Back to Basics – Superman
Torna la nostra rubrica che rilegge le prime storie in assoluto di personaggi storici, per riscoprirne le caratteristiche originarie. Questo viaggio nel passato di Superman è una sorpresa assoluta: seguiteci quindi, perché qualsiasi sia la vostra opinione sull’Uomo d’Acciaio, dopo questo articolo non sarà più la stessa
In questa rubrica andiamo a rileggere i primi albi di personaggi storici, per scoprire qual era il loro concept iniziale, e quanto siano cambiati nel tempo. Dopo il primo articolo, che si è occupato dell’Uomo Ragno, saltiamo nel lontano 1938 a dare uno sguardo al capostipite del genere supereroistico, il Superman di Jerry Siegel e Simon Shuster!
Andare a leggere i primi 4 albi di Action Comics, la collana antologica che ospitò, nel lontanissimo 1938, le prime storie di Superman, è stato un vero e proprio viaggio nel tempo, e un’esperienza da fare. Certo, forse è più facile inventare su due piedi una macchina del tempo, piuttosto che reperire quegli albi in una forma decente!
Così, mentre le potenze Europee, a Monaco, si mettevano a novanta gradi davanti all’espansione territoriale di Adolf Hitler, negli Stati Uniti due giovani autori di origini ebree davano il via alla prima tessera di un domino che avrebbe portato miliardi di dollari nelle tasche di un sacco di gente, tranne che le loro. Scopriremo che furono capaci, in anni duri, di proporre storie coraggiose, rivoluzionarie e senza tempo; e che il Superman che ne esce fuori è un eroe molto diverso da quello che molti immaginerebbero.
Cominciamo da Action Comics #1, l’unico di questo periodo che sia mai stato tradotto in italiano: le immagini qui riportate sono tratte dal numero 14 dei Classici del Fumetto di Repubblica (ah, la vecchiaia!)
Le origini del personaggio differiscono da quelle che conosciamo per alcuni passaggi fondamentali.
Niente famiglia Kent: il piccolo Superman viene raccolto da un motociclista di passaggio, che lo smolla in un orfanotrofio. Lì dimostra subito la sua straordinarietà, che gli deriva da milioni di anni di evoluzione in più rispetto alla nostra: i suoi superpoteri sono molto più terra terra di quelli a cui siamo abituati.
Niente vista calorifera, soffi congelanti o volo. Superman è forte, veloce e dotato di una moderata invulnerabilità (ma guai a farsi beccare da un proiettile esplosivo!). Come che sia, Clark Kent (non ci viene data alcuna spiegazione del perché l’alieno abbia questo nome) decide di mettersi un costume.
Bisogna notare la scelta delle parole: Superman non è il difensore dell’umanità, o del pianeta Terra, ma il difensore degli oppressi (oppressed, in originale). Come direbbe Moretti, le parole sono importanti, e questa non è scelta a caso. Il temine oppresso non è neutrale né indica i deboli in generale: indica una categoria di persone che, secondo il dizionario Gabrielli, è «sottoposto ad angherie, chi è costretto a subire vessazioni, a sottostare al più forte: la liberazione degli oppressi». È un termine eminentemente politico e morale (il Catechismo cattolico parla della oppressione dei poveri come il secondo dei quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio). Sono oppressi i popoli, nella loro libertà e nella loro felicità.
Questi ragionamenti li facciamo a ragion veduta e con il vantaggio dello spoiler, visto che abbiamo già letto i numeri successivi: ma lasciamo che siano Siegel e Shuster a spiegarci cosa intendono.
In prima battuta, troviamo Superman animato da una furia di giustizia molto poco politicamente corretta. Il nostro arriva nei pressi di una lussuosa villa tenendo prigioniera una figura di cui non sappiamo ancora niente.
È la villa del governatore, con cui Superman ha fretta di parlare. Il maggiordomo gli intima di tornare il giorno dopo, ma Superman è categorico e irruento.
Sottolineiamo che stavolta il maggiordomo non è l’assassino: è un maggiordomo, e basta. Superman ha ben poco bonton, e pochissimo rispetto per la proprietà privata.
Alla fine scopriamo qual è il motivo di tanta fretta: da qualche parte un innocente sta per finire sulla sedia elettrica. La persona che Superman portava all’inizio della scena era il vero colpevole, e solo il governatore poteva fermare l’esecuzione in tempo. Il ritratto che ne emerge è quello di un eroe dai modi spicci, in qualche modo rude, per niente incline al sorriso. Le ombreggiature di Shuster danno un tono estremamente dark alle tavole, riempiendo le vignette di un’oscurità avvolgente.
