La bomba – Un racconto di come siamo arrivati a Hiroshima
La bomba, una storia dettagliata ed esaustiva di come si è arrivati alla bomba atomica nella seconda guerra mondiale. Un fumetto con pochi fronzoli e tanta storia, anche alla ricerca di dettagli poco noti.
Un’opera enorme.
Non la prima che parla della storia della bomba atomica, ad esempio qualche anno fa sullo stesso tema era uscito in edicola un fumetto nella serie de I grandi della scienza a fumetti.
Ma questo La bomba. L’incredibile storia vera della bomba atomica è davvero il tentativo di mettere insieme tutto quello che ha portato all’esplosione a Hiroshima. E non solo dal punto di vista tecnico, ma anche storico.
E con tantissimi protagonisti, in particolare la bomba, appunto.
Perché la sua presenza si sente, fin dall’inizio. Prima nell’energia nucleare, poi nell’uranio e infine nella bomba vera e propria.
Alcante e Bolléé hanno ripercorso in modo dettagliato la storia dal 1933, a partire dall’avvento del nazismo e della convinzione di Szilàrd di poter usare l’energia atomica in modo pratico, al 1945, seguita da un epilogo che arriva fin quasi ai giorni nostri, in cui gli autori raccontano alcuni sviluppi del post-Hiroshima.
Oltre 450 pagine di fumetto, scritte attingendo a un ricchissima bibliografia, sitografia e filmografia in cui tutto è documentato. Per il disegnatore, un lavoro quasi epico, tanto che lo stesso Rodier nella postfazione parla di un «Everest su cui mi sarei sfracellato».
Un libro così, infatti, non poteva non segnare anche la vita degli autori, che hanno approfondito un momento infinitamente tragico nella storia dell’umanità, ma soprattutto ci guidano lungo i tanti sentieri (politici, militari, tecnici) che ci hanno portato lì. Compresi i grandi conflitti che ci sono stati prima e durante la guerra fra scienziati e militari, tra tecnici e politici.
Gli autori esplorano tanti diversi percorsi, quasi tutti completamente documentati: compaiono infatti tantissimi personaggi reali in moltissimi passaggi storici, narrati per dare continuità alla storia, su cui ovviamente si innestano alcuni dettagli inventati, come dialoghi e “raccordi”.
Sono inventati, oltre ovviamente alla personalizzazione della bomba, che parla con balloon neri e di forma irregolare (facendo anche da voce fuori campo e sostituendo a volte le didascalie), i personaggi di Hiroshima, in particolare la famiglia Morimoto. I personaggi della storia senza la “S” maiuscola che però vivono loro malgrado quello che succede. E lo vediamo quotidianamente. Ovviamente la Storia non può fare a meno delle storie, anche di quelle che appaiono meno significative. E che magari possono venire dalla fantasia degli autori.
Ma la gran parte degli eventi sono storici, come molti dei personaggi, a partire dai fisici e dagli ingegneri che hanno prima elaborato le teorie e poi costruito la bomba, da Fermi e Szilàrd (che si basarono sui racconti fantascientifici di H.G. Wells), interessando anche Einstein, che risultò decisivo nel porre il pericolo della bomba in mano a Hitler: fu proprio il pericolo nazista e la guerra a dare un impulso enorme allo sviluppo dell’energia nucleare e alla produzione della bomba.
Viene inoltre esplorata tutta la filiera storica e produttiva, e con grande dettaglio, partendo per le miniere di Uranio, quelle Cecoslovacche e quelle del Congo Belga, che ebbero un ruolo fondamentale, in particolare con Edgar Sengier, e riportando anche i retroscena curiosi ma che hanno fatto la storia, dai discorsi di Franklin Delano Roosevelt all’intervento di Alexander Sachs che risultò decisivo.
La vastità dell’opera consente infatti di toccare tantissimi aspetti sconosciuti o di approfondirne altri, spesso sorvolati. Alcuni esempi: pochissimo sappiamo di solito, a parte gli addetti ai lavori, del programma nucleare giapponese; allo stesso modo, il sabotaggio e il bombardamento delle fabbriche di acqua pesante in Norvegia viene dettagliato in maniera eccezionale.
