Funny Things – Charles M. Schulz raccontato come i suoi Peanuts

Per raccontare la vita di Charles Monroe Schulz quale formato migliore se non quello delle strisce da quattro vignette in bianco e nero, alternate alla pagina domenicale? E lo hanno fatto due italiani in Funny Things.

Nonostante la coppia degli autori di Funny Things sia italiana, il primo mercato a vedere nascere questo volume, una biografia a fumetti del papà di Charlie Brown e di Peanuts, è stato ovviamente quello degli USA, dove Schulz è una assoluta istituzione.

L’edizione statunitense è infatti uscita lo scorso agosto per Top Shelf Comics. A distanza di pochi mesi, a novembre, è stata pubblicata anche in Italia a opera di BeccoGiallo e tradotta ovviamente dagli stessi autori della versione inglese.

Il lavoro a quattro mani è di Luca Debus (disegnatore e co-sceneggiatore) e Francesco Matteuzzi (co-sceneggiatore).

L’opera è strutturata esattamente come le strip da quotidiano pubblicate negli States: sei strisce in bianco e nero quotidiane e una tripla striscia a colori, di solito nota come “tavola domenicale”. Esattamente come nelle tavole di Peanuts, che sono spesso intitolate PEANUTS featuring “Good ol’ Charlie Brown”, mentre qui sono sempre FUNNY THINGS featuring “Good ol’ Sparky”. Gli appassionati in tutto il mondo di Peanuts, ma anche di tutte le altre strisce statunitensi, riconosceranno immediatamente questo format.

I due autori producono esattamente i fumetti che per una strip coprono due interi anni, centoquattro settimane (e quindi altrettante pagine a colori domenicali), seicentoventitre strisce quotidiane in bianco e nero, perché la prima settimana ha solo cinque strisce feriali, più alcune pagine finali, a conclusione della storia.

Ne viene fuori un volume dal punto di vista delle dimensioni del tutto simile alla serie antologica The Complete Peanuts, pubblicata negli Stati Uniti nel 2004 da Fantagraphics, e sbarcata in Italia grazie a Panini Comics, in cui le strisce di Schulz sono raccolte in volumi biennali.

Non poteva in effetti essere altrimenti. Schulz vede la sua storia raccontata, purtroppo postuma, con la stessa modalità con cui lui stesso ha disegnati i suoi fumetti per quasi mezzo secolo. Debus e Matteuzzi provano infatti in tutti i modi a fare una raccolta di strisce “alla Schulz”; lo fanno partendo cronologicamente dalla fine e costruendo una sorta di autobiografia, seguendo il flusso di coscienza, utilizzando il metodo che spesso veniva usato nelle sue strisce, soprattutto quando a filosofeggiare erano Charlie Brown, Linus e Lucy.

E tirano fuori, da un enorme lavoro di documentazione, un ritratto calzante, divertente e dinamico, ma anche realistico, talvolta amaro, fino al finale. Soprattutto, un ritratto costruito cercando di riprodurre la modalità della strip: esistono infatti moltissimi libri, biografie, documentari, pagine web che parlano di Schulz, molti dei quali elencati in calce a quest’opera, ma mancava in effetti proprio un fumetto sul tema, e dovendo proporlo, la scelta poteva essere di allontanarsi totalmente dal suo stile o cercare di riprodurlo.

Everything about Funny Things makes it feel right at home on the bookshelf next to a collection of Peanuts.

Come scrive Casey Connor su Screen Rant in una delle recensioni d’oltreoceano.

In effetti in Funny Things sembra evidente il tentativo di raccontare Sparky (il soprannome di Schulz) nel modo in cui si sarebbe raccontato lui stesso, ma senza per questo scimmiottare il suo stile; d’altra parte, non sarebbe stato possibile non far comparire nessun adulto nelle strisce, ma anche con tutte le necessarie modifiche gli autori riescono comunque a mantenere un umorismo a volte anche un po’ amaro, proprio come quello di Charlie Brown.

Ogni singola striscia è autoconclusiva e leggibile in modo autonomo, ma il susseguirsi di aneddoti e piccoli eventi costruisce dapprima il percorso settimanale, e poi la trama completa. Le pagine a colori concludono e completano i veri e propri minicapitoli settimanali e fanno il punto della situazione: l’anziano Sparky narratore compare nelle pagine “domenicali” più frequentemente di quanto non faccia nelle strisce “quotidiane”.

