World Masterpiece Theater – Appendice 2: la moda negli anime e il caso-studio di Heidi

Dimensione Fumetto celebra il World Masterpiece Theater, una delle opere più grandiose, influenti e identitarie della storia dell’animazione giapponese, con una retrospettiva completa su tutte le 26 serie animate di cui è composta.

Continua in questo trentaduesimo articolo una serie di quattro approfondimenti su alcuni aspetti specifici dell’animazione giapponese e delle serie pre-WMT, WMT e post-WMT. Il secondo è dedicato al ruolo della moda nelle serie Zuiyō Eizō/Nippon Animation, approfondendo in particolare Heidi e il ruolo che hanno gli abiti nella serie


L’autrice di quest’articolo è Valentina Fontana. Nata nel 1992 a Busto Arsizio (VA) e laureata in Fashion Design all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, ha avuto esperienze come Assistant Fashion Coordinator e come docente di Arte e Immagine. La sua curiosità, il suo animo nostalgico, i suoi innumerevoli interessi e la consapevolezza dell’importanza del passato l’hanno portata ad aprire nel 2020 il blog Valelle. Mercatini vintage, antiche mercerie e musei etnografici sono i suoi luoghi prediletti!

 

Dalla mantellina rossa al pane nero: abiti, usi e costumi di Heidi

di Valentina Fontana

La piccola bimba vivace, dalle guance rosse, amica di tante piccole caprette saltellanti, nata nel 1880 dalla penna dell’autrice svizzera Johanna Spyri, è entrata nell’immaginario di ognuno di noi. Con il suo viso dolce e la sua risata contagiosa, Heidi ha incantato generazioni di lettori, di tutto il mondo, anche dal lontano Giappone.

 

I romanzi di Johanna Spyri e la tradizione fiabesca nell’Europa continentale

Ritratto fotografico di Johanna Spyri.Le vicende della bambina che ha fatto delle Alpi la sua primaria fonte di felicità riflettono la situazione familiare e sociale della scrittrice che le ha ideate: Johanna Spyri. Nel 1852, a 25 anni, l’autrice si sposò e per questo si trasferì dal borgo montano dov’era nata e cresciuta alla grande città di Zurigo: tentò d’inserirsi nel suo ambiente altolocato, ma non riuscì a trovarsi in affinità (nonostante la sua provenienza borghese) con le regole e i dettami che inevitabilmente una donna alla metà dell’Ottocento era costretta a seguire. Abituata a un villaggio bucolico, proprio come Heidi, Johanna Spyri non riuscì ad abituarsi e a stare al passo di una città in salita.

Fin da subito il romanzo Gli anni di formazione e di peregrinazione di Heidi, scritto nel 1880 dopo un periodo di malattia e depressione, riscosse un grande successo fra i lettori di Germania e Svizzera; ma è con il secondo volume Heidi mette in pratica ciò che ha imparato, del 1881, che venne consacrata la straordinaria valenza letteraria e creativa dell’autrice. Le vicende della piccola bimba amante delle Alpi furono tradotte in inglese, francese e molte altre lingue.

Per comprendere appieno il potenziale di Heidi è opportuno fare un passo indietro dal punto di vista temporale.

Scrittrice dotta e istruita, Johanna Spyri fece della letteratura per ragazzi il suo genere letterario prediletto. Durante la sua vita, nell’alta Svizzera, quasi al confine con la Germania, gli studi sul folklore, sulle leggende, sui miti e sulle superstizioni, fino ad allora trasmessi oralmente, assunsero sempre più importanza. Fitti boschi e alte montagne nascondevano narrazioni trasmesse da generazione in generazione, raccontate nei mesi invernali, magari attorno a un grosso pentolone sul fuoco o durante le attività domestiche di tessitura o ricamo.

Dal 1812 al 1822 furono i Fratelli Grimm a raccogliere e catalogare le fiabe della tradizione popolare tedesca, spesso mantenendo una forte veridicità, in una nobile opera dal titolo Le fiabe del focolare. Cenerentola, Biancaneve, Raperonzolo, Il principe ranocchio sono solo alcuni dei racconti che sicuramente ispirarono la scrittrice svizzera. Se si analizzano le fiabe originali trascritte dai Fratelli Grimm, oltre a rintracciare perfettamente le funzioni di Vladimir Propp che vennero pubblicate nel 1928 nel testo Morfologia della fiaba, si notano personaggi primari e secondari che rivestono i panni di falegnami, minatori, pescatori, cameriere, filatrici: personalità che con la loro dignità e il loro lavoro riescono a testimoniare la situazione sociale, economica e storica di riferimento.

