Disability Pride Month: intervista a Luigi Formola e Valerio Forconi
In occasione del Disability Pride Month, che ricorre a luglio di ogni anno, abbiamo incontrato gli autori di Il mondo in un punto fisso, lo sceneggiatore Luigi Formola e l’illustratore Valerio Forconi, per farci raccontare qualcosa di più sulla storia di Arturo, l’adolescente nello spettro autistico protagonista del loro ultimo fumetto uscito con Saldapress.
Ciao Luigi e Valerio, benvenuti su Dimensione Fumetto, grazie per il vostro tempo. Il mondo in un punto fisso mette al centro il tema dell’autismo e dell’inclusione: se nella letteratura è più facile trovare autori e autrici che affrontano il tema della disabilità intellettiva, questo non accade nella stessa misura nel media fumetto. I titoli che parlano direttamente di disabilità ci sembrano pochissimi, secondo voi per quale motivo?
Luigi: La prima volta che ho iniziato ad avere percezione di cosa fosse l’autismo è stato proprio grazie a un libro letto in adolescenza. Era Il curioso caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon, il quale con grande delicatezza e bravura è riuscito a raccontare i comportamenti e i pensieri di un ragazzo autistico.
In seguito, molte volte mi sono imbattuto in personaggi autistici ma nei fumetti è ancora un aspetto che viene affrontato poco e spesso male. Anch’io prima di scrivere Il mondo in un punto fisso mi sono interrogato se avessi le giuste competenze e, alla fine, ho riversato nella storia le mie conoscenze da docente e tutta la delicatezza nel raccontare la quotidianità di un ragazzo autistico e i suoi compagni di classe.
La difficoltà di ritrovare tanti titoli che affrontano le neuro divergenze deriva da due fattori principali: il più importante è che viene riservato ancora troppo poco spazio ad autori autistici per poter raccontare le loro storie; il secondo è che spesso si racconta l’autismo come “osservatore esterno” finendo per dare un quadro che è a metà strada tra il divulgativo e il graphic journalism che non riesce ad essere d’impatto.
L’autismo ha bisogno di storie che nascono da dentro, che indagano i sentimenti e l’emotività.
Come è nata l’idea di raccontare il punto di vista di un ragazzo autistico adolescente? Vi siete “scelti” da soli o è stato l’editore ad avvicinarvi?
Luigi: La genesi di Il mondo in un punto fisso è stata lunga, principalmente perché è una storia che ha richiesto una pianificazione dettagliata e adeguata. L’idea è nata durante il mio primo anno di docenza come insegnante di sostegno. Da buon osservatore ero affascinato dal microcosmo scolastico e da quanti fossero gli spunti narrativi cui venivo sottoposto ogni giorno. Poi c’è stato uno switch, un momento che ho capito chiaramente che avevo una storia da raccontare.
L’alunno che seguivo quell’anno era un ragazzo autistico con caratteristiche simili ad Arturo, il protagonista della storia; una delle stereotipie dei ragazzi autistici è perdersi con lo sguardo e fissare un punto. In quell’istante, mentre osservavo il mio alunno, non verbale, mi sono chiesto, “chissà cosa sta immaginando! Sarebbe bello poterlo sapere.” E da quella domanda è nato il mondo interiore di Arturo che, ovviamente è pura fantasia narrativa.
Valerio: Io e Luigi ci siamo incontrati grazie a un altro disegnatore che aveva fatto il mio nome a lui. Luigi: Appena ho visto il lavoro di Valerio sentivo che era una storia adatta a lui. E così è stato!
Valerio: Mi sono trovato catapultato con entusiasmo nel mondo di Arturo, e da quel momento non abbiamo mai abbandonato l’idea finché saldaPress non ha trovato interessante il nostro progetto e ha creduto quanto noi nella storia.
Quanto è durata la lavorazione e quanto è cambiato il fumetto dall’idea originale al risultato finale?
