Colosso CDLIII: che i robottoni non li abbiano inventati in Giappone?

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Che i Romani fossero ottimi ingegneri lo sapevamo.
Ma che addirittura il Colosseo prendesse il nome da un enorme simulacro di legionario messo a difesa dell’Urbe…

Cityland Comix è una associazione culturale e casa editrice dedita al fumetto, nata da pochi mesi a Cinisello Balsamo, ma che vanta già diversi titoli. Pubblicati peraltro con ottima qualità (cartonati, carta … stampa…)

Gli autori affiliati sono diversi e provenienti da esperienze multiformi.

Tra le opere questa è certamente particolare, e lega l’attenzione per la mitologia e la storia del nostro passato, con la mitologia che noi, adolescenti e ragazzi della fine dello scorso millennio, abbiamo importato dal Sol Levante.

Così nasce probabilmente Colosso CDLIII, che ha anche un taglio etico molto chiaro:

Nello straordinario scenario della Roma Imperiale, si sviluppa una storia di onore, amore, amicizia e vapore, nella quale si ripropone l’eterno dubbio se sia opportuno per l’umanità sviluppare la tecnologia corretta quando le ragioni non lo siano altrettanto.

Etica ed epica, storia e fantascienza, in un lavoro che si legge tutto d’un fiato, anche se non è affatto banale o elementare. Si intrecciano infatti tanti elementi, nella trama e nell’ambientazione.

Lucio, praefectus fabrum, memore delle vittorie ottenute solo grazie all’aiuto degli alleati, vorrebbe trovare un’arma che rendesse l’esercito invincibile e l’Urbe inespugnabile. Per farlo si basa sulla Pneumatica di Erone di Alessandria, che ha avuto tanti meriti, compreso quello di pensare le prime macchine a vapore della storia. Ben diciassette secoli prima della rivoluzione industriale.

Lucio va ad Alessandria a trovare proprio Erone, che gli mostra i suoi prototipi, in particolare il progetto CDLIII, che sarà il motore del Colosso.

E lo porta con sé a Roma, insieme al cagnolino Senu, mascotte ma anche anima e in qualche modo protagonista dell’intera storia.

Il racconto si dipana tra le diverse linee e storie umane, tecniche e belliche, condito dalla politica della Roma imperiale e dalle vite personali dei protagonisti. Come ammettono gli stessi autori nella postfazione:

Abbiamo cercato di rispettare il contesto storico ma, in qualche occasione, è stato necessario concederci qualche licenza. A tale proposito invochiamo la vostra indulgenza e sappiate che […] lo si è fatto […] per amalgamare meglio il nostro canovaccio narrativo alle dinamiche socioculturali della Roma Imperiale dell’80 d.C.

In effetti si vede lo studio che gli autori hanno messo nella scrittura e nella rappresentazione. Dalla storia e società romana, dagli usi e costumi, dai personaggi, dai racconti bellici e dall’attenzione tecnica nel riprodurre anche gli schemi degli accampamenti o l’aspetto della Roma imperiale.

Dall’altra parte, anche il mecha design è di livello. Lo stesso Erone, insieme agli studi di termodinamica, inserisce tutta la parte di idraulica e di meccanica, parlando di sistema a baricentro variabile.

E non manca anche la parte scenica, con il casco-elmo indossato da Lucio quando si mette alla guida del suo Colossus.

I riferimenti del racconto e della grafica sono chiaramente legati a Goldrake, ma ci si può leggere anche qualche aspetto legato a Trider G7 o al Daitarn III, in particolare per il viso mostrato dal Colosso, e anche per le appendici laterali del volto e i coprispalle. Mentre l’arma a forma di falce fa chiaramente riferimento all’alabarda di Goldrake. In generale il busto che

Il mix tra epica e fantascienza (che poi è in fondo un’altra forma di epica) risulta così vincente.

In cui comunque lo studio dei personaggi è attento, non banale. Le personalità, le relazioni personali e pubbliche sono ben esaminate.

La scrittura di Antonio Grasso è dunque attenta e dettagliata, sia dal punto di vista storico, sia nei confronti del mondo dei robottoni anni ’80. E produce un dramma in tre atti molto efficace.

Il lavoro grafico di Luca Binaghi è molto attento. La tecnica utilizzata è a cavallo tra la pittura e il fumetto. Lo stesso Binaghi si definisce illustratore.

E costruisce delle tavole che mettono insieme tecniche miste, mantenendo sempre un’aura mitica nel racconto. Mi sembra di cogliere nell’opera anche tante influenze di artisti italiani, tra tanti mi viene in mente ad esempio De Luca. Interessante la modalità di staccare le figure dallo sfondo circondandole con un’aura irregolare di colore chiaro.

La struttura delle pagine è molto variabile, e passa da situazioni abbastanza standard, con vignette regolari e divise su tre righe, ad altre molto più complesse e articolate.

Binaghi usa moltissimo una gabbia con la struttura inclinata. Ma anche la sovrapposizione di vignette su pagine intere, oppure l’accostamento su una stessa pagina, a volte su due facciate, di scene contemporanee e contigue.

È anche interessante l’alternarsi degli sfondi delle pagine bianchi e neri, che danno il senso di ambientazioni e tempi diversi. Non sembrano avere una precisa correlazione con quello che accade, o con gli ambienti in cui si svolge la storia, ad esempio tra esterni ed interni, ma scandiscono il ritmo, in modo teatrale.

In effetti, all’interno di ciascun atto, proprio come se si trattasse di un’opera su un palcoscenico, il cambio di sfondo segna un cambiamento di ambiente, dovuto alla  luce. Infatti il diverso colore dello spazio tra le vignette rende più accesa o più cupa l’intera pagina, aiutando proprio a caratterizzare l’intera ambientazione. Proprio come un cambio di luci sul palco.

Nonostante una tecnica quasi da illustrazione, l’azione è sempre molto bella e dinamica. Le scene di battaglia e che descrivono momenti tesi sono sempre molto efficaci.

L’uso dei colori, con tecniche pittoriche, per cui, ad esempio, nelle esplosioni non ci sono tratti di matita, ma vere e proprie nuvole colorate, arricchisce ulteriormente un lavoro molto ben riuscito.

Anche i tratti dei personaggi all’interno delle vignette, che a volte sono quasi schizzate, con poche finiture, sono invece funzionali a una lettura agile, che indica attraverso la grafica stessa quali sono le azioni, quindi le pagine e le vignette, su cui è richiesto al lettore di soffermarsi.

Un lavoro interessante e abbastanza originale, in cui si ritrova la passione di una generazione per i robottoni, in particolare Goldrake, il cui nome si può anche in qualche modo collegare alla parola latina Colossus, perché Grendizer può provenire proprio da grand, che è appunto termine che evoca la grandiosità

Ed è la grandiosità quella che Lucio cerca attraverso la costruzione e l’utilizzo di questo automa-legionario.

Una grandiosità certamente fisica, ma anche e soprattutto storica per Roma. L’intento di Lucio era infatti di rendere Roma praticamente invincibile e farsi temere da tutti i possibili invasori.

Un intento che voleva perseguire con un’opera ingegneristica sicuramente in anticipo sui tempi, ma di cui forse è rimasta traccia nel nome ormai tradizionale dell’Anfiteatro Flavio.


Titolo: Colosso CDLIII
Autori: Antonio Grasso, Luca Binaghi
Editore: Cityland Comics
Colore o B/N: Colore
Data di pubblicazione: 2024
Formato e rilegatura: 18.2×25.7, cartonato
Pagine: 128
Prezzo: €21.90
ISBN: 9791280986146

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