“Prese in giro e cordoglio” al WWI Museum di Kansas City

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Esposizione: “Prese in giro e cordoglio: la Prima Guerra mondiale in arte e vignette di satira politica”, al National World War I Museum and Memorial di Kansas City (Missouri-USA)

Due parole introduttive.remakers
Kansas City (Missouri-USA) ospita non il più grande, ma addirittura l’unico Museo (e Memorial) Americano  interamente dedicato alla Prima Guerra Mondiale, anteriormente chiamata “Grande Guerra”, prima che –mi si consenta la battuta- si “concludesse per davvero” con la Seconda.  

La partecipazione americana al conflitto da noi chiamato “15-18”, ma che in effetti fu “14-18” (l’Italia entrò un anno dopo), passa sempre un po’ in sordina; gli americani vi furono tutto sommato tirati dentro solo nel 1917, sotto il mandato del presidente Woodrow Wilson (successore di Theodore Roosevelt, quello della celebre frase strategica: “speak softly and carry a big stick”), ed in pratica diedero il (primo) colpo di grazia alla Germania aiutando i loro “ex nemici” i britannici.
Bundesarchiv_DVM_10_Bild-23-61-17,_Untergang_der_-Lusitania-Gli interessati possono approfondire i fatti a partire dal casus belli del transatlantico RMS Lusitania, affondato da un paio di siluri di un U-boot tedesco, dove morirono civili americani in tal numero e modo che il presidente fu praticamente costretto a rompere gli indugi ed entrare nel conflitto dalla parte degli inglesi, verso cui (Wilson) fu durissimo, però.
Inoltre gli investimenti americani verso gli alleati erano troppo alti per rischiare di perderli!
A conflitto conclusosi, Francia ed Inghilterra non vollero ascoltare gli Stati Uniti che ritenevano troppo gravose le sanzioni da loro comminate alla Germania. Intervenuti tardi, “non comprendevano” le sofferenze patite, e Wilson pagò anche antipatie quasi personali.
Il disastro era servito, si era seminato affinché germogliasse la risposta di Hitler, che già nel 1922 si apprestava ad affrontare attivamente la scena politica.
Tanti protagonisti politici del “secondo round” bellico mondiale saranno reduci del primo, tra essi anche il presidente Harry Truman, che dovrà decidere di sganciare due bombe atomiche sul Giappone: il “degno suggello” del mezzo secolo più sanguinario dell’umanità.

L’epoca più prospera e felice della storia umana (questa dove viviamo) fu preceduta dalla peggiore: in rapida successione il conflitto più sanguinoso della storia perse il suo triste primato, ai suoi 17 e più milioni di morti in meno di 5 anni, se ne aggiunsero solo pochi anni dopo, altri 60-85 milioni, a cui vanno aggiunti milioni e milioni di mutilati. Cifre che tolgono il respiro e primati che si spera non verranno mai più neppure avvicinati.

Uber AllesMostra e Presentazione.
Nonostante la, benché decisiva, breve, partecipazione al conflitto degli USA, e il fatto che il teatro bellico fosse altrove, in America grande è la passione degli studiosi per questo periodo storico.

Ho avuto la fortuna di ascoltare presso l’Edward Jones Research Center una magnifica presentazione organizzata dall’archivista Jonathan Casey e tenuta dalla Dr. Jan Schall del Nelson-Atkins Museum of Art  di Kansas City, che condensa e riassume quella che i più appassionati possono ascoltare sul tubo: conferenza completa.
Per giunta ero accompagnato dal mio caro amico e storico Charles Keller, non si poteva avere migliore compagnia e più qualificata, dato che il Museo lui ha contribuito a metterlo su (ed è semplicemente splendido) ed ha anche realizzato varie donazioni, tra cui una prima edizione del celebre scritto di H.G. Wells : “The War that will end War”.