Luigi: L’embrione di Il mondo in un punto fisso l’ho sviluppato durante il viaggio di ritorno in treno da Lucca Comics 2019. Lucca è sempre un momento per ricaricarsi e mettere a fuoco nuove idee. Valerio è stato coinvolto nel progetto nella primavera seguente, nel pieno della pandemia 2020, e da quel momento è stata una lunga ricerca per l’editore giusto per questa storia. Infine, l’inizio reale della lavorazione del volume è stato gennaio 2023 con la scrittura della sceneggiatura completa e di seguito i disegni. È stato uno dei fumetti più veloci sui quali ho lavorato, soltanto un anno! Che per le tempistiche di un graphic novel è decisamente poco. L’idea originale è rimasta di sostanza la stessa dall’inizio alla fine. Ciò che è cambiato è stato il mio approccio e la documentazione sull’argomento. È cambiata la mia consapevolezza dell’autismo e della terminologia giusta da utilizzare; per contestualizzare, quando ho iniziato a scrivere la prima proposta nel 2019, nel mondo scuola era consuetudine utilizzare termini come “basso funzionamento” per riferirsi alla condizione di ragazzi come Arturo. Crescendo come docente e imparando a conoscere sempre più da vicino le persone autistiche, riesco a vedere più chiaramente quanto ampio e pieno di differenti sfaccettature sia lo spettro autistico. Purtroppo, ci sono ancora tanti limiti. Ancora oggi in ambiti dove non si riesce a comprendere a fondo la condizione di una persona autistica, si continua a sottolineare il suo “funzionamento” e ciò diventa limitante per una inclusione che sia reale.
Aldilà dei vostri ruoli di sceneggiatore e disegnatore, quanto vi siete influenzati l’un l’altro nel definire storia e disegni?
Valerio: La nostra grande fortuna è stata avere una sintonia incredibile.
Luigi: Questa è la nostra storia, non solo la mia disegnata da Valerio. Arturo, Ricky, Irene e tutti gli altri personaggi sono frutto di una continua ricerca che abbiamo svolto insieme. Valerio ha arricchito quella che era la mia visione iniziale dei personaggi, al punto che poi hanno iniziato ad avere vita propria. Mentre scrivevo e mi confrontavo con Valerio è capitato spesso che ci siamo ritrovati a ridere dicendo: “Questa scena è proprio da Ricky”, oppure “Guarda come lo sguardo di Irene racconta che sta per dare di matto”.
Al di là delle due dimensioni narrative, realtà e circo/immaginazione, le indicazioni specifiche che ho dato a Valerio sono state sulle stereotipie di Arturo. Raccontare per immagini i movimenti di un ragazzo autistico è stata una bella sfida, caricata anche dal silenzio di Arturo che non riesce a comunicare a voce con il mondo esterno.
Oltre che di autismo, il vostro fumetto parla anche di bullismo e di cambiamento climatico. Dietro Il mondo in un punto fisso c’è anche un intento divulgativo/didattico?
Luigi: Sì, più divulgativo che didattico. Tra le pagine non c’è nessuna spiegazione scientifica o didascalica sull’autismo, sul bullismo, né altro. Quello che il lettore vede attraverso Arturo, Ricky e Irene vuole essere una fotografia di ciò che vivono oggi i ragazzi della Generazione Z, che sono i miei studenti. Li ascolto e li vedo quando affrontano battaglie per la ricerca della loro identità, per non essere mangiati dal branco dei più forti e quando si battono per qualcosa in cui credono come il cambiamento climatico.
È inevitabile, la scuola è il luogo in cui i ragazzi affrontano per la prima volta il mondo fuori dalle mura domestiche, e a scuola c’è tutto. Ci sono i sorrisi ma ci sono anche le lacrime, e c’è tanta prevaricazione. Il bullismo, oggi, è ancora più subdolo tra gli adolescenti che si sentono minacciati anche attraverso la rete senza poter sapere se chi riversa odio può essere anche il proprio compagno di banco. Ripeto, è una fotografia che vuole evidenziare le criticità ma anche le potenzialità che hanno gli adolescenti che spesso non sono colte dai docenti.