 

La società al tempo di Heidi

Dietro le guance rosse di Heidi (come la conosciamo dalla trasposizione giapponese celebre in Italia dal 1978), si celano esattamente gli stessi aspetti.

Nella Svizzera di fine XIX secolo, la contrapposizione fra la città e la campagna era palpabile. Quest’ultima donava protezione, sicurezza, il calore del focolare, eppure i lavori stagionali a essa associati, come la filatura, la tessitura, la falegnameria e la produzione di prodotti caseari non permettevano una vita dignitosa, ma anzi spesso segnata da numerosi stenti e imprevisti. Molti operai, contadini, pasticceri e panettieri svizzeri dell’epoca si diressero verso i grandi centri abitati in pieno sviluppo economico¹. Le campagne si spopolavano e le città, ormai sovraffollate, diventavano spesso luoghi malsani per giovani donne e bambine, le quali spesso erano coinvolte in mansioni sottopagate e pericolose².

Proprio in questi anni, come contrasto allo sfruttamento della giovane manodopera, comparirono i primi studi pedagogici sull’infanzia e con essi tutto il genere letterario per ragazzi che, oltre a riconoscere nei fanciulli creatività e intelligenza, quasi sempre offriva loro una via d’uscita verso il riscatto e il bene. In questo senso, il personaggio di Heidi, nonostante la semplice trama che la vede protagonista, è portatrice di valori di rilievo: l’emarginazione, la nostalgia, l’amore per la natura, i pregiudizi, la conduzione di una vita lenta, la libertà, ma soprattutto l’importanza dell’unicità della diversità.

La ricchezza di tutti questi riferimenti culturali, sociali ed economici, e forse anche le prime incisioni di Friedrich Wilhelm Pfeiffer associate al romanzo del 1880, ispirarono i cineasti di tutto il mondo. Prima una versione muta nel 1920, poi il film hollywoodiano del 1937 con la bimba prodigio Shirley Temple, e infine la visione animata più fedele alla piccola Heidi di Isao Takahata del 1974 il cui titolo Alps no shōjo Heidi si traduce dal giapponese come “Heidi, la bambina delle Alpi”. Quest’ultima versione, oltre a segnare l’apice dell’interesse pubblico giapponese verso la cultura europea (che già era iniziato dagli anni venti del Novecento), costituì un vero e proprio simbolo visivo e culturale di un’intera generazione.

Tre versioni di Heidi: illustrazione di Friedrich Wilhelm Pfeiffer del 1880, foto di scena del film "Zoccoletti olandesi" del 1937, e fotogramma del film "Heidi" del 2001.
Tre rappresentazioni molto diverse di Heidi. In alto: illustrazione di Pfeiffer per la prima edizione del primo romanzo di Heidi del 1880; al centro: Jean Hersholt nel ruolo del nonno dà la mano a una Shirley Temple piuttosto inverosimile nel ruolo della protagonista nel film dal titolo non meno inverosimile Zoccoletti olandesi (misteri dell’adattamento italiano) del 1937; in basso: una rilettura contemporanea e fortemente drammatica dei romanzi di Spyri nel film svizzero-tedesco Heidi di Markus Imboden del 2001, in cui Heidi ha a che fare con una Clara con problemi comportamentali e non fisici, e il nonno è interpretato in maniera particolarmente intensa da Paolo Villaggio.

 

La storia e il fascino di Heidi

La trama di Heidi è nota.

