Wednesday Warriors #51 – da Batman a Constantine
In questo numero di Wednesday Warriors: BATMAN #84 e JOHN CONSTANTINE: HELLBLAZER #1
In questo numero di Wednesday Warriors:
Gufu’s Version
BATMAN #84 di Tom King e Jorge Fornes
È l’ultimo minuto della finale del mondiale giovanile di calcio che vede contrapposti Giappone e Germania: milioni di telespettatori collegati da ogni parte del mondo, lo stadio è assiepato come non mai, Oliver Hutton – una caviglia in frantumi, la spalla slogata e una vistosa fasciatura sulla testa – si prepara a scagliare in porta il tiro che potrebbe ribaltare le sorti della partita. La tensione è al massimo, l’intero pianeta è in silente attesa.
Cominciano così le ventisei puntate di flashback in cui Holly ricorda gli sforzi fatti per arrivare fin lì, i rivali/amici come Benji, Tom, Mark e tutti gli altri, i primi allenamenti, la volta che il pallone gli ha salvato la vita, quell’altra che la macchinetta delle bibite gli ha fregato 100 yen e così via…
Chiunque sia stato “vittima” della lunga saga di Captain Tsubasa ricorda questi momenti con un affetto pari al fastidio provato all’epoca per le continue interruzioni alla partita: quello che Yōichi Takahashi sapeva bene, e che gli autori dell’anime hanno successivamente esasperato, è che l’interesse del lettore/spettatore per gli eventi correnti (la partita) è direttamente proporzionale all’empatia provata nei confronti dei protagonisti.
Chi se ne frega se tizio x vince una partita? Quanto siamo contenti se invece la vince il nostro amico di cui conosciamo tutte le sventure sin da quando era un moccioso?
Ma soprattutto: non dovrebbe essere una recensione di Batman questa? Un attimo che ci arriviamo.
Non so se Tom King abbia mai visto o letto Captain Tsubasa ma sicuramente ha deciso di percorrere la stessa strada di Takahashi nel raccontarci, in questo numero, il personaggio di Thomas Wayne: padre di Bruce proveniente da una realtà parallela in cui è diventato Batman a seguito della morte del figlio. In pratica un Batman al negativo.
Creato da Geoff Johns durante Flashpoint questo Batman è stato ripreso da King e Joshua Williamson in Batman #21/22 (The Button) per poi ricomparire a sorpresa alla fine di Batman #50. Da quel momento in poi si è mosso sullo sfondo delle vicende ordite dallo scrittore senza che quest’ultimo spiegasse esattamente i come e i perché di questa presenza.
Ed è in questo albo che finalmente veniamo a conoscenza di tutto.
Siamo allo scontro finale tra Bruce e Thomas, nella prima pagina viene sferrato il primo pugno e… partono ventisette flashback (non è un’esagerazione, li ho contati e sono 27).
Coerentemente all’anticlimaticità che ha contraddistinto la run, King e Fornes ci presentano una serie di sequenze in cui ci viene raccontata a ritroso la vita di Thomas Wayne: a ogni sequenza ne segue una temporalmente antecedente fino ad arrivare alle origini del Batman di Flashpoint. Si potrebbero leggere le pagine di flashback dalla fine all’inizio e ricavarne un racconto coerente e lineare ma se ne perderebbe l’efficacia.
Come già detto nello scorso Wednesday Warriors, Tom King ricerca una struttura del racconto finalizzata all’impatto emotivo e in questo caso noi lettori siamo compartecipi di un’indagine esistenziale e psicologica: si parte dagli eventi più recenti, dalla superficie e piano piano si scava sempre più fino al cuore del personaggio in una struttura che si presenta come verticale (dalla superficie in giù appunto) ma si rivela essere circolare come, appunto, nella poesia.
La prima (Fig.1) e l’ultima (Fig.2) pagina del flashback infatti recitano le stesse identiche parole e, laddove nella sequenza cronologicamente più recente sono pronunciate con maggior fatica, ci mostrano un personaggio intrappolato dalla sua missione, in una dinamica che non permette l’evoluzione e che invece lo logora lentamente: un padre che vive lo stesso dramma che vuole evitare al figlio.
Jorge Fornés, pur restando profondamente debitore al Mazzucchelli di Year One, offre probabilmente la sua prova migliore da quando è sulla testata: il tono vagamente retrò si sposa bene con una chiarezza espositiva che agevola chi deve districarsi tra i suddetti flashback. Modificando il layout da pagina a pagina il disegnatore rende graficamente palese la distinzione delle singole sequenze riuscendo al contempo a modulare il ritmo del racconto adeguandolo al tono dello script.
Alla fine di questo approfondimento psicologico il Batman di Flashpoint smette di essere una figura di cartone sullo sfondo e acquista una profondità che rende di fatto interessante lo scontro finale che sarà messo in scena nel prossimo albo, l’ultimo della gestione King.
