Mitsuru Adachi Chronicle: Arcobaleno di spezie
Ritorna la Cronaca che racconta le opere di uno dei maestri del Fumetto del Sol Levante, con un’opera che solo apparentemente è un divertissement giocato tra fantascienza e storia, ma che nasconde tanti punti di vista da cui guardare la grandezza del Giappone e l’amore che Adachi prova per la propria terra.
La Cronaca di Mitsuru Adachi stavolta si allontana dalle ambientazioni sportive per presentarvi il titolo più originale e variegato della produzione del Nostro: Arcobaleno di Spezie (Niji-iro tougarashi), edito in Italia dalla Flashbook nel 2010 (in Giappone nel 1990). La storia è tra le più complesse ideate dal nostro autore preferito, mescola infatti ricostruzione storica, fantascienza, love comedy e addirittura crime fiction, tutto unito dal suo stile inconfondibile e dalla sua voglia di divertire.
Futuro, pianeta Sconosciuto, con nessun contatto con la Terra, una città che sembra somigliare, ma è solo un’impressione, alla Tokyo di secoli fa: qui si avvia il giovane Shichimi (15 anni) con la precisa indicazione di rintracciare Casa Karakuri e mostrare una noce con su scritto il numero 4: sono le ultime volontà della madre appena morta, che non gli ha mai voluto rivelare l’identità di suo padre. Il giovane trovato l’edificio scopre che è già abitato da cinque giovani fratellastri: Goma (22 anni), attore di Rakugo, Keshi (18 anni) monaco buddista, Natane (13 anni)l’ unica ragazza, Chinpi (10 anni) precocissimo inventore e Sansho (3 anni) ancora più precoce ninja. Il responsabile, il signor Hikoroku, gli spiega che sono anche suoi fratelli, compreso un altro in viaggio, il pittore e spadaccino Asajiro (20 anni) e che tutti hanno madri diverse, ma lo stesso, libertino, misterioso, padre.
Da qui inizia dunque la storia dei sette fratelli, tanto diversi ma uniti come i colori dell’arcobaleno, che si mescolerà a quella del temibile ronin Furon, dello Shogun e del suo pericoloso fratello, di due stranieri arrivati misteriosamente su quello che sembra un UFO, della figlia dello shogun Koto, del suo cugino bandito, dei clan ninja Kaga e Fuma e di un giovane cowboy di nome Billy. Quando i fratelli si metteranno in viaggio per visitare le tombe delle loro rispettive madri scopriranno che sulla loro testa c’è una taglia di ben 500 ryo, che qualcuno li vuole morti ma non sanno perché e che tra loro uno non è figlio dello stesso padre, ma tutto si chiarirà per il meglio nel volume finale, il numero 11. Tra divertimento, risate e commozione assicurati.
Al di sotto dello strato goliardico e sentimentale, che ormai sappiamo essere la firma immancabile di Adachi, quest’opera nasconde molto di più, anche oltre i rimandi ai nomi dei personaggi. Titolo e nominativi infatti, si riferiscono tutti alle spezie tipiche del Giappone: il protagonista Shichimi è il peperoncino, Goma il sesamo, Asa(jiro) è la canapa, Keshi i semi di papavero, Natane la colza, Chinpi la scorza di limone e Sansho il pepe di Sichuan. Insieme danno sapore, il sapore caratteristico dell’Oriente: infatti quest’opera è un omaggio al Paese del Sol Levante, una celebrazione di quello che era e che è, delle sue caratteristiche peculiari che lo rendono unico nel mondo.
Osservando infatti le abilità dei fratelli si può notare come ognuno ne rappresenti un aspetto: il teatro, quindi la spettacolarità (ma ricordiamo che il Giappone ha diverse forme teatrali del tutto originali e fondamentali per la cultura e la società); l’arte, sia quella figurativa ma anche quella della spada (caratteristica questa che accomuna quasi tutti i fratelli), che rimanda alla figura prettamente nipponica del samurai e delle sue scelte etiche, che hanno fondato la civiltà della nazione (e a Musashi Miyamoto, figura iconica per eccellenza); la religiosità, la spiritualità dei monaci e dei bonzi; l’ingegnosità della mente, la capacità di creare opere tecnologiche e ingegneristiche; la destrezza fisica, nella figura storica e epica dei ninja; e infine anche l’immagine femminile, che è da una parte una Yamato Nadeshiko (donna ideale e femminile, materna) dall’altra pronta a sguainare la spada per difendere chi ama. Non stupisce peraltro scoprire (nel primo volume, quindi non è spoiler) che lo sfuggente genitore altri non è che lo Shogun, il “padre” della patria stessa, che dovrebbe racchiuderne tutti i pregi.
Ma oltre ad essere un canto d’amore alla propria terra d’origine, questo manga è anche un canto d’amore alla Natura e alla Madre Terra: i due stranieri venuti da un altro pianeta portano in questo universo pacifico e incontaminato le armi, le fabbriche, l’aggressività guerrafondaia («è inutile mettere bocca con indagini storiche», N.d.Adachi) e la loro crudele volontà di distruggere e inquinare, ma tutto poi si arena e si addolcisce quando nasce un bambino: l’innocenza che distrugge l’odio, e almeno questa Edo del Futuro/passato potrà restare pulita, senza elettricità e comodità, ma piena di gioia e serenità. E per una volta, davvero, vivranno tutti felici e contenti.