Heidi, piccola orfana di cinque anni, dopo la morte dei genitori e in seguito a un periodo in compagnia di Zia Dete, si troverà a vivere con il nonno, descritto dagli abitanti del villaggio come un omone burbero e scontroso, che vive isolato in una baita. La bimba, con la sua loquacità e la sua generosità, conquisterà ben presto il cuore rigido dell’anziano. Alla piccola Heidi piace esplorare la montagna e l’amore per la natura e gli animali la condurranno a fare amicizia con Peter, un giovane pastorello. Il ritorno improvviso di Zia Dete da Francoforte avrà però la meglio: la piccola verrà trasferita, dopo un fugace saluto al nonno, nella grande città tedesca, presso la famiglia benestante dei Seseman per fare compagnia a Clara, una bambina affetta da poliomielite; fra le due ragazzine nascerà presto una profonda amicizia. Heidi però non riuscirà a essere felice: la nostalgia delle sue montagne sarà troppo elevata. La piccola manifesterà seri disagi e l’unica soluzione sarà quella di ritornare fra i monti. Il pensiero di Heidi sarà rivolto però sempre all’amica Clara e, nonostante la severità, anche alla Signorina Rottenmeier. Dopo qualche insistenza il Signor Seseman riuscirà a portare la figlia sui monti da Heidi: qui la bambina acquisirà una nuova forza e riuscirà pian piano ad abbandonare la sedia a rotelle e a camminare.

Una vicenda pura, senza artefatti, genuina. Bambini, ragazzi, adulti si immedesimarono in Heidi.

I primi però a rimanerne completamente affascinati furono Yōichi Kotabe, Hayao Miyazaki e Isao Takahata, i quali nel 1971 visitarono i luoghi svizzeri per percepirne i suoni, i profumi, le atmosfere, i paesaggi e le abitudini. Una vera e propria ricerca sul campo per poter creare una perfetta simbiosi tra usi e costumi svizzeri e l’animazione giapponese, la quale sfociò dal 1975 nel filone del World Masterpiece Theater. Durante il sopralluogo nulla fu lasciato al caso: anche se diverse versioni cinematografiche di Heidi erano già state realizzate, questa animazione doveva trasmettere davvero l’essenza della vita svizzera montana, dalla baita del nonno al paese di Maienfeld. Si pose l’attenzione sullo scorrere delle stagioni, sui paesaggi, sulle abitazioni, internamente ed esternamente (le persiane in legno con il cuore intagliato riprendono quelle di Biancaneve e i sette nani di Walt Disney del 1937), sulla produzione del formaggio, sulla mungitura, sull’alimentazione, sull’artigianato e sul sistema scolastico.

Illustrazione dal libro "Alps no shōjo Heidi - Kotabe Yōichi irasuto gashū" di Yōichi Kotabe.
Nel 2014, per festeggiare i 40 anni dal debutto di Heidi, il character designer e direttore delle animazioni Yōichi Kotabe ha realizzato un libro illustrato che ripercorre tutta la trama della serie TV attraverso 40 acquerelli realizzati per l’occasione, bellissimi, come questo che mostra Heidi e il nonno impegnati nella produzione del formaggio.

In questa approfondita ricerca anche gli abiti, tramite alcuni dettagli, vennero tenuti ovviamente in considerazione, per ricreare ancora più nel dettaglio l’atmosfera svizzera e germanica della fine dell’Ottocento, con tutte le diversità sociali a essa associata. Gli abiti mostrati in Heidi non comprendono una moltitudine di varianti: sono pochi, quasi sempre gli stessi, ma identificano alla perfezione i personaggi e i loro cambiamenti all’interno della serie.

 

Gli abiti di Heidi

Heidi viene presentata agli spettatori come una bambina dalle gote rubiconde, capelli scuri e occhi grandi, probabilmente prendendo come riferimento anche i disegni dell’illustratrice statunitense Jessie Willcox Smith, la quale presentò la piccola con ricci capelli e guance rosse.

Due illustrazioni di Heidi realizzate da Jessie Willcox Smith.
La piccola Heidi immaginata da Jessie Willcox Smith in uno schizzo a carboncino e acquerello e in una illustrazione a colori per l’edizioni statunitense del 1922 di David McKay Publications dei due romanzi di Heidi. Willcox Smith fu una delle maggiori illustratrici del suo tempo e Heidi rappresentò proprio il suo ultimo lavoro importante, vertice della sua carriera. Poiché anche la Clara e il Peter da lei disegnati hanno proporzioni, carnagioni, capelli e in generale sono molto simili ai rispettivi personaggi della serie TV, non è impossibile che il character designer Yōichi Kotabe si sia ispirato proprio alle illustrazioni di Willcox Smith per realizzare la sua versione.

