Wednesday Warriors #17 – Da Conan agli Invasori
In questo numero di Wednesday Warriors: INVADERS #1, UNCANNY X-MEN #10 e CONAN THE BARBARIAN #1 e #2
In questo numero di Wednesday Warriors:
Bam’s Version
INVADERS #1 di Chip Zdarsky, Carlos Magno e Butch Guice.
Strano concept, quello degli Invasori. Non sono mai stati totalmente a loro agio nella categoria “supergruppo”, preferendo rimanere in un limbo di mutuale rispetto, amicizia e cameratismo. Mantenere questi rapporti sarebbe, inoltre, decisamente più facile se si potessero evitare i grattacapi causati dal Re di Atlantide…
É proprio Namor il protagonista di questo debutto, scritto da Chip Zdarsky nella sua piú recente avventura con i Difensori e ripreso in questa occasione. Sempre piú spinto dalla sua voglia di scatenare la guerra definitiva contro la superficie, Namor continua l’odissea attraverso la vastità dell’oceano, alla ricerca compulsiva di alleati. C’è qualcosa di storto e nevrotico, in Namor, Zdarsky lo sottolinea con il continuo confabulare del Re con il consigliere Machan e tramite azzeccati flashback, disegnati da Butch Guice, che ci riportano alla Seconda Guerra Mondiale e ci fanno rivivere i traumi del passato. Tocca a Carlos Magno, invece, il compito di portarci nel presente e mostrarci come se la cavano gli altri Invasori, preoccupati dalla crescente tensione tra Atlantide e il Resto del Mondo.
La presenza della Torcia, Jim Hammond, permette l’inserimento di un’interessante sottotrama, che aumenta l’intrigo e amplia l’orizzonte della serie per il futuro. Capitan America e Bucky saranno i muscoli in azione dei prossimi numeri, decisi piú che mai a far chiarezza sullo status del loro (ex?) alleato.
C’é intesa tra le parti del team creativo e si nota: Guice e Magno si districano tra passato e presente, con stili agli antipodi: essenziale, d’impatto e dritto al punto il veterano Guice, barocco, dinamico ed iper-dettagliato Magno, entrambi sostenuti da uno script che costruisce solide fondamenta per una storia che pescherà a piene mani nella continuity del Marvel Universe; su tutto, peró, spicca proprio Namor, che Zdarsky ha reso di nuovo regale, maestoso, folle e pericoloso…come piace a noi.
UNCANNY X-MEN #10 di Matthew Rosenberg, Kelly Thompson, Ed Brisson e Pere Peréz.
Dopo tre mesi e dieci settimane, gli X-Men sono finalmente “disassembled”, divisi. Anzi, peggio. Ma non é necessario parlare del finale e dell’ennesimo cambio di status quo mutante per raccontare il tribolante ciclo narrativo iniziale della rinascita di “Uncanny X-Men”. Sia chiaro: gestire una storia attraverso dieci capitoli settimanali non è affatto semplice e, purtroppo, avere tanti autori e tanti disegnatori in modo tale da non rallentare mai non assicura la perfetta riuscita del prodotto finale.
“Uncanny X-Men” ha sofferto di una trama macroscopica che ha coinvolto un cast 25 e passa X-Men, incapace di mantenere una logica interna che alternasse i momenti della storia in maniera ritmata, avvincente ed efficace. Più volte la storia dedicata al ritorno di X-Man e alla sua visione distorta del mondo è inciampata in sottotrame, personaggi inseriti per puro fan-service, cambiamenti e gli immancabili richiami all’Era di Apocalisse.
Il gran finale di “Disassembled” ne risulta così confusionario e caotico, efficace nel raggiungere il suo obiettivo ma poco gradevole nel complesso.
La critica non va al team creativo, che si é impegnato nell’arduo compito di chiudere e aprire nuove storyline mutanti per dare ai fan una nuova base di partenza; ma con questo ritmo frenetico e il veloce cambio di artisti ad ogni numero, la storia non ha mai avuto tempo di respirare e di far meditare il lettore. Il futuro appare spaccato a metá, con la serie principale che passerà cadenza bisettimanale e avrà più focus su Ciclope e Wolverine, mentre il resto dei mutanti farà un viaggio nell’Era di X-Man.
Il giudizio sul ritorno di “Uncanny X-Men”, pare strano dirlo dopo ben più di novanta giorni, è ancora rimandato.
Gufu’s Version
CONAN THE BARBARIAN #1 e #2 di Jason Aaron e Mahmud Asrar
Con un notevole sforzo produttivo e promozionale la Marvel Comics torna a pubblicare le avventure di Conan il Barbaro, il celebre personaggio creato da Robert E. Howard che negli ultimi anni era stato gestito, nella sua traduzione a fumetti, dalla Dark Horse in maniera più che eccellente.