Bam’s Version
JOHN CONSTANTINE: HELLBLAZER #1 di Si Spurrier e Aaron Campbell
L’ingresso nella continuity ufficiale DC Comics non ha affatto aiutato John Constantine, un personaggio perduto nel caos editoriale e narrativo dal New52, un tormento che di stregonesco ha ben poco. La chiusura della storica serie Vertigo, avvenuta sul #300 della serie Hellblazer, ha letteralmente soffocato il mago britannico, truffatore e cinico, sarcastico e ambiguo, mai dichiaratamente una forza del bene e tanto meno mai spudoratamente agente del male.
L’addio alla Vertigo aprì una lunga stagione di incertezze e Constantine si trovò protagonista di alcune serie regolari mai davvero pienamente inquadrate, lontane dall’avere una forte identità, in bilico tra l’imprescindibile natura “per adulti” del personaggio e la necessità di rendere Constantine più appetibile e commerciabile in scia alla nuova realtà editoriale. Sul patibolo finirono Jeff Lemire, Ray Fawkes sull’anonima Constantine, Peter Milligan in Justice League Dark, il buco nell’acqua della Rinascita con uno scrittore talentuoso come il veterano Vertigo Simon Oliver, con l’unico barlume di originalità e sfrontatezza nella piccola perla Constantine: The Hellblazer di Ming Doyle, James Tynion IV e Riley Rossmo.
Il giudizio potrà apparire caustico, ma la realtà dei fatti racconta di un personaggio sensazionale e potente ma vuoto e senza direzione, perso nel marasma editoriale dal 2013.
La rinnovata attenzione di DC Comics verso un pubblico adulto, verso la vasta fetta definita mature readers ha rivitalizzato lo spirito della Distinta Concorrenza: ora, grazie alla linea Black Label e al mix di nostalgia e nuovi autori al lavoro sull’Universo Sandman, John Constantine può finalmente trovare spazio per respirare e ripartire, editorialmente e narrativamente. Nessuno meglio di un britannico per questo lavoro: Simon Spurrier, autore delle ottime The Dreaming, portabandiera del nuovo Sandman Universe, Coda e Legion, ormai acclimatato all’ambiente del comic-dom statunitense.
Nell’ultimo incontro con lo stregone, Spurrier e Marcio Takara in Sandman Universe Presents: The Hellblazer hanno assorbito anni di questa insicurezza narrativa e riproposto ai lettori un “nuovo” John Constantine, un personaggio che ricorda perfettamente il proprio passato – in Vertigo e in continuity con DC Comics. Superato il prologo e ristabilita la concretezza del protagonista principale, la nuova serie John Constantine: Hellblazer decide di calare il lettore in un contesto più solido e realistico, ma sufficientemente terrificante e spaventoso: la Londra e l’Inghilterra della Brexit.
Supportato da un ottimo Aaron Campbell, artista che si è fatto già notare in ambiti occulti lavorando con Pornstak Pichetsote su Infidel in Image Comics, Spurrier coglie lo zeitgeist: Constantine torna ad essere un personaggio politicamente scorretto in un mondo che ha ben poco di corretto; Campbell sporca ed incupisce le tavole che l’ormai infallible Jordie Bellaire arricchisce di colori acidi, soffocanti e disturbanti.
Londra è ammantata di questa ripugnante sensazione: il cielo è spesso violaceo, bucato dalle luci metropolitane pallide e spettrali. I tratteggi frenetici, instabili ed irrequieti di Campbell ricordano l’artista John Ridgway e caratterizzano le figure protagoniste della storia, primo tra tutti John Constantine. Piccoli dettagli come le pieghe nell’impermeabile, i capelli arruffati e il ghigno diabolico fanno tutta la differenza, così come la fanno le “voci” di John Constantine: Hellblazer.
Spurrier immerge il lettore in una metropoli profondamente divisa, tra vecchi, rissosi tories e affascinanti donne buttafuori, piccoli spacciatori e aruspici protetti dalle tenebre delle palazzine dei malfamati quartieri londinesi. Questi ultimi sono protagonisti del #1 e del primo arco narrativo della serie, una trama legata a misteriose creature, fantasmi “angelici” a caccia di tossicodipendenti e junkies che infestano un parco pubblico Londinese come fatine in un bosco.
Il ritorno ad un pesante utilizzo del cockney, l’ambientazione azzeccata e fonte di costante, tagliente commentario sociale e l’atmosfera lugubre, alleggerita dal sardonico protagonista, sembrano un vero e proprio ritorno di forma all’origine di tutta la magia di Constantine: Vertigo sembra vivere ancora, con Spurrier conscio di non potersi limitare ad un scimmiottamento. Lo scrittore ha letteralmente aggiornato l’Hellblazer al 2019, coadiuvato da un team artistico che riesce a rendere tangibile e nauseante l’aria pesante, ammuffita e sporca della Londra più nascosta, quella più affascinante da esplorare se si è amanti del morboso e dell’occulto. Un primo albo di debutto che sembra scrollarsi di dosso le paure e le incertezze, annidate tra le sgualcite cuciture di un malandato impermeabile.