La presentazione con, annessa esposizione (su Raemaekers) si intitolava: “Mockery and Mourning: World War I in Art and Political Cartoons” (tradotto: “Prese in giro e cordoglio: la Prima Guerra mondiale in arte e vignette di satira politica”).
Il ‘900 fu secolo di importantissimi cambiamenti. Durante la Prima Guerra Mondiale si moltiplicano le opere satiriche a contenuto politico, un sistema per riassumere in un colpo d’occhio una situazione generale, farsi beffe di qualcuno, attirare l’attenzione e comunicare qualcosa a chi non fosse in grado di leggere o non ne avesse tempo e voglia, strappare un sorriso, e molto altro. In un certo senso si stava anche sviluppando qualcosa che si sarebbe presto diffuso mondialmente e sarebbe divenuto popolarissimo, non la satira illustrata, ma il fumetto.
Accanto alle opere satiriche si affiancano anche quelle, tutto sommato opposte nel contenuto e nello scopo, che indulgono nella prosternazione e la celebrazione del lutto, e nella condanna dell’orrore.
Col conflitto, e specie questo nuovo tipo di conflitto globale e tecnologico-industriale, tutto perde di senso, la realtà stessa diviene un incubo, che appare irreale.

Si tratta di una guerra di trincea orrenda, segnata dall’apparizione della tecnica, impiegata per la distruzione e lo sterminio, si arriva all’uso dei gas nervini, ai bombardamenti sulle città, conseguentemente si fa più labile la differenza tra civili e militari, entrambi sono chiamati a gravi sofferenze. Appaiono i primi sommergibili, i primi carri armati, le mine e le granate, ma il tutto è affiancato a strumenti, armi, situazioni tradizionali o addirittura primordiali, si continua, infatti, a usare sciabole, baionette, persino mazze ferrate, usate, in specie, per finire moribondi con i polmoni fritti dai gas.
Prosegue il trasporto con animali come cavalli ed asini e somari, i pidocchi e i parassiti tormentano gli eserciti.
Guerra faticosissima, per onorare gli italiani sulle Alpi, si citi un’impresa tra tutte, divenuta ormai e meritatamente celeberrima e leggendaria, quella in cui un cannone -detto “l’ippopotamo”- un mezzo di ghisa di tonnellate arrivò a Cresta Croce, sull’Adamello,  a oltre tremila metri di altitudine.

MazzaLa terribile eredità di sangue e morte del conflitto sarà raccolta e raccontata dagli artisti, con gli occhi sgranati su orde di sfigurati, incapaci di reinserirsi in società, confinati in case di riposo, mutilati costretti a mendicare ed ignorati dopo aver servito il loro paese. Orde di bimbi senza padri, le prime protesi meccaniche e tentativi di chirurgia estetica e molto altro.world-war-i-disfigured-veterans
Per chi avesse voglia di inorridire, sono reperibili atroci filmati dell’epoca, di uomini sfiniti e vinti, non in grado di controllarsi e costretti a tremare per il resto dei loro giorni; le sindromi da stress post traumatico appaiono per la prima volta in modo dolorosamente evidente. A chi voglia guardarli, speriamo servano di lezione!
È anche pieno e di uomini che vogliono vendetta, e tra essi, appunto il loro leader: Hitler.
Tutto perde così completamente di senso, che una parte del mondo dell’arte questo solo vuole arrivare comunicare. Oltre alle caricature e la satira, e oltre alla commiserazione, nasce il Dadaismo. Un movimento potente e significativo.

Ecco qui di seguito alcuni nomi e poche opere di artisti come Louis Raemaekers (su cui era incentrata l’esposizione), Gustave Wendt, Hugo Ball, Marsden Hartley, Käthe Kollwitz, Andre Masson e Georges Rouault, Walter Trier.

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Walter Trier, nel 1914, delinea con ironia i tratti dei paesi europei, trattando sia i contendenti che alcuni di quelli neutrali, tra cui, oltre alla afflitta Spagna, fino ad allora, anche l’Italia: un “terrone col nasone e il baffo”. La Francia è un “gran casino”, la Gran Bretagna col suo “cane” Irlanda è a punto di sguinzagliare la sua flotta. Gli eroi sono evidentemente i tedeschi e gli austroungarici, che combattono coraggiosamente su due fronti, la Russia è un gigante che sta per divorare tutto e va contenuto, la Bulgaria è rappresentata come una Russia in miniatura.