Alle redini di questo progetto importante troviamo lo scrittore di punta in forza alla Casa delle Idee: quel Jason Aaron il cui Thor è fortemente debitore della scrittura di Howard.
Come già fatto su Thor, Aaron imposta il suo racconto su più piani temporali mostrandoci sia il Conan giovane e alle prime armi che la sua controparte ormai matura che siede sul trono di Aquilonia. In un progetto che sembra essere molto ambizioso, raccontare la vita e la morte di Conan, l’autore ci mostra contemporaneamente cause e conseguenze delle sue azioni.
Lo scrittore dell’Alabama parte, insolitamente, con il freno a mano tirato, colto da una prudenza, o da un timore reverenziale per il personaggio, difficilmente ravvisabile nel resto della sua produzione: il prologo del primo albo, un collage delle immagini più significative prese dalle storiche serie made-in-marvel “Conan the Barbarian” e “Savage Sword of Conan”, è una dichiarazione di intenti, un segnale che dice al lettore che anche per il Cimmero è tempo di Fresh Start nella filosofia del ritorno alle origini, a quelle storie rese popolari da autori quali Roy Thomas, Barry Windsor Smith e John Buscema.
Rifarsi al lavoro di questi giganti della storia della Nona Arte è sicuramente una scelta indovinata e comprensibile in quanto, dei tanti autori che hanno provato a raccogliere l’eredità di Howard, Thomas è probabilmente uno dei pochi che è riuscito a catturare l’essenza del barbaro più famoso dai tempi di Vercingetorige e Attila. La conseguenza però è quella di un primo albo ben scritto, con un interessante mix di humor e brutalità, ma assolutamente canonico e per lunghi tratti prevedibile: Aaron non cede alla tentazione di dire qualcosa di nuovo, non si azzarda a intaccare l’immutabile monoliticità del cimmero, ma si limita a riaffermarla riproponendo tutti i topoi della narrazione Howardiana; femme fatale compresa.
Un soggetto che sembra un mero pretesto per introdurre la figura di Conan al grande pubblico – lo stesso monologo della Strega Cremisi suona come il più classico degli spiegoni alla maniera degli stereotipati supercattivi dei film di serie B – un approccio acritico al materiale originale che evita accuratamente qualunque tipo di riflessione su certe asperità di un personaggio figlio di un’epoca e di una società (quella degli Stati Uniti anni ‘20 e ‘30) ben diversa da quella attuale.
Questa impressione data dal primo numero, viene però fortunatamente ribaltata dal secondo nel quale si comincia a percepire la portata del progetto di Aaron, la trama prende una svolta inaspettata, e non consequenziale a quella del primo numero e che lascia il lettore inizialmente perplesso, salvo essere ripresa nelle ultime pagine lasciando presagire una storia di ampio respiro destinata a concludersi tra parecchi mesi.
È in questo secondo capitolo che viene introdotto il tema cardine del Conan di Howard: la dicotomia tra barbarie e civilizzazione incarnate dalla figura del cimmero destinato a diventare Re di Aquilonia.
Ed è qui che Aaron introduce una prima, moderata, riflessione sul tema: l’ideale della barbarie rigeneratrice e portatrice di prosperità caro ad Howard, condito da una vena razzista sottolineata dall’odio di Conan per i Pitti, viene messo in discussione, sebbene non contraddetto, dal percorso di mutuo rispetto che viene a instaurarsi tra il nostro protagonista e i suoi avversari durante la sua permanenza nel loro villaggio. Assistiamo a un ribaltamento di prospettiva assolutamente inedito nella produzione di Howard (e molto raro in quella dei suoi successori) che lascia intravedere un personaggio più complesso e conflittuale rispetto a quello a cui siamo abituati.
Anche la traduzione in fumetto dello script di Aaron procede in direzione classicheggiante: il talentuoso Mahmud Asrar mette da parte certe velleità tipiche della sua produzione recente per affidarsi, con una sintesi efficace tra fumetto supereroico e illustrazione, a una composizione più monumentale e teatrale in una costante ricerca di momenti iconici da illustrare. Il risultato finale è molto simile a quell’ibrido tra fumetto e romanzo illustrato, caratterizzato anche dalla presenza di un narratore onnisciente nelle didascalie, che ha caratterizzato tutta la gestione Thomas/Buscema su Savage Sword of Conan. Una prestazione, quella del disegnatore Turco, valorizzata dalle scelte indovinate del colorista Matthew Wilson che opta per una palette che alterna terre e grigi con colori caldi accesi conferendo alle linee di Asrar il giusto tono, tra il fantastico e il polveroso, adatto allo Sword & Sorcery.
La gestione Marvel di Conan parte quindi in maniera molto prudente ma sicuramente ben confezionata, sin dalle splendide cover di Esad Ribić, lasciando presagire una lunga corsa che cercherà di bilanciare la fedeltà al personaggio con la necessità di raccontare qualcosa di nuovo.