affrontare?

Sono stato un lettore sin da bambino e conosco il fascino che può scaturire da una pagina scritta o disegnata. Al momento non ho nuovi progetti, ma sono sempre alla ricerca di una storia o un’idea da poter dedicare ai giovani lettori il più presto possibile…


Alessandro Ferrari

Alessandro Ferrari è nato a Milano nel 1962. Si è diplomato al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano in violino, in pianoforte e in composizione col maestro Giacomo Manzoni, e nel 1983 è entrato nell’organico dell’Orchestra e della Filarmonica del Teatro alla Scala come violinista. Fra i suoi lavori come compositore si trova musica da camera, da balletto e anche una sinfonia ispirata a J.R.R. Tolkien. Larga parte della sua attività è dedicata alla direzione: ha collaborato con numerose orchestre in Italia (Orchestra Coccia di Novara, Sinfonica della Val d’Aosta, Filarmonia Veneta, Stabile di Bergamo) e all’estero (Royal Philarmonic Orchestra nel Regno Unito, Simon Bolivar Symphony Orchestra in Venezuela, Tokyo Symphony Orchestra in Giappone), in particolare concentrandosi sulla musica per l’opera e per il balletto.

Fotografia di Alessandro Ferrari.

Il Teatro alla Scala vanta un folto numero di spettatori giovani e giovanissimi, ma la situazione non è la stessa in tutte le realtà italiane. Credi che l’alfabetizzazione alla musica dovrebbe essere lasciata alle famiglie, o che la scuola, i teatri e gli enti pubblici o privati dovrebbero intervenire il più possibile?

Credo che “l’alfabetizzazione” musicale debba cambiare. Al giorno d’oggi si crede che la musica classica sia fruibile solamente da un pubblico “colto” o di un’altra epoca data l’obbligatoria compostezza richiesta nelle sale da concerto. Forse è l’impronta della nostra attuale società a essere anomala per questo genere di spettacolo o forse è il mondo classico a essere rimasto indietro rispetto al mondo moderno. Con molta probabilità manca un anello di congiunzione tra i due mondi dove, nell’immaginario collettivo, si crede che ormai siano separati da un vuoto quasi incolmabile.

Avvicinarsi alla musica “classica” è una cosa più che naturale per un bambino che studia uno strumento (violino, violoncello, clarinetto…), il quale poi si trova automaticamente inserito in questo linguaggio a lui divenuto naturale. Allora tutti i bambini dovrebbero studiare uno strumento? Sì! Studiare uno strumento significa sacrificio, dedizione, serietà e forma mentis. Ma chi ha voglia al giorno d’oggi d’impegnarsi così tanto oltre ai numerosi impegni scolastici? Ecco che subentrano le realtà musicali, teatrali, coreografiche, che hanno il dovere di rendere piacevole la conoscenza di questo “mondo parallelo” tanto vicino ai più comuni sentimenti quanto lontano nella mente dei più. Compito arduo questo per gli abitanti del fantastico mondo musicale.

Occorre levare quella paurosa parola forse impolverata chiamata “classico” e renderla più vicina ai giovani che si intimoriscono solo al sentirla. Compito non facile, ma certamente auspicabile.

Hai diretto spesso musica per balletto: qual è il tuo preferito e perché?

Il balletto in assoluto da me più diretto è stato Lo schiaccianoci di Čajkovskij. È il balletto per eccellenza che, anche se si è soliti ascoltarlo durante il periodo natalizio, porta in sé quella magia che solo quella musica può creare. Credo che la fantasia sia la chiave di lettura più idonea e capace di unire il mondo reale dei giovani al mondo della musica “classica”. Non bisogna mai smettere di fantasticare con la mente perchè solo chi ha fantasia resta sempre giovane. Un po’ come il fascino dei racconti fiabeschi dei nonni di vecchia generazione, il filo dorato che lega il cuore di ognuno di noi indipendentemente dalla nostra età anagrafica.

Nel film Il cigno nero il personaggio di Natalie Portman dice che il balletto è bellissimo, solo che non è per tutti e va capito. Credi che abbia ragione e che il balletto sia un genere musicale “ostico”, che necessita maggiore attenzione e fatica da parte dello spettatore? In questo senso, un libro come il vostro è utile per attirare potenziale pubblico verso il balletto?

Pur avendo diretto molti balletti, non sono sinceramente un tecnico della danza. Ma la musica che ancora una volta lega questi mondi distanti permette a noi, semplici esecutori di musica, di poter dialogare con i tersicorei e parlare la loro stessa lingua. Sì, certamente la musica è il linguaggio universale per eccellenza.


[ Il lago dei cigni in fumetto, illustrazione e animazioneFrancesco Micheli racconta Il lago dei cigniInterviste agli autori ]

Mario Pasqualini

Sono nato 500 anni dopo Raffaello, ma non sono morto 500 anni dopo di lui solo perché sto aspettando che torni la cometa di Halley.

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