L’Invincible leggerezza dell’essere Kirkman, una recensione indegna
Attenzione: in questo articolo non ci sono zombie, maghetti, indagatori dell’incubo, pirati gommosi, pattuglie di cani, maledetti pony, Sio. Qui si parla di supereroi.
Premessa: un recensore è un recensore è un recensore
C’è un momento nella vita in cui ti accorgi di non essere più giovane. È un momento che capita a tutti quanti, e non dipende certo dall’età: c’è chi se ne accorge a 25 anni e chi se ne accorge a 55.
A ognuno capita in modo diverso. Ecco come capitò a me.
Ero con mia figlia. Non ricordo di cosa parlavamo: io la rimproveravo bonariamente di qualcosa, qualcosa che lei non capiva. Non poteva capirlo perché era troppo piccola, così le ho detto: “Beh, un giorno ripenserai alle mie parole e capirai che avevo ragione.”
Porca vacca, pensai tra me e me. Questo me lo dicevano sempre i miei. È la frase che dici a qualcuno quando già credi di sapere come andrà la sua vita, cosa sia giusto e sbagliato; è la frase che dici a qualcuno quando tu hai già vissuto quello che stanno vivendo loro.
È la frase del disincanto, del “già visto, già fatto”. È la frase di uno che sta scrivendo una recensione della vita.
Già, questo ero diventato: uno che ha letto già un milione di pagine di quel fumetto sfaccettato che è la vita di un giovane e non ci vede niente di nuovo. Uno che, non potendo (non sapendo) più apprezzare quelle pagine con lo sguardo innocente, si accontenta di recensire le vite altrui.
Ecco: invecchiare, in fondo, è diventare un recensore della vita.
1- Un fumetto è un fumetto è un fumetto
Recensire i fumetti di supereroi, oggi, è più o meno la stessa cosa. L’incanto è finito e ormai ci sembra di aver visto tutto quanto e anche il suo contrario. Può capitarti di imbatterti in qualcuno che spalanca gli occhi di fronte ad una pellicola Marvel (o ad un fumetto) e allora lo guardi con tenerezza, pensando al giorno in cui si accorgerà che è tutto una grossa burla, il ripetersi sempiterno degli stessi meccanismi riciclati e riciclati e riciclati ancora finché non ti viene la nausea. Così recensisci i suoi fumetti con l’urgenza di avvertirlo di non starci a spendere troppe energie.
Però poi, sotto sotto, lo invidi pure: invidi lo sguardo innocente, e vorresti tornare a quando avevi 15 anni e ci credevi davvero, che Hobgoblin avesse tolto il senso di ragno a Peter Parker.
2- E poi arriva Kirkman
«È bello avere una nemesi principale e una battaglia ricorrente tra due forze. È buono e giusto, ma quando hai combattuto il Dottor Octopus 4000 volte e il risultato è sempre lo stesso, la cosa comincia a diventare poco realistica. Con Invincible sto provando a fare supereroi in modo fantastico, pazzo e bizzarro, ma allo stesso tempo, sto provando a dargli più sostanza rispetto al tipico albo Marvel e DC. Una parte di questa sostanza è non avere personaggi che escono fuori e fanno praticamente la stessa cosa ogni volta che appaiono.»
Ora voi dovete capire l’effetto di queste parole sull’animo rattrappito di un recensore di 40 anni. Sono state pronunciate da Robert Kirkman in un’intervista rilasciata ad IGN. Andatevela a leggere, se conoscete l’inglese. Per quanto mi riguarda se Kirkman avesse camminato sull’acqua moltiplicando pani, pesci e patatine fritte davanti ai miei occhi, lo avrei venerato di meno.
Ora, la maggior parte di voi conosce Kirkman per i suoi zombie. Pochi conoscono Invincible, serie supereroistica giunta finora negli Stati Uniti al numero 124 e pubblicata in Italia, in volumi e spillati da edicola, indovinate un po’ da chi, dalla SaldaPress. I disegni sono di Cory Walker e Ryan Ottley, e se questi nomi non vi dicono niente, beh, è un problema vostro.
Ora, se non è ben chiaro quello che vogliamo dirvi, proveremo ad usare un’iperbole: Kirkman sta al genere supereroistico come Leone sta al genere Western. Così vi accorgerete che il genere supereroistico non è morto. La Marvel e la DC ci stanno provando da anni a ucciderlo, picchiandolo dietro un vicolo e dandosi il cambio. Ma quello niente, è più forte, resiste.
Invincible, come serie, eredita un po’ quello che era stato il Savage Dragon dei bei tempi: Supereroismo con la S maiuscola, senza le pastoie delle major che devono far quadrare i conti e salvaguardare le proprietà intellettuali. Tematiche tipiche del genere esplorate però con realismo e, soprattutto, convinzione.
Mark Grayson è un liceale che si ritrova padrone di poteri strabilianti. Come il “C’era una volta” delle fiabe, non c’è storia di supereroi che non possieda, in qualche forma, questa premessa. Ci sono i cattivi, dotati di superpoteri; ci sono le grandi battaglie, i dilemmi morali, e tutto il cucuzzaro. Eppure non una sola volta, in 124 numeri, arriva il momento-recensione, quando pensi che questo l’hai già letto o quest’altro sai già come andrà a finire. Ogni singolo tema tipico dei fumetti dei supereroi è affrontato così come raramente è stato fatto.
Non abbiamo detto una sola parola sulla trama perché, per una volta, rovinarla sarebbe un delitto imperdonabile. I disegni sono moderni e funzionali, e tanto basti. Ma tutto quello che è necessario sapere è che, quando finisce un numero, non vedi l’ora che esca il prossimo.
Quanto durerà? Chi può dirlo. 124 numeri sono tanti, Fantastic Four, ai tempi d’oro, non resse il ritmo tanto a lungo. Correte a leggere Invincible, finché dura: con lo sguardo di un quindicenne, la bocca spalancata, quella stessa Meraviglia che, per Aristotele, era la madre della Filosofia, e che per noi, più umilmente, è madre del piacere puro di leggere di supereroi.