Le prime scene della serie animata si aprono con il trasferimento di Heidi presso la casa del nonno: avvolta in una mantella rossa, chiusa sotto al collo da un fiocco, la fanciulla attraversa le Alpi meravigliandosi di ogni nuovo paesaggio.

Fotogramma da "Heidi" di Isao Takahata.Questo indumento dal colore rosso, probabilmente di lana grezza pesante, rimanda immediatamente alla mantellina tanto conosciuta di un’altra bambina, Cappuccetto Rosso. L’origine della mantella rossa è riconducibile all’epoca medievale, in cui indossare un cappuccio, un copricapo o una corona di colore rosso poteva avere diversi significati, ma il più delle volte era sinonimo di magia o malvagità, oltre che indumento usato per i viaggi per proteggere dalla pioggia e per nascondere la persona. I mantelli, che in epoca medievale spesso erano tinti con coloranti naturali, hanno accompagnato tutto il percorso della storia della moda dell’uomo, in particolare all’inizio dell’Ottocento, quando i capispalla rossi con o senza cappucci e solitamente di lana erano utilizzati dalle donne di campagna all’esterno. Presente in numerosi dipinti e illustrazioni d’epoca, è tra il 1812 e il 1823 che i mantelli rossi vengono dipinti da Diana Sperling negli acquerelli per il libro illustrato Mrs. Hurst Dancing come indumento utile per attraversare la campagna, andare a cavallo o adagiare sul letto come coperta.

Illustrazione "Mrs. Hurst Dancing & Other Scenes from Regency Life 1812-1823" di Diana Sperling.
Giovani donne attraversano la campagna protette da mantelli rossi in un acquerello di Diana Sperling dal suo libro Mrs. Hurst Dancing & Other Scenes from Regency Life 1812-1823.

Oltre alla mantellina rossa, Heidi indossa anche scarponcini marroni e vari strati di altri indumenti per proteggersi dal freddo, ma la bambina non resiste a lungo infagottata in strati di abiti, e infatti appena giunge in montagna si sbarazza di quelle restrizioni fastidiose che, oltre a farla sudare, non le permettono neanche di correre. Rimanere in biancheria, con calzoncini e una lunga canotta leggermente svasata la fanno sentire libera. È da notare che la biancheria, in un’epoca in cui si dava molta importanza ai corredi dei bambini soprattutto fra i ceti meno abbienti presso i quali venivano ancora realizzati a mano, non presenta alcun ricamo o pizzo: probabilmente si è voluto sottolineare ulteriormente la mancanza di una madre che potesse dedicarsi con cura e amore al vestiario della bambina; dall’altra parte può essere stata una scelta del disegnatore di non inserire dettagli per mostrare la semplicità di Heidi anche attraverso gli indumenti intimi.

Settei e fotogrammi da "Heidi" di Isao Takahata.
Sopra: settei di Yōichi Kotabe con vari cambi d’abito di Heidi, da nuda a infagottata come nell’episodio 1. Sotto: due fotogrammi da Heidi, a sinistra la bimba che si libera del peso reale e metaforico dei vestiti, a destra invece raccoglie i fiori mentre indossa il suo iconico abito.

Caratterizzato da una gonna magenta, un corpino rosso, con apertura con laccetti tipicamente anni ’70 che richiamano anche i lacci presenti sul dirndl (l’abito tradizionale di Germania, Austria, Svizzera e Trentino) e una sottoveste gialla dalle maniche corte/lunghe a seconda delle stagioni, il celebre abito di Heidi ideato da Yōichi Kotabe è entrato nell’immaginario collettivo. Facendo un confronto con le illustrazioni di Willcox Smith, il corpino e la camiciola al di sotto assumono invece fogge diverse. Gli indumenti dell’illustratrice appaiono più complessi, simili al dirndl, mentre la serie animata giapponese ha prediletto una maggiore sintesi, probabilmente per far ricordare in modo più incisivo il personaggio.