In realtà la presenza di Schulz narratore, inizialmente frequente, poi sempre più rada, mano a mano che il racconto biografico si avvicina alla fine, serve di tanto in tanto a ricordarci qual è lo stile della narrazione, e anche a evidenziare alcuni momenti importanti. Ad esempio, quando ci sono dei passaggi chiave nella sua vita sentimentale, professionale o anche di quella dei suoi personaggi a fumetti, per cui vale la pena ricordare al lettore l’importanza dell’evento e non solo la sua cronaca.

Al contrario dei personaggi dei Peanuts, Sparky invecchia nel fumetto, e questo serve proprio a dare il senso della realtà e della differenza rispetto alla fiction. E ogni tanto emerge chiaro il pensiero di Schulz dalle strisce…

Dal punto di vista dei contenuti, la citazione di Sparky, riportata anche nella bibliografia

Se leggete la striscia, capirete chi sono. Tutto ciò che fa parte di me finisce nella striscia: le mie paure, le mie ansie e le mie gioie.

è assolutamente giustificata e l’opera è costruita in modo coerente a questa idea.

Nelle strisce compaiono ovviamente gli aspetti reali della vita di Schulz, ed emerge in modo evidente che molti sono stati usati anche nelle strisce di Peanuts. Dal padre barbiere, al cane Spike, dalla ragazzina dai capelli rossi, dai nomi degli artisti incontrati all’Art Instruction (Charlie Brown, Linus, Frida… vi dicono niente?). Altre volte emergono aspetti meno noti: la fede profonda (evangelica, non cattolica, come ha scritto qualcuno) che lo segue dappertutto e gli fa studiare e predicare la Bibbia, la complessa vita familiare (a volte vissuta come un peso, ma che sarà di consolazione negli ultimi anni), e poi il senso di solitudine ai limiti della misantropia sofferto in giovane età.

Graficamente Debus mantiene il suo stile personale, che troviamo anche nelle sue opere precedenti, e usa quello di Peanuts per alcune citazioni, sempre gustose: ad esempio, per tutta la vita Schulz ha un ciuffo di capelli sulla fronte che ricorda quello di Charlie Brown. Altre citazioni riguardano vari aspetti: dalla scrittura delle lettere che compaiono come didascalia, a It’s a long way to Tipperary usata da Schulz quando si sposta dal Minnesota a Chicago e ritorno, dal WHAM dell’idea che colpisce Sparky come le palle colpiscono Charlie Brown sul monte di lancio, alla striscia che viene usata come una coperta di Linus.
E non disdegna altri schemi: in alcuni passaggi il tratto e la caratterizzazione grafica dei personaggi ricordano Leo Ortolani, ma qua e là troviamo anche Beetle Bailey (specie nelle strisce relative alla guerra).

Eppure non compaiono mai i personaggi famosi di Peanuts (forse anche per questioni di copyright). Solo una volta, Jim Sasseville, che ha collaborato a It’s Only a Game e ai comic book di Peanuts alla fine degli anni 1950, per un paio di vignette cambia aspetto.

La ricca bibliografia ci fa capire la profondità e l’attenzione del lavoro dei due sceneggiatori.

Per concludere, mi piace riportare per intero il commento di Jeff Smith, autore di Bone, presente sulla quarta di copertina:

In queste pagine prende vita l’uomo (pieno di dubbi, orgoglioso, dedito al lavoro e a volte cupo) che ha creato una delle opere artistiche più significative del ventesimo secolo. Utilizzando lo stesso linguaggio visivo delle strisce di Peanuts, Debus e Matteuzzi attingono al nostro inconscio collettivo [,] è un’idea geniale e ci volevano i cosiddetti per metterla in pratica. Tanto di cappello.

…e se lo dice lui…


Luca Debus, Francesco Matteuzzi
Funny Things: una biografia a strisce su Charles M. Schulz
BeccoGiallo, 3 novembre 2023
440 pp. colore, cartonato, 17×22 cm, 37.00 €
ISBN: 978-88-3314-299-9

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