Di ghiaccio e di roccia – Un fumetto sulla montagna

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Come recita la quarta di copertina, Di ghiaccio e di roccia è un emozionante fumetto sull’alpinismo, sull’amore, sulla vita.

Philippe Colombo è un autore italo-francese che nel 2021 ha dato origine alle Edizioni Berthier-Colombo e a una serie di progetti collegati, tutti e sempre con al centro i fumetti.

Così la casa editrice ha già una serie di opere disegnate, in cartaceo e digitale, che spaziano da manuali di fumetto a storie per ragazzi, ma anche qualche volume già più adulto, come ad esempio questa storia Di ghiaccio e di roccia.

E ha imbarcato, oltre ai coniugi Colombo-Berthier, alcuni esponenti della Scuola Internazionale di Comics di Torino, tra cui la giovane disegnatrice Lidia Bolognini.

La storia copre 58 pagine del volume, le altre sono studi, bozze, stralci di sceneggiatura, fasi di lavorazione. Individuata dallo stesso sito dell’editore come dramma, racconta la relazione fra una guida alpina, la sua famiglia e la sua «amante di ghiaccio e di roccia con cui non si può competere», che però spesso «aggiusta tutto».

Il soggetto è interessante, anche se non particolarmente innovativo. Una storia di famiglia, di momenti belli e brutti, di scelte e difficoltà, di lavoro e relazioni, con qualche momento particolarmente forte.

Più interessante della storia è il modo in cui viene proposta, con una serie continua di salti temporali e spaziali: in questo modo c’è un bel ritmo e gli avvenimenti si incrociano, inserendo anche qualche elemento di trama in più e qualche personaggio che da secondario diventa cruciale, e anche viceversa, facendo chiudere delle trame secondarie che inizialmente sembravano fondamentali.

Questo consente anche al lettore di avere un punto di vista onnisciente sulla storia, a volte un po’ amaro.

Un altro importante aspetto è il passaggio dagli avvenimenti esterni a quelli introspettivi, per cui il racconto si svolge su due piani: quello della storia vera e propria, e quello delle emozioni dei protagonisti, in particolare quelle di Toni che sale sul Dente del Gigante.

Un personaggio presentissimo è proprio la montagna, che non è solo un ambiente, uno sfondo, ma che con tutte le sue parti, compresi gli interventi dell’uomo e la fauna che la contraddistinguono, entra in maniera diretta negli eventi.

Quindi ancora una volta la natura, ma anche la sua antropizzazione, anche se le tematiche ambientali non sono particolarmente presenti nella storia, se non con l’amore e la passione per la montagna. C’è solo un passaggio sulla caccia alle aquile, che è anche funzionale all’evolvere degli eventi; passa sotto traccia comunque l’idea dell’uomo che si sente il dominatore della natura,

Il centro della storia è comunque quello che accade nella famiglia Berger, fra Toni e Sandra soprattutto, mentre i figli sono poco più che comparse, e qualche intruso di troppo.

I luoghi sono disegnati e descritti benissimo e con grandissima precisione: dalla stazione di partenza della funivia Skyway, alla stazione dei Carabinieri di Courmayeur, al Rifugio Torino, la struttura e i paesaggi.

Un bel mix per una storia ben riuscita.

La parte grafica, come suddetto, è affidata a Lidia Bolognini, che ha una linea estremamente realistica e usa colori tenui e spesso sfumati.

La griglia delle pagine, il salto delle inquadrature, a volte un po’ confuse, come nella lite iniziale fra Sandra e Toni, è però funzionale a dettare il ritmo della lettura, e anche a dare un primo “assaggio” degli stati d’animo che permeano le vignette. I paesaggi facilitano l’uso delle splash page, specie quando si vuol sottolineare la maestosità delle montagne o, di contro, la piccolezza dell’uomo. O anche la prospettiva dell’aquila in volo. Per il resto, come accade spesso, la gabbia varia molto, utilizzando una struttura regolare quando c’è da raccontare qualcosa in modo descrittivo e regolare. Invece vengono usate delle vignette a larghezza di pagina, quindi sovrapponendo delle strisce, quando il time lapse deve sgranarsi un po’, o comunque si mettono insieme dei passaggi che possono andare da un piano sequenza anche con tempi stretti, oppure a delle istantanee prese in momenti anche distanti, oppure zoom particolarmente significativi.

In altre situazioni vengono utilizzate delle costruzioni particolari, con una vignetta centrale e una sequenza attorno, oppure con le vignette che si sovrappongono a un disegno sullo sfondo.

Alcune piccole note grafiche: forse un po’ più di spiegazioni tecniche avrebbero aiutato, sull’imbragatura e le tecniche alpinistiche, che sono decisive per la trama, le scarpe di Toni, che non sembrano proprio da scalata, né da arrampicata. Non sono un tecnico, ma un appassionato di montagna sì, e anche se non so giudicare con assoluta precisione la correttezza dei nodi, o delle tecniche mostrate, queste cose mi hanno un po’ stonato vista anche la precisione nella descrizione dei luoghi e la cura nella caratterizzazione grafica dei personaggi.

In effetti la grafica non ha mai momenti di protagonismo su quanto viene raccontato nell’evolversi del racconto o nella costruzione ed evoluzione dei personaggi. Al di là dell’intelaiatura delle pagine, già vista, graficamente è tutto molto realistico e preciso, senza fronzoli o deformazioni stilistiche, nel tratto, nelle tecniche e anche nei colori.

Forse lo scopo di un tale atteggiamento grafico, in cui però manca una spasmodica ricerca di particolari tecnici, è fare in modo che il lettore non si distragga dalla storia e rimanga sulle interazioni tra i personaggi, sulla loro introspezione ed evoluzione, su ciò che accade, senza troppi perché o come mai, o senza “se…” sospesi. E anche di non complicare la comprensione a chi di montagna non sa nulla.

Tutto si centra sulle persone, sulle relazioni, sui fatti. Sulle emozioni e su come un passaggio inatteso, o sconosciuto, può cambiare la nostra vita. E non solo quello che accade tra le persone, e come esse evolvono, anche in tempi brevi, ma anche con i personaggi oserei dire non umani che intervengono nella storia.

È l’attenzione (o la disattenzione) nei confronti degli altri a cambiare anche il risultato delle nostre relazioni.

La scalata quindi come un percorso di cambiamento, in cui attingere al passato per cambiare il proprio sguardo sulla vita e sugli altri e, in qualche modo, porre le basi per il proprio futuro. Una metafora che non richiede attenzione ai particolari. Un cambiamento che interessa non solo lo scalatore, ma in qualche modo anche quelli che, intorno a lui, lo seguono da vicino o da lontano.

Un ruolo chiave lo svolgono anche le modalità comunicative. Tutto nasce per colpa di un telefono, ed è lo stesso telefono a chiudere la storia. Oggi una modalità di relazione che a volte genera fraintendimenti, o viene usato come schermo, o ancora può metterci in comunicazione “a distanza”, o darci illusioni. Forse un ulteriore elemento di distanza di Toni rispetto all’umanità, con cui si relaziona in modo più distaccato, rispetto a come tocca e abbraccia la sua amante di ghiaccio e di roccia.

Una piccola osservazione editoriale: nella versione cartacea, la copertina rimane un po’ piegata, forse il cartoncino usato è un po’ troppo leggero.


Philippe Colombo, Lidia Bolognini
Di ghiaccio e di roccia
Colber Edizioni, 2023
76 pagg., colore, brossura, 21,5×27,5 cm, €22.00 (cartaceo) o € 7.90 (Ebook)
ISBN: 9791281283107

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