Le vicende in montagna di Heidi sono un alternarsi continuo di momenti felici a contatto con la natura e le abitudini montane. La piccina si sorprende per ogni piccolo aspetto: dal letto realizzato con il fieno secco, ai paesaggi al tramonto che sembrano assumere i colori dei dipinti di Marc Rothko, ai piccoli animali che il nonno intaglia per lei nel legno. Tutto ciò è scandito dal solito abbigliamento: la camiciola, il corpino e la gonnellina; variano solamente gli accessori. Per raccogliere i fiori o per aiutare nella produzione dei formaggi indossa un grembiulino bianco, mentre dall’episodio 13 Primavera sull’altopiano in poi un cappellino di paglia con un nastro rosso tutt’intorno, regalatole dal nonno, sarà un dono prezioso da sfoggiare nelle grandi occasioni, simile a quello rappresentato da Albert Anker nel suo dipinto Ragazza che dorme su una panchina.

Dipinto "Ragazza che dorme su una panchina" di Albert Anker.
Ragazza che dorme su una panchina di Albert Anker, 1900 circa, collezione privata. Pittore di genere molto prolifico, vincitore della medaglia d’oro al Salon parigino del 1866, già in vita Anker fu celebrato come “pittore nazionale” della Svizzera per via delle sue rappresentazioni della vita bucolica del suo Paese.

Il cambiamento di Heidi si ha quando Zia Dete ritorna tra i monti da Francoforte e conduce la bambina presso la casa dei Seseman, per frequentare l’istruzione domiciliare e diventare dama di compagnia di Clara. Qui Heidi è paragonata a una piccola selvaggia: i suoi abiti vengono buttati nella stufa e un nuovo abito rosa cipria con colletto bianco, calzette bianche e ciabattine accompagneranno la bambina. Un grande armadio nella sua nuova camera è dedicato agli abiti: Clara le ha donato abiti ricamati con balze, pizzi che lei non mette più.

Heidi testimonia tutta la sua nostalgia nei confronti della montagna, nonostante il suo tempo sia scandito dalle attività con Clara e dai rigidi orari della Signorina Rottenmeier. La piccola si distrae confezionando abitini per le sue bambole e marionette (probabilmente nei mesi invernali ha imparato l’arte della sartoria, più volte viene mostrato un kit di cucito), nascondendo i panini bianchi per la nonna di Peter, leggendo fiabe e passando del tempo in campagna e nel bosco con Clara e la sua nonna.

Fotogrammi da "Heidi" di Isao Takahata.
La vita di Heidi a Francoforte è scandita da ritmi e attività, e dunque abiti, molto diversi da quelli del villaggio svizzero.

Per le uscite in carrozza Heidi indossa un sunbonnet, un cappello estivo di paglia a metà fra una cuffia e un cappellino. Il sunbonnet era il binomio perfetto tra la freschezza di una cuffia in cotone o in lino e un cappello, molto simile alle cuffie che si utilizzavano nel periodo medievale e nel 1500 utile per coprire il volto dal sole.

Ritornata in montagna, Heidi si toglie frettolosamente l’abitino di influenza sailor per assumere il suo classico abito; addirittura è sottolineato come la bimba nei mesi lontano dalla baita sia cresciuta: i vestiti presenti nell’armadio del nonno sono ormai troppo piccoli.

 

Gli abiti di zia Dete

Sempre nelle prime scene, gli spettatori conoscono la zia Dete. Giovane donna costretta a trasferirsi in Germania per lavoro, viene presentata con un abito dalle gamme cromatiche dei bruni e degli ocra, quasi a riprendere i colori dei dipinti di Pieter Bruegel il Vecchio. Senza alcun ricamo o pizzo, ma a tinta unita, probabilmente di una lana tinta naturalmente, l’abbigliamento della zia riprende il classico vestiario dei ceti meno abbienti. La gonna che non arriva fino a terra consente ampi movimenti.

La donna fa nuovamente una comparsa nell’episodio 17 Arrivano le visite: zia Dete è tornata da Francoforte trasformata con abiti nuovi, una lunga gonna che a detta di Heidi «va bene per le pulizie», un copricapo con una piuma e un frivolo ombrellino. Succedeva spesso che chi emigrava all’estero per lavoro e soprattutto in grandi città si adattasse al nuovo stile del tempo influenzato dai dettami della moda francese. Le donne del paese stentano a riconoscerla e neanche il nonno della piccola è pienamente d’accordo con la frivolezza testimoniata dall’abbigliamento di Dete.