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Quest’altra mappa ha come tema “i cani” il bulldog inglese e il barboncino francese affrontano Germania e Austria-Ungheria, mentre la minaccia più grande è sempre l’immensa Russia: un orso minaccioso e feroce che arriva con uno schiacciasassi a spianare l’Europa occidentale. Se è po’ protocollare l’immagine dell’Italia, rappresentata da un bersagliere, quella della Spagna scade nello scontato: un matador.
Il tema “cartine” è stato insistito anche perché scopo della guerra fu ridefinire i territori. Successivamente ad essa, infatti, i confini di gran parte delle nazioni furono ridisegnati. Tra esse, quelli dell’ormai dissolto Impero Ottomano. Molte, non tutte, ma molte, delle conseguenze di quell’assetto, per lo più voluto dai britannici, si manifestano ancora oggi, specie in Medio Oriente.

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Ed ecco Raemaekers, oltre che vignettista satirico, anche poeta e grande intellettuale olandese. Vediamo due rappresentazioni sulla situazione serba, dove la Germania è proposta come un brutale energumeno, mentre l’Austria-Ungheria ha uno sguardo assai più sveglio, ma anche un occhio pestato dalla piccola nazione contro cui ottiene scarsi progressi, e che sta fieramente a protezione di una madre che piange. E ha ottime ragioni per lacrimare, la Serbia, nazione di quattro-cinque milioni di persone all’epoca, che assommerà vittime fino a mezzo milione.

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Il bilancio atroce di vittime è raffigurato da un’orda sterminata e plumbea di donne e bambini senza padri, quasi fossero figli delle croci che sovrastano la scena. Morte e lutto si ripercuotono soprattutto sulle vedove e le donne in gramaglie, ormai sole, che dovranno riuscire a badare a loro stesse.

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Qui ci si riferisce a un episodio scabroso che mosse a sdegno: l’infermiera britannica Edith Cavell fu brutalmente fucilata dai tedeschi, quand’anche la sua missione fosse quella di aiutare e lenire le sofferenze di chiunque le capitasse sotto mano, amici e nemici, in virtù di un superiore e nobile principio di solidarietà che non riesce a fare distinzioni tra esseri umani in virtù dell’insignificante appartenenza nazionale, o una divisa. I tedeschi sono porci feroci e volgari, che dileggiano una bella e virtuosa ragazza, e hanno atteggiamenti luridi, osceni. C’è forse qualcosa da “Fattoria degli Animali” qui, e da notare il particolare della decorazione militare appesa “là dove non batte il sole”, nel maiale di terga.

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Il Kaiser “William” (Guglielmo) è sempre rappresentato con dei baffi che riproducono, forse è un caso, l’iniziale del suo nome, ma anche come un opportunista che usa farsi scudo di altri, e in questo caso Francesco Giuseppe, o manipolare e suggestionare (e qui la Turchia, o Impero Ottomano).

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Il figlio del Kaiser è ritratto come una sorta di debole cicisbeo imbecille, il colbacco col “totenkopf” gli dà un’aria infantile e forse da “appassionato di morte”, la giubba ricorda uno scheletro. Qui chiede al padre se manca ancora molto per il fiume Beresina (dove si diede la famosa battaglia di Napoleone); nella vignetta sono allegramente condotti in slitta, dalla Morte stessa, verso il loro destino nella avventata campagna di Russia.

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Un ridicolo Kaiser che veste i panni di Mosè prova a condurre il suo popolo, tramite una Guerra Santa, verso la Terra Promessa, mentre nell’altra, ancora una volta un fomentatore e falso Kaiser travestito da turco, cerca di mandare in una lotta impari un terrorizzato Impero Ottomano contro il gigante russo, affatto intimorito e anzi fiducioso e minaccioso.

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La guerra è orribile, per tutti! Prigionieri! Anche i nemici sono feriti, stremati, soli, scrivono a casa, sono costretti a scavare, vivere sotto terra, assaliti da pidocchi e parassiti, tra esplosioni, mentre la morte li circonda: a neppure un metro, si muore sotto i proiettili nemici! Questa guerra è una pazzia!

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Ed ecco gli Stati Uniti D’America, rappresentati sempre come lo Zio Sam, magro, disinvolto, affatto intimorito, informale e anzi spavaldo e intraprendente; guarda in faccia il macellaio Kaiser, o forse il generale Hindenburg “esecutore materiale” del fronte orientale, ha le mani in tasca, fuma, e piglia a calci il nemico come farebbe un cowboy in un saloon. Forse nella struttura fibrosa e longilinea ricorda il grande Presidente Lincoln.

