Bianciardi – La vita (agra) di uno scrittore non abbastanza ricordato
Uno spaccato sulla storia di Luciano Bianciardi, scrittore grossetano che ha percorso gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso con le difficoltà dell’Italia post-bellica.
Devo ammettere che prima di vedere la copertina di questo fumetto, conoscevo Luciano Bianciardi solo di nome. Per averlo sentito citare nella trasmissione radiofonica Fahrenheit, per lo più.
Perché pur avendo pubblicato, in una carriera relativamente breve, un buon numero di opere, è stato uno scrittore specificatamente figlio del suo tempo. Quello di un dopoguerra spesso amaro. Ma anche con un grande anelito di partecipazione.
E forse noi boomer abbiamo un po’ bypassato questi autori, che erano troppo vicini per essere storia della letteratura, e troppo lontani per chi, come me, cresceva negli anni ’80, con i robottoni e le TV private.
La fiducia però nei lavori proposti da Kleiner Flug è stata tale da indurmi a leggere questa sua biografia a fumetti, intitolata semplicemente Bianciardi, e ad approfondire.
Il fumetto è stato pubblicato in occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita dello scrittore, avvenuta il 14 dicembre 1922, con il contributo della fondazione che porta il suo nome.
La casa editrice toscana, come dice il sito della stessa, è «specializzata in graphic novel con al centro le biografie di artisti illustri, personaggi storici e adattamenti letterari e teatrali». In particolare sta collaborando con molte istituzioni italiane, pubbliche e private, per tradurre nel linguaggio della nona arte la vita di tanti autori, più e meno noti, e tante storie, più o meno reali, legate a doppio filo ai territori. Della Toscana, ma non solo.
In questo caso, i territori del grossetano e della Maremma.
Questo fumetto si inserisce proprio in questo percorso, visto che è prodotto con la collaborazione della Fondazione Bianciardi e della Regione Toscana.
Bianciardi è stato uno scrittore nato nel primo dopoguerra e che ha raggiunto la maturità nel secondo, trovandosi a vivere l’età adulta in un periodo di grandi cambiamenti, compreso quello bellico, e in cui la cultura italiana, come tutto il Paese d’altronde, doveva capire in che direzione andare. Bianciardi ha fatto parte della generazione dei Calvino e dei Pasolini, condividendone e a volte anticipandone le tematiche. E di questi tre è stato quello che più rapidamente ha esaurito il suo percorso, artistico e di vita.
Come scrivono nella postfazione il presidente e la direttrice della Fondazione, il fumetto assume un senso perché ha la sua specificità mediatica, sintetizzando la biografia reale dello scrittore con il suo principale romanzo (autobiografico).
[La trasposizione fumettistica è u]n’operazione che ha ragione di esistere a patto di non smarrire il senso che la sua opera ha ricavato dall’essere calata in quel determinato momento della storia italiana, politica, sociale e culturale, ma cercando comunque i modi giusti per renderla ancora attiva oggi, affiancando agli strumenti canonici legati al mondo della letteratura, studi, convegni, approfondimenti testuali, altri canali dotati di maggiore fruibilità e capaci di intercettare uno spettro ampio di destinatari.
All’interno della vasta gamma di tali possibilità, il modello del graphic novel presenta caratteristiche di eccellenza.
Vediamole, allora, queste specificità e caratteristiche di eccellenza (è bello veder confermare da illustri studiosi quello che noi andiamo professando da anni).
Il fumetto sicuramente è più immediato di un testo scritto in prosa, e può essere ripreso, anche andando a cercare la parte interessante tra le pagine trovandola immediatamente, sfogliando il volume, grazie alla possibilità per l’autore di variare la gerarchia grafica delle immagini. Cosa che per un film o un prodotto solo visuale non è facile. Allo stesso modo può utilizzare un registro grafico specifico, e utilizzare i testi scritti, insieme al tratto grafico, giocando sulla sintesi o sulla prolissità.
Tutte queste caratteristiche si ritrovano nell’opera di Testi e Ferrara.
Pur senza nascondere il dramma di una esistenza che appare faticosa e un po’ autolesionista. Anche perché segnata da tanti episodi complessi.
Come spesso accade nelle biografie, non si rispetta l’ordine cronologico dei fatti, ma questi vengono “ordinati” nell’opera per rendere percepibili al massimo gli aspetti della vita e dell’opera del soggetto trattato che vogliono essere messi in evidenza.