Qual è stata la sfida più dura nel rappresentare una persona che ha difficoltà comunicative come Arturo?
Valerio: Sai, durante il percorso di studio di un disegnatore un aspetto fondamentale nella didattica è quello dello studio della recitazione dei personaggi. Il fumetto comunica non solo con i testi ma anche e soprattutto con le immagini. Per questo studiare l’anatomia e la recitazione umana è fondamentale, ma in un percorso di studi canonico, la comunicazione non verbale di una persona autistica con ritardo cognitivo come Arturo è un qualcosa che non capita di poter studiare.
La grande difficoltà, se vogliamo definirla così, l’ho riscontrata nel fatto che avevo poco materiale di altri disegnatori da cui prendere ispirazione. Luigi mi ha aiutato moltissimo ovviamente, mi ha fornito video, immagini e documentazione sulle quali ho potuto esplorare modi “divergenti” di comunicare le emozioni. Li dove per un personaggio neurotipico, mi bastava disegnare un semplice sorriso sul volto per esprimere felicità, per il protagonista della nostra storia non era così. Tutto questo mi era chiaro fin dalla prima lettura del soggetto e forse, non lo nascondo, questo aspetto della storia è stato fra quelli che mi ha stimolato di più e mi ha fatto dire “Questa è la storia che cercavo”.
Con quali criteri avete impostato le palette cromatiche dei mondi di Arturo?
Valerio: Inizialmente io e Luigi avevamo intenzione di realizzare una graphic novel completamente a colori. L’idea era però quella di limitarci a giocare con tonalità e saturazione per staccare i due mondi. Durante le fasi finali dell’accordo con Saldapress, insieme al nostro editor Alessio Danesi, ci siamo chiesti se non fosse il caso di accentuare questo stacco. La “realtà” bicroma, con questo celeste imperante, vicino al grigio, e la “fantasia/circo” invece con dei colori accesissimi, non avrebbero lasciato alcun dubbio al lettore e lo avrebbero immerso nella lettura al meglio.
Ma non mi sono limitato solo a questo, anche le linee ed il trattamento delle campiture cambia da realtà a circo, da una parte tinte piatte e linea chiara, dall’altro un effetto pastello e linee più modulate e dinamiche.
Stesso discorso vale per closure e balloon, insomma, l’idea era quella di far convergere due mondi molto lontani fra loro in modo netto, che non desse al lettore la possibilità di chiedersi di vignetta in vignetta in quale dei due mondi si trovasse. Un piccolo easter egg che riguarda la colorazione: i pastelli che usa Arturo durante i suoi esercizi a scuola, sono il Rosso, Viola, Blu, Verde e Giallo, che poi sono le palette principali dei protagonisti del circo, Arturo il presentatore, Ricky il clown, Irene equilibrista, i genitori domatori della tigre e Tommaso Mangiafuoco! In più ci sono alcune scene della realtà dove per sottolinearne il pathos ho scelto di mostrare solo le linee, annullando completamente ogni tipo di colorazione, in quei casi, volevo rallentare la narrazione, immergendo i personaggi in dei momenti quasi fuori dal tempo.
Sappiamo che oltre che nelle fiere del fumetto avete presentato il volume anche in alcune scuole, che esperienza è stata?
Entrambi: Con Il mondo in un punto fisso stiamo scoprendo un pubblico nuovo. Durante le fiere si sono interessati al fumetto non solo gli appassionati e i lettori, ma anche genitori di ragazzi autistici e docenti di sostegno che hanno trovato nella storia di Arturo uno spunto in cui rivedere le proprie esperienze personali.
Nelle scuole, finora, è stato tutto più amplificato. Raccontare e dialogare con studenti di una storia che sostanzialmente parla di loro è stato gratificante. Soprattutto quando ad avvicinarsi sono stati studentesse e studenti autistici che, timidamente, ci hanno posto domande sui personaggi. Per una volta, avevano qualcuno che raccontasse dinamiche che conoscono bene.