Fotogrammi da "Heidi" di Isao Takahata.
La zia Dete “si è rivestita”, come si suol dire.

 

Gli abiti del nonno

Fotogramma da "Heidi" di Isao Takahata.Altra figura di riferimento per tutta la vicenda è “il vecchio dell’alpe”. Gli spettatori incontrano il nonno di Heidi nel primo episodio seduto a fumare la pipa al di fuori della sua baita. L’uomo alto, barbuto, con pantaloni di lana color mattone, una maglia a maniche lunghe verde e un gilet probabilmente in pelle, viene descritto dagli abitanti del paese come un uomo solitario, burbero e poco socievole. La semplicità dell’abbigliamento del nonno si rispecchia anche negli interni della baita, contraddistinta da pochi mobili, un grande camino con un pentolone, un tavolo con sedie in legno e un’unica grande dispensa con lenzuola, recipienti, cappotti, coperte, formaggi e pane nero (probabilmente di segale o di grano saraceno) che occupano un unico grande spazio. Al piano superiore si accede tramite una scala in legno: tramite questa Heidi si reca a dormire nel sottotetto.

Il nonno è l’emblema delle abitudini montane: durante i mesi invernali/autunnali si dedica alla produzione di oggettistica in legno o alla raccolta di castagne e uvetta selvatica, mentre nei mesi estivi e primaverili il taglio della legna, la mietitura e la vendita dei prodotti caseari o scodelle e cucchiai in paese sono alcune delle attività predilette. L’abbigliamento del nonno non ha risentito di alcuna variazione, se non per i cappotti o le mantelle che indossa nei mesi invernali. Il vero cambiamento è avvenuto nel cuore e nella mentalità del nonno.

 

Gli abiti di Peter e degli abitanti del villaggio

Illustrazione di Jessie Willcox Smith da "Heidi" di Johanna Spyri.Anche Peter è un punto saldo per Heidi. Il giovane pastorello indossa sempre un cappellino in paglia, pantaloni blu con una toppa azzurra sul ginocchio, una maglietta a maniche lunghe beige e una bisaccia per contenere il pranzo della giornata. L’abbigliamento semplice di Peter rispecchia il suo carattere: esuberante, affettuoso, maldestro e poco propenso allo studio. Durante il periodo di permanenza in montagna, Heidi viene invitata frequentemente dalla nonna di Peter e dalla mamma Brigida a casa loro. La nonna di Peter, cieca, è impegnata in ogni momento nella filatura: anche se non vede, esegue l’attività in modo sicuro e preciso.

La filatura e la tessitura erano parte integrante dell’economia domestica contadina, in tutte le case dei ceti meno abbienti, filatoi e telai erano presenti negli spazi casalinghi. Dal XV secolo era diffuso il lavoro a domicilio: compratori di filati affidavano l’attività ai contadini, i quali consideravano il lavoro a casa come una vera e propria fonte di guadagno. Anche Brigida con il cestino del cucito accanto a lei è intenta a rattoppare un abito. In questo contesto è immediato il riferimento alla fiaba dei Grimm Rosaspina (anche nota come La bella addormentata nella tradizione francese). Numerosi artisti dipinsero donne intente nelle attività casalinghe: Gustave Courbet, Jean François Millet, Vincent Van Gogh e molti altri.

Appartenenti sempre al contesto montano si riconoscono gli abitanti del paese. Le donne diffidenti, pettegole, con cuffie in testa, dalle silhouette arrotondate e sommarie sembrano provenire dai dipinti della fase bretone di Paul Gauguin o ancora una volta dall’universo visionario di Pieter Bruegel il Vecchio.

 

Gli abiti di Clara

Il contesto di Francoforte appare nuovo, moderno; la grande stazione, le carrozze e il brulicare di persone caratterizzano la città. Ma soprattutto, a Francoforte vendono i panini bianchi! La casa del Signor Seseman ha un’imponente scalinata, soffitti alti con stucchi. Tutto è tenuto in ordine dal domestico Sebastiano e dalla cameriera francese Tinette.

