I Maestri dell’Orrore: “Alle Montagne della follia” – Una recensione non convenzionale
Per la serie di Roberto Recchioni, “I Maestri dell’Orrore”, parliamo oggi dell’adattamento di: “Alle Montagne della Follia”, di H.P. Lovecraft, un albo della Star Comics, con Sceneggiatura di Giovanni Masi e disegni di Federico Rossi Edrighi.
Due i superstiti da una spedizione scientifica antartica avvolta nel mistero, uno impazzito, l’altro scrive per scongiurare che si sia così avventati da seguire i loro passi, verso le origini dell’umanità, assai diverse da come immaginate. Creature di orrore, una civiltà malvagia ancestrale, costruzioni colossali e deliranti. Sotto i ghiacci qualcosa dorme, e da lontano, orrori ancora peggiori attendono con odio il loro momento, dalle cime di monti più alti dell’Everest, i Monti della Follia.
Il ragazzino può prendere questo albo come un eccellente primo avvicinamento a uno degli scrittori più singolari e simbolici del ‘900 americano, ma anche dei più ostici e controversi; al contempo, il più appassionato dei suoi regni d’incubo, può godersi un’interpretazione di una delle sue maggiori opere ben strutturata e che funziona in ogni suo aspetto.
Non potrei giudicare il lato artistico-grafico dell’opera dato che la mia formazione è del tutto inadeguata.
Non posso definirmi appassionato di fumetti …ma per questo sono stato interpellato, come voce “non convenzionale”. Userò questa debolezza sfruttando quel poco che può conferire di positivo: certa ingenuità e freschezza nello sguardo, semplicemente “attratto o respinto” da ciò che vede.
E senza dubbio le tavole paiono tutte gradevoli e ben realizzate, sapientemente calibrate per riprodurre con successo ciò che fu concepito per essere solo parola scritta.
Lo stile mi appare piuttosto essenziale, ma al contempo curato, spigoloso ed elegante. Si adegua perfettamente a uno dei pregi dell’opera fumettistica nel suo insieme, che semplifica la trama originale, prendendo coraggiosamente posizione, senza perdersi in lambiccamenti e autocompiacimenti eruditi.
La scelta del bianco e nero (tanto bianco) mi pare non solo azzeccata, ma forse l’unica, perché oggi “mostri” colorati sarebbero un azzardo di pacchianeria insopportabile; così la ricostruzione visiva degli orrori deliranti di HPL riesce bene, non fa “sorridere”, se non per il verso giusto.
Difficile illustrare HPL, il suo gran punto di forza gira, non sempre in modo destro, attorno a un solo concetto: la paura profonda. L’esistenza è terrificante ed esistere deve essere terrorizzante! Il “male” è il perno, in agguato, in attesa, per ere intere, fiducioso della sua assolutezza. E nell’albo, serpeggia un irrinunciabile filo di disperazione.
Ma forse la difficoltà maggiore dell’illustrazione qui risiede in una delle caratteristiche stilistiche più o meno apprezzate e apprezzabili dell’autore: quella di descrivere utilizzando termini e figure più suggestive (eufemismo per: errate), evocative (eufemismo per: imprecise) ed elusive (eufemismo per: incapaci) che realmente tese a formare un’immagine mentale accurata.
È questa l’opera, per intenderci, di una delle frasi al contempo più famose ed affascinanti (chi non la ricorda?!) ma anche, se vogliamo, più deliranti ed ingenue in cui Lovecraft si sia prodotto: le “architetture costruite su geometrie non euclidee” (!?!)
I creatori del fumetto non l’hanno schivata, ma, avendo affrontato “dritto per dritto” una sfida altrimenti persa, hanno saputo ridimensionarla in “quello che è”: la porta per la suggestione più pura e profonda, che ci accompagna in luoghi e forme inesistenti e impossibili, a cui tutti abbiamo dovuto dare delle linee. Non si tratta di essere stati “tentati” di vedere, si è stati praticamente “costretti” dall’autore a farlo. Alcuni disegni sono proprio molto belli!
Forse chi ama Lovecraft -e chi ha disegnato qui pare amarlo- ha scrutato l’abisso dell’esistere e ci ha visto il male, al fondo, come forza universale; chi non lo ama, no! Non ce l’ha fatta neppure per un momento a rinunciare alla sua “fiducia”, non è “impazzito”, come mostra abilmente la matita del disegnatore nel co-protagonista.
Per inciso: bella anche la “porta vaginale” a pag. 80, un richiamo sessuale, anche manieristico, è quasi necessario trattando di un autore in cui questo aspetto ha una tensione tanto latente e implicita, quanto costante e poderosa.
Infine: l’albo convince, ha spessore, testo nel rispetto di stile e incedere narrativo a monte, c’è rigore e, senza banalizzare in modo irritante, il tutto rimane agevole e di facile lettura.
Forse se dovessi fare un appunto, direi che alcuni approfondimenti in calce d’opera hanno un piglio un po’ “apodittico”; capiamoci, le osservazioni sono sensate, propongono la versione più largamente condivisibile e accettata sulle strane sorti di HPL e la sua –scarna- importanza letteraria, ma alcune volte semplificano e tagliano drasticamente su un contenzioso su cui si dovrebbe essere più cauti, o su cui certa cautela non farebbe danno.
Concludendo da dove si è partiti, se dovessi consigliare l’inizio di un percorso a qualcuno che “non odiassi” tanto da scoraggiarlo porgendogli tesi o articoli accademici, o anche solo gli originali dell’americano, questo albo potrebbe senza dubbio rappresentare un ottimo candidato. Poi, però, come sempre, leggete il libro!
Leggi qui la nostra recensione di: Roberto Recchioni Presenta I Maestri dell’Orrore: Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde