Dragon Quest: L’emblema di Roto, crescita ed evoluzione
Era il 1998 e nelle edicole italiane faceva capolino il primo numero di una delle saghe fantasy più famose di sempre: Dragon Quest – L’emblema di Roto. A vent’anni dalla prima edizione italiana e due dalla ristampa in Perfect Edition, le edizioni Star Comics pubblicano il seguito di questa avvincente saga. Consigliata da DF!
Era il 1998 e nelle edicole italiane faceva capolino il primo numero di una delle saghe fantasy più famose di sempre: Dragon Quest, l’Emblema di Roto. A distanza di vent’anni dalla sua prima edizione italiana e a due anni dalla sua ristampa in Perfect Edition, le edizioni Star Comics si apprestano a pubblicare il seguito di questa avvincente saga e noi di Dimensione Fumetto vi diciamo perché dovete leggerla!
Nata nel 1985 dalla mente di Yuji Horii e del suo studio Amor Project e dalle matite di Akira Toriyama, Dragon Quest (nota in Occidente anche come Dragon Warrior) è considerata una delle saghe JRPG più importanti del panorama videoludico mondiale, talmente di alto valore che la sua influenza ha segnato molti dei titoli usciti successivamente, uno fra tanti l’altro pilastro del settore, Final Fantasy.
Caratteristiche comuni a tutti i videogiochi del genere RPG sono la presenza di un protagonista valoroso affiancato da un gruppo di comprimari con il quale deve svolgere un viaggio, vincere guerre e missioni, acquisire punti vita, punti esperienza, punti forza e quant’altro, il tutto votato a sconfiggere nemici di livello sempre superiore fino ad arrivare al boss finale per la vittoria definitiva.
Kamui Fujiwara, disegnatore de L’emblema di Roto dichiara di essere da sempre un grande fan della saga e racconta, in una delle sue postfazioni, l’orgoglio e la gioia provati nel momento in qui gli venne proposto di dedicarsi alla realizzazione di questo manga.
Nelle pagine del fumetto ci viene raccontata la storia di Arus, erede legittimo al trono di Roto e discendente di Arel, il protagonista del terzo capitolo videolugico di Dragon Quest, e del suo cammino per divenire un prode guerriero per poter sconfiggere il Re Demone Imajin. Come lo stesso Fujiwara dichiara, non è facile poter riprodurre su carta le atmosfere del videogioco e, proprio perché il mezzo a sua disposizione è ben diverso, decide fin da subito di gettare delle regole ben precise per uno svolgimento coerente della storia: in primo luogo non sono ammesse le resurrezioni, evento tipico in un RPG che si rispetti, né basta cambiare un’arma affinché il protagonista diventi più forte. Quello su cui l’autore punta fin da subito è la crescita personale e spirituale dovuta alla forza di volontà, all’impegno e alla dedizione, e tutta la storia non è altro che un percorso evolutivo volto all’unico scopo di trasformare il giovane Arus nel Prode guerriero della leggenda. Importanti sono le prove che il giovane di Roto dovrà superare, prove nelle quali sarà presto affiancato dai discendenti dei tre maestri della leggenda, Kira il maestro della spada, Yao del pugno e Poron della saggezza. Tutti e quattro i protagonisti avranno uno spazio importante nella storia, tutti avranno una forte e profonda evoluzione e un faticoso processo di crescita e tutti saranno essenziali alla riuscita della vittoria finale.
Un aspetto che mi è subito saltato all’occhio nella rilettura consecutiva del manga è stato proprio l’evidente processo di crescita e di come i ritmi, più pacati e lenti nei primi volumi, subiscano un’evidente accelerata verso metà della serie fino a divenire serrati e avvincenti negli ultimi. Questo processo è maggiormente evidenziato dalla sopracitata crescita dei personaggi e dalla loro caratterizzazione ben delineata fin da subito e sviluppata molto bene nel corso di tutto il racconto. Particolarmente azzeccato, per il sempre vincente effetto nostalgia, l’inserimento di personaggi già comparsi nella controparte videoludica che qui ritroviamo con il ruolo di coprimari secondari utilizzati spesso come dispensatori di informazioni, un po’ quello che avviene anche nei videogiochi quando devi consultare dei personaggi affinché la storia possa proseguire.
Efficace e funzionale il disegno con un tratto spigoloso e ben delineato, tipico degli shonen manga, arricchito dal certosino lavoro di restauro che lo stesso autore ha effettuato.
Visto che molte tavole originali sono andate perse, Fujiwara ha dovuto scansionare i volumi per recuperarle ed è stato costretto a dover ridisegnare diverse sequenze. Il lavoro del Maestro era finalizzato, inizialmente, a uniformare il tratto, che inevitabilmente in un’opera subisce un’evoluzione stilistica, il suo rispetto per il lettore l’ha però portato a un lavoro ancora più accurato non limitandosi a un freddo e meccanico restauro, ma ponendo molta attenzione affinché questa operazione non andasse a intaccare le atmosfere originali.
Ultima, ma non per importanza, l’edizione: la Perfect Edition della Star vanta 15 corposi volumi con copertina lucida e dettagli opachi, all’interno troviamo riprodotte con fedeltà le tavole a colori, le illustrazioni e numerosi schizzi preparatori, diversi approfondimenti e interessantissimi appunti di Fujiwara stesso. Una degna edizione per un’opera che è una pietra miliare del genere e della quale suggerisco caldamente la lettura in vista dell’arrivo del seguito previsto per gennaio 2019, ma ancor prima del volume speciale che fa da unione tra questa e la nuova serie e che uscirà proprio questo mese.
Che dire, buona lettura a tutti e che la Sacra Rubiss vi protegga sempre.