Black Widow – La recensione in anteprima
Previsto per aprile 2020, arriva con più di un anno di ritardo il film che apre ufficialmente la Fase 4 del Marvel Cinematic Universe: Black Widow esce nelle sale il 7 luglio e in streaming su Disney+ il 9 luglio (con accesso VIP), e porta le lancette indietro fino al 2016 per raccontarci cosa è successo a Vedova Nera tra Captain America: Civil War e Avengers: Infinity War.
Sempre interpretata dalla bravissima Scarlett Johansson, in quest’ultimo film Natasha Romanoff si è ritirata in Norvegia, ancora provata dagli eventi della guerra civile che ha spezzato i Vendicatori. Mentre tenta di elaborare il lutto dei legami perduti, il suo passato riaffiora violentemente, riportandola fino a ventuno anni prima, quando venne reclutata nel programma Vedova Nera. Ed è proprio da quella temuta Stanza Rossa, il luogo che ha formato Natasha e le altre vedove, che arriva una nuova minaccia e costringe la nostra eroina a una forzata riunione di famiglia con la sorella Yelena (Florence Pugh), la madre Melina (Rachel Weisz) e il padre Alexei (David Harbour).
Mentre Vedova Nera fa ordine con i suoi legami affettivi, la regia di Cate Shortland si barcamena tra tante scene d’azione e un dolce odore di spionaggio, senza toccare neanche per un secondo gli ambienti fantastici e cosmici delle atmosfere tipiche degli Avengers. Il superpotere di Natasha, d’altronde, è la scaltrezza: qualcosa che nulla ha a che vedere con quegli effetti wow-factor che costellano i cinecomic. Tuttavia, il film si regge benissimo anche viaggiando nel solo registro della lotta corpo a corpo e degli inseguimenti: uno spy movie in piena regola che trova le sue similitudini in grandi classici come Mission: Impossible e The Bourne Identity, più che in altri film di supereroi.
Il cast è ben affiatato e restituisce un’interpretazione naturale e convincente; Scarlett Johansson (che ha all’attivo un Tony Award e diverse candidature ai Golden Globe e agli Oscar) è ormai totalmente a suo agio come Natasha, un ruolo letteralmente a sua misura, ma anche Florence Pugh (già vista in Piccole donne) e David Harbour (direttamente da Stranger Things) rivelano un’alchimia più che piacevole sullo schermo. Un po’ meno incisivo il ruolo di Ray Winstone come Dreykov (per non dire quasi dimenticabile), mentre Rachel Weisz è sicuramente credibile, ma appare un po’ distaccata dal resto del cast.
Anche quando presenta scene forti, Black Widow viaggia comunque nei binari della comfort zone. Il suo più grande difetto, infatti, è di non osare più di tanto; errore dovuto, forse, alla sua natura di prequel, che gli impedisce di stravolgere troppo degli status quo già consolidati nella continuity Marvel. Questa mancata ostentazione priva il film di un vero momento cult, di un colpo di scena realmente impressionante, che forse spingerà gli spettatori a dimenticare la pellicola facilmente. Perché sì, nel film funziona tutto a dovere, ma i cultori di cinecomic sono affamati di emozioni forti e la mancanza di quel tipo di scene potrebbe rivelarsi un handicap per il successo. Oltretutto, la collocazione temporale passata non incoraggia il nostro interesse per un personaggio che ha esaurito la sua utilità nella continuity attuale.
In definitiva, Black Widow avrebbe senza dubbio funzionato molto di più se lanciato nel suo contesto storico e non anni dopo aver digerito un’esperienza collettiva così incisiva e catartica come Endgame che, di fatto, ha esaurito un poco l’hype verso quei personaggi – e in special modo per Vedova Nera, che è anche morta nel frattempo. A vederlo ora sembra di aver recuperato un film che ci eravamo persi per strada, piuttosto che un nuovo fiammante tassello del MCU, e anche la totale e imbarazzante assenza di uno qualsiasi degli altri eroi sembra avvalorare questa sensazione. Resta ugualmente un film godibile e appagante, senz’altro coerente con il personaggio e tanto dovrebbe bastarci per uscire dalla sala felici. Ovviamente non prima della fine dei titoli di coda…