La Signorina Clara viene presentata come una bambina di dodici anni, dall’aspetto ordinato con lunghi capelli biondi che le incorniciano il viso e un fiocco azzurro posto sulla sommità del capo. Un abito blu con colletto bianco, un morbido nodo nero sul centro e stivaletti bianchi la contraddistinguono. L’armadio di Clara è stracolmo di abitini in pizzo o con balze e durante il soggiorno di Heidi non esita nel donare i suoi piccoli tesori. Le giornate della bambina sono regolate dalla nubile istitutrice, la Signorina Rottenmeier, ma per fortuna sono anche ravvivate dall’amore del padre e dalla fedele nonna. Quest’ultima viene identificata come una donna vulcanica, piena di idee con un dolce pensiero per tutti: lenzuola e cappelli per Clara e scampoli di tessuto stampati per Heidi.

Fotogrammi da "Heidi" di Isao Takahata.
Due immagini della vita di Heidi a Francoforte. A sinistra: la cara Clara stringe le mani a Heidi con in testa il suo sunbonnet; a destra: la dolce nonna controbilancia l’amara Signorina Rottenmeier.

Clara riesce a trovare la sua forza nascosta e la sua felicità in montagna vicino alla bimba svizzera. Negli episodi finali la bambina si libera di ogni orpello e rimane anche lei in biancheria, la quale è contraddistinta da un’ampia gonna a balze.

Fotogramma da "Heidi" di Isao Takahata.Ad accompagnare Clara nel suo percorso è sempre presente la Signorina Rottenmeier. La sua compostezza viene meno nell’episodio 46 Una sedia per Clara, nel quale la donna per andare alla ricerca di Heidi, Clara e Peter durante un temporale indossa i pantaloni, gentilmente prestati dal nonno, assicurandosi di non essere vista. L’indumento alla fine dell’Ottocento era considerato ancora un tabù per le donne: solo artiste e donne indipendenti erano solite indossare le braghe.

 

Dettagli caratterizzanti

Heidi è una serie animata studiata in ogni piccolo dettaglio, anche nell’abbigliamento. Durante la visione si è partecipi delle vicende quotidiane dei protagonisti: paesaggi idilliaci, casette in legno e abitudini lontane catturano lo spettatore, e l’attenzione agli abiti, agli usi e ai costumi, lo fanno infine innamorare.

 

Note

¹ = La serie 21: Il cielo azzurro di Romeo racconta proprio della migrazione forzata, narrata fin nei suoi dettagli più tragici, di un ragazzo dalla povera Svizzera alla ricca Milano. Casi opposti di genitori costretti ad abbandonare i figli sono invece raccontati nelle serie 2: Marco – Dagli Appennini alle Ande e 10: Le avventure della dolce Kati.

² = Storie simili di sfruttamento minorile, ma in altri contesti geografici e storici, sono raccontati nelle serie 11: Lovely Sara, 23: Dolce piccola Remi, e 24: Il cuore di Cosette.


[ Introduzione: caratteri generalila mostra | Le serie: pre-WMT1: Il fedele Patrash2: Marco – Dagli Appennini alle Ande3: Rascal, il mio amico orsetto4: Peline Story5: Anna dai capelli rossi6: Le avventure di Tom Sawyer7: L’isola della piccola Flo8: Lucy May9: Sui monti con Annette10: Le avventure della dolce Kati11: Lovely Sara12: Pollyanna13: Una per tutte, tutte per una14: Piccolo Lord15: Peter Pan16: Papà Gambalunga17: Cantiamo insieme18: Le voci della savana19: Una classe di monelli per Jo20: Un oceano di avventure21: Il cielo azzurro di Romeo22: Meiken Lassie23: Dolce piccola Remi24: Il cuore di Cosette25: Il lungo viaggio di Porfi26: Sorridi, piccola Annapost-WMT | Appendici: il modello produttivola moda e HeidiRascal, il mio amico orsetto negli USAJules Verne e gli anime | La memoria ]


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Mario Pasqualini

Sono nato 500 anni dopo Raffaello, ma non sono morto 500 anni dopo di lui solo perché sto aspettando che torni la cometa di Halley.

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