Allo stesso modo si esaminano i drammi umani di tanti protagonisti, famosi e meno famosi, come quello delle cavie umane per capire gli effetti dei materiali radioattivi sul corpo umano. E il dramma collettivo della guerra.
Il punto di vista è quello di un reporter, di uno storico, che racconta dall’esterno, ma si sente incombente la presenza della voce fuori campo. Che è il vero e proprio punto di vista di tutto il libro.
Questo dà modo agli autori di raccontare con grande libertà e altrettanto pathos: attingendo ai documenti ufficiali, raccontando i dettagli e inserendoci anche passaggi ricchi di umanità, e dando spazio a tutti i personaggi, dai grandi decisori, dai presidenti dei paesi in guerra, fino alle vittime inconsapevoli.
L’epilogo è eccezionale.
La voce fuori campo prende il sopravvento e racconta alcuni retroscena del prima e del dopo e dedicando alcune parole a molti dei protagonisti, da Fermi, ai commando che agirono in Norvegia, da Ebb Cade a Klaus Fuchs.
Ripenso adesso ai personaggi che mi hanno accompagnato per tutto questo tempo… Talvolta li ho considerati come mie marionette di cui tiravo i fili…
Dal punto di vista grafico il bianco e nero consente immediatezza. Rodier ha grande esperienza, e la mette a frutto in questo lunghissimo racconto: il libro è già maestoso così, e la mancanza del colore non è un difetto, ma consente di non perdere il ritmo. Non vuol dire che la parte grafica è trascurata, anzi: l’aspetto dei personaggi, le mappe e le caratteristiche dei luoghi mostrano grande rigore. Lo stesso rigore storico degli autori.
In questo modo, come afferma di nuovo lo stesso Rodier, il «racconto prende il sopravvento». Lo strumento grafico serve a rendere la lettura agile, ma non per questo sbrigativa.
Per forza di cose la struttura grafica è semplice e lineare. Dà spazio ai dettagli, e fa pensare a un lungo docufiction.
Lo stile è ovviamente molto realistico e tutti i protagonisti sono riconoscibili: uno stile con pochi dettagli, ma mai sciatto o tirato via. Tutto quello necessario viene riportato nei disegni, sfondi, paesaggi.
Dal punto di vista della gabbia, si nota l’esperienza di Rodier anche con i comics americani. Raramente la gabbia è schematica, spesso, soprattutto nelle scene di guerra, si hanno splash page, con vignette che si sovrappongono. Più regolare la divisione quando la storia è ambientata nei laboratori o negli uffici.
Credo che ci sia stata anche una precisa scelta grafica di dare un aspetto un po’ rétro ai disegni, non solo nel bianco e nero. Perché il libro racconta di un’epoca in cui i fumetti erano già un medium affermato, per cui la scelta è andata in questa direzione: quella di non essere un fumetto del 2023, ma di tenere conto del decennio che propone nelle sue tavole. Inoltre c’è una certa staticità, non perché non serva dinamicità, ma perché si racconta una storia lenta e complessa, e anche la grafica sottolinea questa attenzione.
In più, trattandosi quasi di un documentario a fumetti, il disegno deve porsi come medium che facilita la lettura e deve far arrivare al lettore in maniera più diretta di un testo scritto i contenuti. E ci riesce.
In questo senso va anche la scelta fatta per le onomatopee: vengono usate con grande parsimonia, solo quando il rumore fa parte della storia e non la sovrasta. È significativo che le esplosioni nucleari, sia quelle di test nel deserto del Nuovo Messico, sia quella di Hiroshima non abbiano alcun rumore… solo tanta luce.
Alla fine tutto contribuisce a far vivere la storia immergendocisi dentro, compreso il grande formato delle tavole.
Il racconto non si esaurisce, anzi lascia una porta aperta. Sia stimolando il lettore ad approfondire con i tanti riferimenti bibliografici e video, ma anche non chiudendo la porta al futuro dell’energia atomica nella storia dell’umanità…
Credete che la mia storia sia finita? E se non facesse che cominciare?
Didier Alcante, Laurént-Frédéric Bolleé, Denis Rodier
La bomba. L’incredibile storia vera della bomba atomica
L’Ippocampo, ottobre 2020
472 pagg., b/n, cartonato, 21,5×29,3 cm, €29.90
ISBN: 978-88-6722-537-8