La sola cura: Giuseppe Palumbo racconta Ludovico Nicola di Giura
La grande Storia, la Lucania, la cultura umana e i rapporti tra la Cina e l’occidente. Con l’efficacia grafica di Giuseppe Palumbo
Ludovico Nicola di Giura è stato un medico di origine lucana, anche se nato in Campania, ufficiale della Regia Marina, che fece il giro del mondo sulla Cristoforo Colombo alla fine del diciannovesimo secolo, e da lì cominciò una serie di missioni che lo portarono a stazionare a lungo in estremo oriente, svolgendo l’attività di medico per trenta anni, al punto da divenire l’Yiguo daifu.
Nel frattempo divenne un profondo conoscitore della cultura cinese, ne imparò la lingua e, data la grande onestà, assurse al rango di mandarino per poi tornare in Italia, in particolare nel paese di cui era originaria la sua famiglia, Chiaromonte.
Quest’opera è stata realizzata con il contributo della Regione Basilicata e dell’APT della stessa regione, partendo da Le famose concubine imperiali, il romanzo, scritto dopo il ritorno in Italia, in cui Di Giura racconta, attraverso le donne cinesi, la storia e la società della Cina del secolo scorso, che spesso si mescola con il mito.
Giuseppe Palumbo fa emergere dal volume soprattutto la storia personale di Di Giura, medico e ufficiale, prima della Marina Italiana, poi dello stesso Celeste Impero, ma soprattutto uomo di profonda coerenza e grande amore per la cultura. Senza mai dimenticare le sue origini, compreso l’amore per la canzone napoletana e meridionale, più volte citata.
Le pagine sono molto dense, perché la figura che descrivono non è certo facile, né umanamente, né storicamente. Ma è uno dei tanti “grandi italiani” spesso sconosciuti in Italia, per motivi diversi.
Qui possiamo citare anche la sua fedeltà al fascismo, ma certamente con una rettitudine non sempre trovata tra i gerarchi, di ogni livello. Certamente anche la provenienza da un paesino nell’interno della Basilicata, nel quale è tornato quasi nel silenzio dopo un trentennio vissuto in Cina, non ha aiutato a rendere giustizia alla sua figura.
Invece il fumetto mette in risalto tutti gli aspetti di Di Giura, la sua nobiltà d’animo, l’amore per la cultura cinese, e come sia riuscito a farsi apprezzare dall’altra parte del mondo, per le sue doti tecniche e umane, compresa la creazione di relazioni con le donne.
Infatti, nonostante la provenienza da un piccolo paese, sconosciuto ai più,
se diamo un contributo alla cultura del mondo, se abbiamo una buona idea, se scriviamo una poesia, tutto questo può continuare a vivere. Tutto questo è una unità di trasmissione culturale, un meme
Così scrivono Hofstadter e Dennett ne L’io della mente, che Palumbo cita direttamente come grimaldello fondamentale per la partenza della sua opera.
In effetti la figura di Di Giura fa risaltare proprio questo: il contribuire alla cultura, a conoscere e comprendere gli altri, oggi sempre meno abituale. E lo fa avendo visto la Cina passare dal Celeste Impero della prima metà del Novecento, alla Repubblica del secondo dopoguerra.
Trovandosi cioè a vivere la fine di una civiltà millenaria, che brucerà in una serie di incendi.
Palumbo racconta questo fondamentale aspetto della relazione tra un uomo di cultura e il mondo in cui si trova a vivere con la maestria che gli è propria, con una leggerezza di scrittura e grafica, che però è consapevole della gravità delle situazioni.
Racconta tutto questo attraverso il romanzo che Di Giura scrive e che ha per protagoniste le concubine, le maltrattate donne cinesi. In particolare una di esse, Fior d’amore, a cui Di Giura è legato e avrebbe portato con sé nella sua torre cinese a Chiaromonte, è la voce narrante dell’intera storia.
Abbiamo conosciuto Palumbo, in particolare su Comics&Science e con quello spettacolo che è Archimede Infinito 2.0, contenuto in The Archimede Issue.
Ma Palumbo è autore eclettico e simpaticissimo, che passa dal remake di Diabolik al Texone, ai graphic novel, di argomento anche molto diverso.
Questa volta firma anche una sceneggiatura impegnativa e densa, che passa anche per Hofstadter, che vuole far emergere la figura di Ludovico di Giura sullo sfondo della cultura umana, delle analogie e differenze tra le diverse culture, ma dei sentimenti, che, se reali e profondi, superano ogni barriera
Pur avendo bisogno a volte anche di didascalie piuttosto ricche, questa verbosità non fa perdere il filo, anzi, consente di indugiare su tavole che possono essere oggetto di prolungata osservazione.
Il suo stile grafico realistico ma dai colori irreali, con il sovrapporsi di chine e acquerelli dà l’idea di una storia che è a metà tra la realtà e il sogno. I personaggi sono ben delineati e caratterizzati, ed emergono dagli sfondi che però restano sempre abbastanza indefiniti, e tutti, primo e secondo piano, mantengono un viraggio con colori dall’azzurro tendente al grigio, all’ocra, più o meno scuro.
Anche se i disegni stessi sono una chiara testimonianza del lavoro di ricerca e documentazione svolto da Palumbo su luoghi, visi, uniformi e vestiti, ma anche sulle navi e le armi dell’epoca.
Per cui i dettagli non si perdono, ma vengono avvolti dal colore.
Mai i colori risultano caldi e vividi, se non in alcuni passaggi iniziali cruenti, e soprattutto nelle pagine finali, in cui effettivamente il racconto passa dal piano della realtà a quello del sogno, perché attraverso la guida di Tai Chen, l’anima di di Giura lascia il mondo, che non è più quello che aveva conosciuto, sconvolto come era stato dalla Seconda Guerra Mondiale e dalle bombe atomiche sganciate sul Giappone.
La tecnica di Palumbo è ancora una volta sopraffina. Per chi lo ha visto disegnare dal vivo, la dinamicità del tratto è assolutamente la stessa.
Qui si aggiunge una gabbia estremamente curata ed efficace che alterna divisioni tradizionali ad altri schemi meno canonici, mantenendo nella maggior parte dei casi le tre righe per pagina.
Queste variazioni hanno lo scopo di sottolineare dei passaggi e di concentrarsi non solo sugli avvenimenti, ma sui personaggi e sulle loro relazioni. Permettono di soffermarsi sulle didascalie e sui dialoghi, talvolta corposi. Ancora una volta nei passaggi finali del sogno le righe per pagina diventano due.
Ma si mantiene comunque una bella dinamicità nel passaggio tra splash page e vignette più “dense”, che danno ritmo alla lettura.
Forse un po’ troppo asettico il font usato per il lettering, ma, con la sua chiarezza, non appesantisce i testi, talvolta abbastanza lunghi.
Insomma un lavoro curato, tecnicamente molto interessante, che ha alle spalle anche una storia altrettanto interessante, anche se poco conosciuta, e per questo forse accattivante.
Se serviva, Palumbo ha dato ancora prova di grande equilibrio e maestria nella sceneggiatura e nella realizzazione grafica, mescolando la Storia, la biografia di Di Giura con il suo stesso romanzo.
Giuseppe Palumbo
La sola cura
Oblomov Edizioni, 2024, € 22.00
17x 24 cm, 128 pagine, colore, brossura
ISBN 9791281692084