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Questa guerra è condannata pure dal Cielo! La Madonna e suo figlio accusano i tedeschi, vittime di loro stessi, e i loro alleati, irrispettosi del sacro e che ri-eseguono la trafila dello schernimento e uccisione di Cristo.

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Il Kaiser è solo e assalito dalle sue colpe e i suoi rimorsi, orde di morti e fantasmi lo circondano e minacciano, mentre, dall’immagine della Sacra Sindone stessa, nientemeno che Cristo contempla afflitto.
Ma eccolo il disegno forse più bello e suggestivo, la Morte in persona si disseta di sangue umano: “alla salute della civiltà!” recita il titolo della vignetta.

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La Cattedrale di Reims è distrutta! Il Museo WWI di Kansas City ha ancora dei pezzi di vetrata e ornamenti, l’immagine bella di Cristo giace rotta su cumuli di macerie che una volta erano arte, e in una delle icone più suggestive e famose, l’Europa legata alla ruota non è stata ancora torturata abbastanza: “non sono ancora abbastanza civilizzata”, recita sardonico il titolo dell’opera.

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Cambiando artista, Wendt rappresenta il celebre Guglielmo Tell che, sotto gli occhi del figlio, gratta via il suo nome, analogo a quello del Kaiser, dalla base del monumento a lui dedicato, non lo vuole più portare, tanta è la vergogna.

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Inquietanti marionette militari si producono in una goffa danza di morte… e uno, e due, e tre, e via tutti morti!
In un’altra vignetta simile si ritrovano marionette analoghe a quelle che citammo sulla serie de “I Boia e altre atrocità” i famosi Punch and Judy.
Personalmente vi vedo anche un motivo ispiratore della bella sigla di apertura del magnifico film “Brancaleone”, di Monicelli, il più grande dei registi italiani, film del 1966.

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In fin dei conti, ecco di cosa si tratta: dividersi il formaggio! “Vieni anche tu Ungheria”, la quale trascina lenta la sua lumaca e non vorrebbe intervenire (allusione alla riluttanza del paese verso la situazione bellica).
Nella vignetta successiva, la lumaca al guinzaglio è abbandonata e la donna caricaturale ha preso parte alla macabra danza.


WendtMorte, morte, e ancora morte! Un trionfo solo di morte.

Adesso, come anticipato, ecco qualche immagine non più satirica, ma relativa al principale movimento artistico scaturito da tutto questo nonsenso e massacro, il Dadaismo. Il quale usa tecniche nuove e “assurde”, caotiche per esprimere i propri punti di vista, collage, addirittura rappresentazioni teatrali con vestiti metallici come quello di Hugo Ball. Macchina e uomo paiono e devono compenetrarsi, viste le tante protesi di cui si ha bisogno, inoltre l’automatizzazione e l’industria hanno tradito l’essere umano che le ha create, hanno portato distruzione invece che progresso.

Hannah Höch. German, 1889-1978 Cut with the Kitchen Knife through the Last Weimar Beer-Belly Cultural Epoch in Germany (Schnitt mit dem Küchenmesser durch die letzte Weimarer Bierbauchkulturepoche Deutschlands). 1919-1920 Photomontage and collage with watercolor, 44 7/8 x 35 7/16” (114 x 90 cm) Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie © 2006 Bildarchiv Preussischer Kulturbesitz, Berlin, © 2006 Hannah Höch / Artists Rights Society (ARS), New York / VG Bild-Kunst, Bonn, photo: Jörg P. Anders, Berlin

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Hugo Ball era portato in scena a mano da assistenti e si produceva in uno spettacolo delirante.

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Da notare qui il particolare della ciotolina per le elemosine sul capo, l’unica risorsa che resta ai mutilati.

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Particolare della foto in bianco e nero di sopra. In buona sostanza, se volete capire quest’opera che ritrae un generale, dovete essere soldati, dovere essere passati per quell’inferno.

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Otto Dix! Ecco che resta della guerra: orde di mutilati grotteschi e ignorati da tutti, e cadaveri a marcire insepolti.

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