Il caso di cui si occupa in seguito è ancora più emblematico dell’estrema modernità del pensiero di S&S. Al Daily Star, Kent riceve una segnalazione (sospendiamo l’incredulità, è pur sempre il 1938):
È un affare da Superman? Sicuramente, ma la cosa non è affatto scontata. La cultura maschilista negli Stati Uniti era, a quell’epoca, granitica, e molto più capillare di quella altrettanto detestabile del segregazionismo razziale. Che picchiare la propria donna fosse un’azione sbagliata non era propriamente pacifico, negli Stati Uniti di quel tempo. S&S, fanno una vera e propria dichiarazione politica nelle seguenti vignette.
Le donne appartengono alla categoria degli oppressi: quanto è attuale questa considerazione?
D’altra parte il femminismo di S&S è evidente anche dal personaggio di Lois Lane, che nasce in questo stesso primo numero. Un personaggio che, per l’epoca, e per la concezione della donna, è davvero un pugno in faccia al sentire comune.
Già il fatto che Lois sia una donna che lavora in un giornale, piuttosto che una moglie e madre e casalinga, è una dichiarazione d’intenti. Pensate alla svenevole e irritante Sue Storm di vent’anni dopo di Stan Lee per capire la differenza: Lois è ironica e forte, e quando accetta l’invito di Clark lo dimostra con poche efficaci battute.
In seguito un paio di tipacci le mettono gli occhi addosso e Clark è costretto a fingersi debole per proteggere la sua identità segreta (il perché di questo comportamento ce lo racconta Bill in Kill Bill parte 2):
Lois si toglie dagli impicci da sola, mollando uno schiaffone e andandosene guidando la macchina (da donna emancipata qual è). I cattivoni se la prendono e la inseguono, e lì interverrà Superman sbatacchiandoli un po’.
Non so voi, ma io mi sono innamorato di Lois Lane.
Sempre nello stesso numero, Clark scopre un senatore che si fa corrompere da un individuo per votare una non precisata legge che riguarda una piccola guerra tra due paesi sudamericani.
I metodi di Superman sono molto meno diretti di quanto siamo abituati. Agisce nell’ombra, non disdegnando di utilizzare l’inganno e la coercizione. Scopre così che il corruttore è un fabbricante di munizioni che vuole vendere e guadagnare denaro. La soluzione che adotta quel Superman lì è sorprendente e assolutamente non aderente a quello che conosciamo oggi.
Le prossime vignette sono tratte da Action Comics #2, tratte dal volume celebrativo del 75 anniversario della nascita di Superman, gentilmente fornitomi dal Direttore. Tenteremo una traduzione amatoriale per i non anglofoni.
Superman fa irruzione a casa del magnate delle armi e lo costringe a imbarcarsi per il paese in guerra, utilizzando un linguaggio crudo e minacce orrende. Che intenzioni ha?
Il miliardario si porta dei mercenari, con l’ordine di far fuori Superman. Non serve che vi dica che fine faranno. La nave approda a Santo Monte e Superman chiarisce finalmente il suo intento.
Superman costringe il miliardario ad arruolarsi, e per controllarlo si arruola a sua volta.
La risposta del miliardario è terribile. È la risposta di chi valuta il bene e il male in base al guadagno che ne ottiene. È una risposta così universale e così attuale da mettere i brividi; è un’idea di mondo abominevole ma dominante, e Superman sa bene che non si può abbattere a pugni. Egli escogita l’unico piano che può funzionare: la conoscenza. Porta il miliardario sotto le bombe, facendogli conoscere, vedere, e toccare ciò di cui è causa.
Superman si prende la briga di risolvere un altro paio di questioni (una delle quali, al solito, coinvolge il mio nuovo amore, Lois Lane) e poi torna a vedere cosa fa il nostro miliardario.
Ebbene, Superman non ha reagito alle conseguenze di una guerra, ma, in sostanza, l’ha sventata. Egli ha individuato nei soldati, e nei civili innocenti, gli oppressi che ha giurato di liberare e, con metodi poco ortodossi che comprendono il sequestro di persona e la minaccia, ha ottenuto giustizia. Non la giustizia di un tribunale, ma una forma di giustizia ancora più alta.
Porca la miseriaccia, quando abbiamo intrapreso questo viaggio nel passato, credevamo di annoiarci a leggere storie datate e banali. Queste storie meriterebbero un’edizione di lusso. Purtroppo questa edizione non c’è, e il prossimo (e ultimo) albo che andremo a esaminare è tratto da delle scan di albi in pessime condizioni. Ci perdonerete, ma questa è, in tutti i sensi, archeofumettologia!