Così si parte da un Bianciardi nella parte finale della sua vita. Già più vecchio dei suoi 49 anni. E si saltella all’indietro e in avanti, espandendo e allargando, citando solo le persone necessarie agli aspetti da evidenziare, e trascurandone molte altre. Anche molti aspetti della vita dello scrittore sono stati taciuti o appena sfiorati. Sempre dalla postfazione:
si pensi all’intensa attività giornalistica, alla grande passione per il Risorgimento, […] all’interesse per il mondo dello sport.
Tutto per mettere in evidenza forse maggiormente il male di vivere che ha portato Bianciardi a una sorta di autodistruzione.
Il bullismo subito da ragazzino, la guerra, i legami con la classe operaia, specie con i minatori, e con Carlo Cassola, la politica e gli amori, una tensione continua tra egoismo, a volte ai limiti dell’egotismo, e apertura. Manca invece l’amore per lo studio, visto il percorso all’interno della Scuola Normale.
Sono questi i temi che mi sembra maggiormente di cogliere, insieme a una profonda insoddisfazione, che spesso travalica i limiti della frustrazione. Per la mancata realizzazione di sé dal punto di vista professionale e personale, per il non riuscire a incidere significativamente su quello che lo circonda, per non riuscire a proteggere i propri affetti e i propri valori. Ne esce un ritratto amaro, disilluso, con dei momenti di tenerezza e, talvolta, di allegria, che interrompono lo stanco ticchettio della macchina da scrivere, o di un orologio.
Questo ticchettio sembra fare un po’ da sottofondo a tutto, a volte esplicitamente, a volte solo nella testa del lettore.
Come un conto alla rovescia, quasi che Bianciardi riesca, con il passare inesorabile del tempo, a far uscire dalla sua vita tutto quello che c’è di bello. La moglie e i figli, anche la relazione con Maria Jatosti, la notorietà raggiunta con La vita agra.
E il fumetto sottolinea in tutte le sue parti queste visioni e questa fatica del vivere. Questa tensione autodistruttiva. Con la scelta di quali aspetti della vita dello scrittore raccontare. Con i dettagli a cui fa riferimento. Con una grafica adeguata e funzionale.
La tricromia che sovrappone al bianco del foglio un nero quasi blu scuro, un grigio bluastro, e un rosa quasi tendente al viola. Quasi come se i colori fossero virati un po’ al blue, inteso nel senso anglofono di triste, depresso.
I retini tipografici spesso si sovrappongono. La gabbia delle pagine è incostante, talvolta quasi disordinata, e le splash page sottolineano (creando delle vere e proprie cesure) i passaggi importanti. Le bare dei minatori morti a Ribolla, la nascita di un nuovo amore, fino alla crisi definitiva che lo ha portato alla morte. Spesso interrompono sequenze rapide, quasi spasmodiche.
Un tratto, quello di Giulio Ferrara, a cavallo tra il realismo e una rappresentazione più onirica. Che pure riporta nel fumetto alcune delle foto più famose che hanno visto Bianciardi come soggetto, ad esempio quella di Ugo Mulas.
Chiudendo la sua esperienza come aveva immaginato ne La vita agra. Con un senso profondo di abbandono e di solitudine. Come lo era stata la gran parte della sua vita. O per lo meno come Bianciardi ce l’aveva trasmessa.
Io voglio un funerale all’antica, io l’ho scritto nel testamento, un funerale laico, ma d’una certa solennità. Laico, ma tradizionale. Non ci voglio i preti, ma gli ex preti ce li voglio, ci voglio quelli che hanno buttato la tonaca alle ortiche e si sono fatti comunisti, pur restando preti nell’animo. Ne voglio quattro, di questi preti spretati e togliattizzati, e poi voglio due cavalli neri col pennacchio in capo. […] Deve essere un bel funerale. Dietro venga chi voglia, tranne le segretariette secche. Loro no. Poi si scordino pure di me, ma il funerale lo esigo bello, solenne e, come ho detto sopra, laico. La vita agra
Un bel fumetto, che sottolinea con forza, anche attraverso i tanti espedienti grafici, una vita piena di delusioni e di relazioni quasi sanguinose.
Un personaggio aspro e spigoloso, come aspri e spigolosi sono i disegni che lo hanno descritto.
E che ci hanno dato modo di ricordarlo.
Niccolò Testi, Giulio Ferrara
Bianciardi
Kleiner Flug, 2023
112 pagg., colore, brossurato, 24×17,2 cm, €16.00
ISBN: 978-88-94950-91-5