Giuseppe Palumbo presenta Tomka: il gitano di Guernica
Giuseppe Palumbo è venuto ad Ascoli Piceno a presentare il suo volume, scritto da Michele Carlotto, che parla della guerra civile spagnola.
Nell’ambito del progetto Educare alla pace con l’arte – Picasso e Guernica, promosso dall’AICVAS, abbiamo avuto l’occasione di assistere alla presentazione della nuova edizione del volume Tomka, il gitano di Guernica, disegnato da Giuseppe Palumbo.
In realtà il romanzo di Massimo Carlotto era già stato tradotto a fumetti da Palumbo nel 2007 e ha visto questa nuova edizione nel 2023, anche se il progetto è in auge da anni (circa venti…).
AICVAS, rappresentata dal suo presidente Italo Poma, sta portando avanti questo progetto di divulgazione, in particolare in questi giorni nelle Marche e soprattutto ad Ascoli Piceno.
Così il 26 e 27 marzo abbiamo assistito all’evento pubblico e alla presentazione per gli studenti del Liceo Artistico Osvaldo Licini.
In particolare abbiamo avuto modo di ascoltare gli interventi di Palumbo e Poma alla Libreria Rinascita.
Palumbo ha raccontato la genesi del progetto, a partire dal suo fortissimo legame personale e storico con il contesto antifranchista della guerra civile spagnola, radicato nelle sue esperienze giovanili e nella sua passione per la città di Matera, dove negli anni ’70 vide le scritte sui muri, presenti perché Fernando Arrabal stava girando L’albero di Guernica.
La lettura del racconto di Massimo Carlotto ha fatto riemergere queste passioni e ricordi, creando un’immediata connessione emotiva con la storia e con il personaggio di José Ortega, che ha poi ispirato il volto e in generale l’aspetto del protagonista Tomka. Palumbo ha raccontato del legame personale con Ortega, di cui è stato quasi un “figlioccio”.
Suo padre fu determinante nell’acquisto della casa di Ortega a Matera, conservandola fino alla creazione della Fondazione.
Quando leggo il racconto di Carlotto tutto questo riemerge e capisco che non c’era solo la passione di Massimo in quel racconto, poteva coabitare anche la mia passione, i miei ricordi, il mio amore per la mia città innanzitutto e il mio affetto verso un personaggio come José.
È stato lo stesso Palumbo a suggerire a Carlotto di trasformare il racconto in un romanzo, intuendone il potenziale. Poi Carlotto ha fatto un incredibile lavoro, introducendo personaggi marginali ma significativi, come il gitano che si arruola e il sindacalista nero in fuga dal Ku Klux Klan. Riconoscendo la specificità del reciproco lavoro, si sono ben integrati, anche se Carlotto non ha collaborato alla sceneggiatura.
Palumbo spiega di aver scelto una tecnica di disegno inedita per lui all’epoca, realizzando ogni singola porzione della pagina (sfondi e scene in primo piano) su fogli separati, direttamente a pennello e senza studi a matita preliminari. Questa scelta metodologica mirava a tradurre in segno grafico l’esatta emozione provata durante la lettura del testo.
Perché? Perché in questo modo ogni segno era l’esatta riproduzione dell’espressione che volevo ottenere leggendo quel testo, in modo da restituire al lettore la stessa emozione che provavo io.
Dopo aver realizzato i disegni separati, le pagine sono state montate digitalmente, in modo non dissimile da una pellicola cinematografica, compresi gli effetti grafici disponibili sui software, anche se inizialmente un po’ grezzi.
I colori dell’opera sono dovuti all’edizione francese (Rackham, 2017), in quanto i francesi non gradiscono il bianco e nero “secco” di molti fumetti italiani. Questo è stato lo spunto per colorare tutta l’opera con delle gradazioni seppia, come la terra.
L’opera ha richiesto una rigorosa ricerca, sia storica da parte di Carlotto, con il supporto della casa editrice, sia da parte di Palumbo, per rappresentare un luogo iconico come Guernica e per rendere omaggio alla guerra di Spagna, che fu la prima guerra contemporanea dal punto di vista del racconto della guerra, del racconto visivo, con una ricchezza di produzione culturale e partecipazione intellettuale di primissimo piano (Poma dice di aver contato cinque premi Nobel della letteratura collegati in qualche modo a questa guerra).
Infatti Palumbo ha detto di aver utilizzato tutta la documentazione su Guernica, reale o immaginaria, come lo stesso quadro di Picasso, che viene riproposto nell’opera in frammenti. Dalla grande opera di genesi del quadro, descritta nelle foto di Dora Maar, ha infatti estratto alcune parti del quadro non più presenti. In questo modo ha reso onore al fatto che lo stesso Picasso considerasse Guernica come un “gigantesco cartoon”.
Ovviamente non tutto è documentato, come il protagonista, che è verosimile, ma inventato. Ed è il ruolo dello scrittore, e poi del disegnatore, quello di fare da “intercalatore” tra i momenti storicamente definiti, mescolando invenzione e realtà, come nell’incontro di Tomka con Gerda Taro. Accade così che a volte storie vere possono apparire più incredibili della finzione, e viceversa, grazie alla potenza narrativa di personaggi come Tomka, che pur essendo immaginario, assume le fattezze di una persona realmente esistita nella mente del lettore
Ci sono invenzioni anche tecniche che aiutano a rendere ancora più verosimile l’opera. Lo stesso Palumbo ha raccontato il processo di creazione grafica della maledizione pronunciata da Tomka nella sua lingua gitana: riprendendo una maledizione in lingua Rom trovata da Carlotto, ha scelto di traslitterarla utilizzando le lettere di un alfabeto slavo dimenticato, creando un elemento visivo unico ed evocativo.
C’è tutta la sequenza di Tomka che inveisce e lancia contro questi aerei che hanno distrutto la sua famiglia, il suo villaggio, una maledizione nella sua lingua gitana e anche lì sono andato a cercare un alfabeto slavo dimenticato da un libro con tutta una serie di riproduzioni dal copto fino allo slavone, e individuo questo strano alfabeto, e siccome Massimo aveva invece cercato e trovato una maledizione nella lingua Rom la traslittero utilizzando le lettere di questo alfabeto.
È lo stesso alfabeto glagolitico con i cui caratteri il titolo (Tomka) viene ripetuto sotto il nome di ogni capitolo. Una piccola autocitazione, che aumenta il fascino della storia e, parallelamente, ci fa capire quanto, anche per il lettore “distratto”, il fumetto sia ricco di tesori da cercare.