Nel numero in questione, al Daily Star arriva una nuova segnalazione: alcuni minatori sono rimasti intrappolati da un crollo della miniera. Il dispositivo di allarme non ha funzionato. Kent si reca sul posto.
Kent si reca sul posto “travestito da minatore”. La scelta di non presentarlo in costume non può essere casuale: al di là del desiderio di anonimato, sembra anche questa una scelta politica di S&S: Superman non aiuta i minatori, ma prende le loro parti: c’è una bella differenza, come vedremo.
Fingendo di scivolare nel buco, Clark raggiunge i minatori e scopre cosa non va. Salvati i minatori, si presenta da uno di loro all’ospedale nelle vesti di Clark Kent.
Il minatore è un immigrato dell’est di nome Stanislaw Kober che non parla bene inglese. Le sue rivendicazioni sulla sicurezza del suo luogo di lavoro si sono scontrate con il ricatto più vecchio del mondo: vuoi lavorare, Stanislaw? Allora zitto.
Non vi ricorda qualcosa?
Kent va a parlare con il padrone della miniera.
Siamo alle solite, a quanto pare. L’arcinemico di Superman? Altro che Lex Luthor. Dategli voi un nome, a noi ne vengono un paio, ma meglio tacerli.
Quello che accade dopo è degno di un film di Bunuel. Kent si ritraveste da minatore e, quella notte, fa irruzione a casa del miliardario, che sta tenendo una festa. Si fa beccare e, alla domanda sul perché sia entrato, risponde:
Sembra un lunatico, Clark, mentre interpreta il minatore che sogna di fare la vita dei ricchi, e che infrange la legge anche solo per vederla una volta nella vita. Qui il boss ha un’idea, per ravvivare la festa che iniziava a languire. Inizia un discorso che, per come è pronunciato, da chi, in che occasione, e perché, mette i brividi addosso.
S&S non scrivono queste cose a caso: accentuare la divisione in classi, e mettere Superman nella metà dei poveri, dei derelitti, degli oppressi è il motivo per cui producono questo fumetto.
E per la gioia di tutti gli astanti, l’uomo propone di finire la serata tutti in miniera, e fare per divertimento quello che ad altri è costato la vita. Superman, ovviamente, accetta.
Dopodiché, indovinate un po’?
Fa crollare la galleria. Le scene di panico tra i debosciati ricconi si sprecano.
Non serve la traduzione, vero? Al miliardario viene in mente un’idea: il segnale d’allarme! Lo stesso che, ovviamente, non funziona a causa del fatto che lui è un uomo d’affari, non un operatore umanitario.
Cosa resta da fare?
Scavare, ovviamente. Ma è inutile, la roccia è troppa, anche se i minatori stessi, dall’altra parte, senza pensare a chi e perché, fanno quello che sanno fare: scavano per salvare vite (mi chiedo se S&S si siano ispirati a Germinal, di Emile Zola… e il fatto che questo fumetto mi faccia fare domande del genere è un sogno).
“Se solo potessi tornare indietro” afferma il boss nell’ultima vignetta, quando ha capito che morirà, “non avevo mai capito-capito davvero-quello che questi uomini devono fronteggiare quaggiù!”
Questo basta a Superman.
Superman libera tutti, e il boss, che ha davvero compreso, investe pesantemente sulla sicurezza, e gli stipendi, dei suoi minatori. Lo vediamo sorridere, alla fine, ed è un sorriso genuino, il sorriso di chi ha capito qual è la cosa giusta.
Qui concludiamo il nostro viaggio nel Superman delle origini. Action Comics tra qualche mese compirà l’invidiabile traguardo di 1000 albi: cosa resta oggi di questo Superman, difensore degli oppressi? Poco, purtroppo, troppo spesso occupato a combattere nemici immaginari come intelligenze artificiali, geni del male, alieni distruttori e bizzarri doppelganger, e troppo raramente con nemici reali come la disuguaglianza, la brama di denaro, l’ingiustizia. Oggi lo vediamo utilizzare mille poteri, raggi ottici e volo alla velocità della luce, e non più l’educazione all’empatia, per quanto un po’ violenta. Però comprendiamo perché allora fu un successo straordinario, oltre ogni possibile previsione; è quello che accade quando i fumetti sono stupendi e parlano di grandi ideali: persino nel 1938.
Pazzesco! Chi l’ avrebbe mai detto!!! E, come detto, questioni sempre attuali purtroppo!