Non è questo il giorno – Il racconto del cancro attraverso sette artiste
L’autrice racconta la propria malattia attraverso il percorso fatto da altre sei donne, tutte artiste di varia natura, per affrontare la stessa esperienza.
Jusune Urrutia Asua è una fumettista spagnola (o meglio, basca, di Bilbao) ammalatasi quindici anni fa di un cancro alle ovaie.
Ha preso questo spunto per raccontare la malattia, attraverso la malattia di altre artiste:
- Beatriz da Costa, artista concettuale tedesca deceduta nel 2012 per un cancro dopo averci combattuto fin dall’età di 14 anni, mescolando la sua arte anche con approcci terapeutici alternativi.
- Anna Halprin, ballerina e coreografa americana che ha convissuto per quasi cinquanta anni con la malattia (dopo altrettanti senza), portandola anche in scena.
- Audre Lorde, scrittrice e attivista per le donne nere e lesbiche, che documentò nel 1980 la sua malattia.
- Susan Sontag, scrittrice e autrice teatrale, che ha raccontato nei suoi scritti il dolore suo e delle altre.
- Jo Spence, fotografa femminista, nel momento in cui si ammala, cerca di rendere la fotografia uno strumento di terapia.
- Hannah Wilke, poliedrica attrice visuale, femminista, scultrice.
Una breve biografia, un ritratto ad opera dell’autrice e una selezione delle opere di queste protagoniste si trovano, insieme a una ricca bibliografia, nella parte finale del volume.
Tutte donne che hanno affrontato la malattia, uscendone (direi ovviamente, visto il destino ineluttabile di ciascuno di noi) sconfitte anche se con modalità e tempi molto diversi, ma che hanno avuto tempo e modo di raccontarla con la loro arte. Donne spesso attiviste per i diritti, che hanno lottato anche contro i pregiudizi, in tempi spesso difficili e antesignani delle battaglie odierne, peraltro non ancora concluse.
Donne che hanno visto la loro femminilità deturpata dalla malattia, spesso infatti hanno subito masterectomie, ma l’hanno ritrovata in altre doti fisiche e non solo.
Jusune racconta anche se stessa attraverso la storia delle altre sei, per questo in tutto le storie sono sette. Questo lavoro in realtà è l’ultimo (per ora) di una serie legata proprio al percorso dell’autrice con la sua malattia. Una storia ormai quindicennale, e che ha caratterizzato i progetti lavorativi sempre più complessi, in una spirale, che troviamo anche sul suo sito, che non sembra destinata ad arrestarsi, come ci dice in fondo la freccia che annuncia un proseguimento del movimento.
In questo lungo racconto si fa del graphic journalism, raccontando la vita e la malattia, connessa all’arte, delle sei donne che hanno dovuto affrontare il percorso curativo. E anche per questo in fondo il racconto è intriso di graphic medicine.
Infatti, malattia e vita si intersecano continuamente, come avviene sempre quando soffriamo di qualsiasi malessere. Ovviamente in maniera sempre più dirompente, fino a malattie che sono dei veri e propri tsunami. Il cancro può concedere del tempo per essere raccontato scientemente e per vedere il proprio corpo martoriato, spesso difficile da accettare, ma per il quale non c’è niente di cui vergognarsi. Così vengono mostrati nella loro nudità, con una idea di disvelare quasi scientifica.
Il lavoro di Jusune è meticolosissimo, ricchissimo di citazioni di parole, opere d’arte e performances, intersecati con la vita delle protagoniste, che non necessariamente sono solo artiste. Interessante ad esempio l’approccio olistico di Beatriz da Costa, che racconta un modo di curarsi e un percorso anche culturale diverso alla cura stessa.
Costruisce, per ciascuna delle donne, a partire dalle loro opere, venti tavole di fumetto in cui racconta come hanno vissuto compenetrando la loro arte e la loro professione con la loro esperienza di vita. E poi come hanno affrontato, esorcizzato, convissuto con la malattia dopo averla scoperta e riconosciuta come parte di sé.
E tra ogni coppia di questi racconti inserisce sei tavole autobiografiche, che raccontano alcuni momenti della spirale in figura, fino alla costruzione del libro e nello stesso tempo la gestione della malattia. Con una introduzione e una conclusione senza orizzonti temporali che confrontano l’esperienza personale dell’autrice con quella che ha potuto ricavare dalla conoscenza delle storie e dell’arte delle altre protagoniste.
Ognuna di queste parti ha una pagina introduttiva con un disegno che ne introduce la protagonista o l’ambientazione, a seconda che si tratti di una delle sei protagoniste o della autrice.
Come troviamo in quarta di copertina, tutte e sei le artiste «hanno lottato contro la stigmatizzazione della malattia. […] hanno reso trasformativa la loro esperienza» e Jusune prova a fare lo stesso. La didascalia dell’ultima tavola recita:
In realtà credo di star facendo la stessa cosa che hanno fatto loro.
Esorcizzare e catalizzare un’esperienza trasformatrice attraverso il libro che ora tieni tra le mani.
In qualche modo è un romanzo di formazione, in cui l’autrice prende spunto dalle sei donne di cui racconta l’arte e la relazione con la malattia, per imparare lei stessa come affrontarla.
Anche per questo l’opera non è di facile lettura e non è alla portata di tutti. È un vero e proprio fumetto adulto, per tematiche, contenuti e anche per come viene affrontato.
La struttura regolare dell’alternarsi delle storie ne facilita la lettura. Il colore differenzia le diverse parti. Introduzione e conclusione sono in bianco e nero, le pagine che raccontano in prima persona hanno degli elementi tra il rosso e il rosa, nelle pagine dedicate alle ospiti si aggiunge il colore usato in copertina.
Ma anche il tratto, come i contenuti grafici, è a volte di impatto, e non sempre di facile lettura.
I disegni sono abbastanza dettagliati ma anche schizzati quanto basta per lasciare all’autrice la libertà di giocare con la sovrapposizione di colori e matite, senza ricorrere alla precisione assoluta nei dettagli.
In realtà in alcuni passaggi, in cui la parte grafica è forse meno importante, perché l’accento va messo sui dialoghi o sulle didascalie, i dettagli si perdono. In altri momenti invece ritratti, particolari, dettagli richiedono maggiore attenzione. In quel caso l’autrice, anche con pochi segni, sottolinea in modo molto più evidente la grafica.
Tutta la struttura è in realtà molto libera, anche la gabbia passa da pagine squadrate a splash page, a situazioni del tutto prive di contorni. O altre situazioni in cui lo sfondo o altri artifici grafici danno l’idea del passare del tempo e guidano l’occhio sulla tavola. Alcune volte la lettura è su due intere tavole.
Ma a guidarci nella lettura è proprio la presenza di testo. Nelle pagine molto ricche, i dettagli grafici sono inferiori.
Non ci sono differenze tra le diverse parti del libro: nella storia dell’autrice o nelle pagine dedicate alle sue ospiti. È la necessità narrativa a guidare le scelte, anche se talvolta le pagine del racconto autobiografico sono più verbose.
Come dicevo sopra: un’opera non facile, sia per il tema che per il tentativo, sostanzialmente riuscito, di trattare un tema difficile come la malattia rappresentando nel fumetto altre forme di arte. Ma non adatto a tutti i palati.
Titolo: Non è questo il giorno
Autrice: Jusune Urrutia Asua
Editore: BeccoGiallo
Pagine: 240
Volume: tetracromia, brossura con alette
Dimensioni: 18×24 cm
Anno di uscita: 2024
Prezzo: € 23,00
ISBN: 97888331435358