Cosa spetta ai vinti? Gloria o guai?

Interessante caratterizzazione storica che rimanda a profonde riflessioni sul valore della vittoria e della vendetta, in Gloria Victis di Juànra Fernànez, per le Edizioni Star Comics.

Vae Victis (Guai ai vinti!) è la famosa locuzione latina che Tito Livio attribuisce a Brenno (Ab Urbe Condita,V, 48), per cui chi è sconfitto deve sottostare alle condizioni dei vincitori, senza poter ribattere.

Ma ai vinti può essere attribuita la gloria, addirittura un trionfo? Nel nostro mondo moderno, in cui chi vince prende tutto, Brenno non si sarebbe trovato male.

Invece Juanra Fernàndez, inventore di storie per il cinema e per i fumetti, si lascia ispirare da una stele funeraria vista nel Museo Archeologico di Cuenca, dedicata a un auriga di nome Aelio Hermeros.

Fernàndez, con l’aiuto dei disegni di Mateo Guerrero e dei colori di Javi Montes, racconta la storia del figlio omonimo di Aelio, reso schiavo dalla sconfitta e morte del padre a soli trentatré anni.

Una storia verosimile, un vero e proprio romanzo storico, in cui compaiono personaggi realmente esistiti. Primo fra tutti lo sportivo più ricco della storia, l’auriga Gaius Appuleius Diocles, in realtà più portoghese che spagnolo. Vincitore di quasi 1500 corse, per questo considerato il più grande conduttore di bighe della storia. E due imperatori: Lucio Vero, e il futuro imperatore Commodo.

I personaggi reali si intersecano con quelli inventati. Tra i quali troviamo delle citazioni interessanti, come il gladiatore gallico, che si chiama Caturix, nome gallico del dio della guerra. O il gladiatore trace Cannicus, citato nell’iscrizione pubblicitaria dei ludi romani, che ricorda il nome dello schiavo celtico (Gannicus) che prese parte alla rivolta del più famoso trace Spartaco. L’avversario di Aelio si chiama Victor, che vuol dire vincitore. Aelio stesso suona come Helios, il nome greco del dio del sole, successivamente soppiantato da Apollo. Entrambi sono identificati come auriga del carro del sole. Da qui anche il titolo del primo volume della serie: I figli d’Apollo.

Fernàndez ricostruisce attentamente molte delle caratteristiche dell’ambientazione, in Gallia come a Roma, mettendo a disposizione del fumetto la sua esperienza cinematografica. Per cui rende verosimile tutto: luoghi, nomi, date, aspetto dei personaggi, regole dei giochi. Senza parossismi e con grande dovizia di particolari. Utilizza anche alcuni versi di opere non certo famosissime, dalla Historia Augusta, al dii inferi, arrivando a riprodurre una iscrizione usata per indicare le gare che si svolgevano nel Colosseo (allora ancora Anfiteatro Flavio).

La storia percorre dodici anni della vita di Aelio: dal dramma alla gloria. Il dramma della morte del padre nel circo di Ilici per mano dei due Victor, padre e figlio, anch’essi omonimi, anche se con un rapporto del tutto diverso di quello fra gli Aelios.

E qui, fin dall’inizio, l’oracolo premonisce, annunciando gloria victis.

E Aelio è un vinto, deve tornare schiavo, ripartire da nulla.

Ma il suo legame con i cavalli e con le corse prima lo rende un uomo libero e poi sembra aprirgli la strada a una vita almeno con la prospettiva dell’amore. Ma fra due schiavi non è facile. Tra vinti…

Aelio sembra essere davvero libero solo quando guida le bighe e le quadrighe, nel circo. Anche se deve soffrire l’illecita sconfitta, dà prova di grande coraggio. E qui l’intero stadio lo onora della gloria dei vinti urlando a una voce le parole dell’oracolo. Mentre il vincitore, Victor, dopo aver mostrato slealtà, dà anche prova di crudeltà, prendendosi una vendetta eccessiva. È la vendetta contro tutti il leit motif del vincitore (parziale) di nome e di fatto.

Vendetta che non ferma l’ascesa di Aelio, pur ferendolo profondamente. Ma piano piano, con l’aiuto del ricordo di suo padre e di alcune persone, passa per i giochi di Tarragona, poi di Narbonne e infine di Roma.

Nella scrittura di Fernàndez si enucleano sempre più i buoni e i cattivi; i vinti e i vincitori. In realtà il sapore della vittoria per chi è sempre stato un vinto è alla fine amaro, in particolare perché si confonde con quello non certo piacevole della vendetta.

Sembra esserci più gloria nell’essere vinti con onore, che nel vincere. La frase finale recita:

Cosa ci resta una volta compiuta la vendetta? Un sapore amaro ed effimero in bocca… e un altro ancora più amaro e persistente nell’anima…

Così la vittoria non persisterà, perché ferita dalla vigliaccheria dello sconfitto e dall’impeto di vendetta di Aelio, che così rimane vinto per sempre, pur avendo raggiunto la sua gloria.

La storia prende, ha un bell’alternarsi di sentimenti e sensazioni, e non finisce per forza tutto bene. Anche per Aelio c’è tutta la gamma dei sentimenti, espressa in modo anche violento (bella l’esplosione di rabbia alla fine del primo volume). La trama, basandosi anche sui riferimenti storici, funziona.

La sceneggiatura è molto cinematografica, con cambi di scena rapidi, a volte persino troppo. Al punto di creare momenti di confusione, con l’incrociarsi di personaggi secondari che si alternano e che richiedono un po’ di concentrazione e una rilettura attenta per mettere a posto tutte le caselle.

La stessa rapidità si trova nei disegni di Mateo Guerrero: la gabbia non è mai regolare, con vignette spessissimo sovrapposte e libere nelle dimensioni, nella forma e nel posizionamento. Il tratto è comunque didascalico, convincente, ma non sempre mi ha convinto nella dinamicità. Anche nel laocoontico naufragium in cui muore Aelio senior, la scena è una sequenza di fotogrammi con poca continuità, senza alcuna linea dinamica. Anche se i fotogrammi sono tanti, soprattutto nei momenti più intensi, i cambi di camera sono per lo più troppo rapidi.

Funzionano invece bene alcuni zoom sui personaggi.

Questa sensazione di discontinuità però permane per tutta l’opera.

La parte migliore dei disegni è comunque nei dettagli, nella capacità di esprimere le emozioni dei visi e degli occhi, nella precisione della riproduzione dei corpi.

Anche la colorazione è precisa ma con poche puntate in avanti. Realistica, gioca bene con le ombre ma, ad esempio, poco sottolinea le emozioni.

Per quanto riguarda l’edizione italiana, abbiamo trovato una disattenzione nelle traduzioni (viene lasciato nella prima tavola il termine fiston, con cui Aelio chiama il figlio: un vezzeggiativo francese per chiamare i figli ma di cui non abbiamo trovato riferimenti latini).

In definitiva un racconto di buon livello, con una caratterizzazione storica estremamente interessante e personaggi ben definiti, che però forse poteva dare qualcosina in più dal punto di vista più squisitamente fumettistico, nella parte grafica.

Gloria victis
2 voll., 112+96 pagg., 13€ cadauno
Fernàndez, Guerrero, Montes
Colore, 19.5×26
Star Comics

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