Luigi: Inoltre, durante le presentazioni a scuola è emerso che i ragazzi hanno una consapevolezza nettamente maggiore della complessità dello spettro autistico e di quanto sono più predisposti ad includere rispetto agli adulti che sono spesso ancora legati al concetto di “inserimento”. I ragazzi, invece, comprendono con più facilità che l’unione fa la forza e che bisogna rendere la scuola un luogo senza barriere. Come già detto, non sempre è così, ma personalmente, posso definirmi un docente fortunato che ha trovato classi e studenti che capiscono l’importanza di essere squadra.
Qual è secondo voi l’errore più grande che si può fare quando si interagisce con una persona come Arturo?
Luigi: Gli errori sono ancora innumerevoli. Nel caso specifico dei ragazzi autistici non verbali, l’errore più grande è parlare in loro presenza della loro condizione come se non fossero presenti. È una terribile spersonalizzazione, come se loro non “sentissero” quelle parole.
Inoltre, si tende spesso a cambiare atteggiamento e modo di comportarsi quando ci si relaziona con persone autistiche e, ovviamente, loro percepiscono questo cambio che non aiuta a farli sentire inclusi in un contesto. Questo purtroppo è frutto ancora di una visione che sono le persone autistiche a doversi “adattare” al contesto e non viceversa. La maggior parte delle persone non comprende di quanto una piccola attenzione nei gesti e comportamenti possa aiutare una persona autistica che è sovraesposta a stimoli sensoriali amplificati.
Quest’anno ricorrono i 100 anni dalla nascita di Franco Basaglia, lo psichiatra che si è battuto per ridefinire l’approccio alle malattie mentali avviando la chiusura dei manicomi nel 1978 e contrastando la marginalizzazione dei più fragili. La legge 180 fu una rivoluzione e un vanto per l’Italia nel resto del mondo. Oggi, secondo la vostra esperienza, siamo ancora così all’avanguardia nella percezione e nell’integrazione delle persone neurodivergenti del nostro paese?
Luigi: Lo dico fuori dai denti. Viviamo tempi bui, con esponenti vicini al governo che fanno propaganda di una valorizzazione dei “più meritevoli” a discapito delle persone fragili. Il claim di Il mondo in un punto fisso è “Nessuno lascia indietro nessuno”, è questa la visione che è stata costruita a fatica nel corso degli ultimi 50 anni nel mondo scuola, con le grandi rivoluzioni legislative degli anni ’70, l’abolizione delle classi differenziali e l’introduzione della figura del docente di sostegno.
La scuola italiana, con tutte le criticità che la caratterizza, è comunque avanti su tanti altri modelli europei. È stata una visione costruita a fatica partendo proprio da Franco Basaglia e tutti i pedagogisti che hanno spostato la visione della scuola per porre gli studenti al centro del processo scolastico e non soltanto la trasmissione del sapere. Una visione che rischia di non essere più questa che viviamo. L’inclusione delle persone neuro divergenti parte proprio dalla scuola, dove tutti i giovani si formano come persone e riescono ad essere cittadini attivi; se riportiamo l’idea che vanno tutelati solo “i meritevoli”, rischiamo di far ripercuotere questa visione anche nella società. E allora potremmo anche cancellare la parola avanguardia.
A cosa state lavorando ora?
Valerio: stiamo gettando le basi per un nuovo libro insieme, ma è tutto ancora in fase di definizione, non possiamo dirvi niente!
Luigi: per il 2025 uscirà in Francia per Ankama un graphic novel disegnato da Antonio Caputo, con il quale ho già lavorato su Auf Wiedersehen, Pulcinella!, e un primo volume di un progetto più ampio per Jungle scritto sempre da me con Dario Custagliola e disegnato da AlbHey Longo. Infine, arriveranno i volumi due e tre di Underdogs, la serie Saldapress scritta da Frekt e me e disegnata da Francesca dell’Omodarme.
Grazie Luigi e grazie Valerio per il vostro tempo. A presto!
Valerio: Grazie a voi.
Luigi: Grazie mille dell’invito.