World Masterpiece Theater – Appendice 1: il modello produttivo del WMT
Parte con questo articolo una serie di quattro approfondimenti su aspetti specifici del WMT. In questo primo: lo studioso Matteo Watzky racconta il peculiare “modello produttivo” dietro gli anime di Zuiyō Eizō/Nippon Animation.
Dimensione Fumetto celebra il World Masterpiece Theater, una delle opere più grandiose, influenti e identitarie della storia dell’animazione giapponese, con una retrospettiva completa su tutte le 26 serie animate di cui è composta.
Inizia in questo trentunesimo articolo una serie di quattro approfondimenti su alcuni aspetti specifici dell’animazione giapponese e delle serie pre-WMT, WMT e post-WMT. Il primo è dedicato al peculiare modello produttivo utilizzato da Nippon Animation.
L’autore di questo articolo è Matteo Watzky. Fan di animazione appassionato di storia degli anime e delle persone che ci sono dietro, scrive di questo e molto altro sul suo blog Animétudes, dove ha pubblicato anche una serie di articoli da lui co-firmati in cui ricostruisce la produzione e la storia di ogni serie Zuiyō Eizō/Nippon Animation; per ora sono state analizzate in dettaglio tutte le serie dal 1972 al 1979.
Il World Masterpiece Theater come un “modello produttivo”
di Matteo Watzky
Cos’è che rende unica l’animazione giapponese? Cosa la distingue da altre tradizioni dell’animazione, come ad esempio quelle praticate e prodotte negli Stati Uniti d’America, in Europa o in Russia, tutte grandi Paesi o regioni con una lunga e ricca storia in questo campo? Sono state proposte molte risposte a questa domanda complessa, ma secondo me una delle più interessanti è quella secondo cui l’animazione commerciale giapponese, nota come anime, si distingue dalle altre per via del suo specifico “modello produttivo”. In questo senso, s’intende che gli anime sono realizzati, venduti e distribuiti secondo specifici metodi che differiscono da quelli con cui sono realizzati, venduti e distribuiti i prodotti animati di altre parti del mondo.
Tuttavia, quando si prova a indagare in maniera più approfondita la storia degli anime, questa risposta appare immediatamente come troppo semplicistica: in effetti non esiste alcun singolo “modello produttivo degli anime” esistente fin dagli anni 1950 e rimasto invariato fino a oggi. Molte caratteristiche sono rimaste le stesse, ma altrettante invece sono cambiate. Non c’è un singolo, ma numerosi modelli produttivi che sono coesistiti attraverso gli anni. Uno dei più singolari è probabilmente quello instituito dallo studio Zuiyō Eizō, poi rinominato Nippon Animation, per la sua celebre serie World Masterpiece Theater.
C’è produzione e produzione
Prima di investigare cos’è che rende speciale la produzione del WMT, però, è necessario fare alcune specifiche.
La prima: cosa intendo per “produzione”? Quando si leggono i crediti degli anime, ci si può imbattere in due termini differenti che possono essere entrambi tradotti come “produzione”: プロダクション production e 制作 seisaku. Nonostante in senso generale le due parole si sovrappongano, nel campo degli anime la prima copre l’aspetto finanziario e manageriale della produzione: mettere insieme il denaro, le infrastrutture e le persone che produrranno il lavoro animato. La seconda, invece, indica lo sviluppo pratico, materiale del lavoro animato: il modo in cui le persone messe insieme dalla produzione creeranno poi qualcosa. Entrambi i significati – quello finanziario e quello materiale – sono parti essenziali di un qualunque modello produttivo e l’uno non può esistere senza l’altro. Un’opera animata, come una qualunque opera, non spunta fuori dal nulla: è stata realizzata da persone. Ma queste persone non si mettono a lavorare insieme per puro caso: è stato necessario metterle insieme. In altre parole, cercare di capire il modello produttivo di qualcosa come il WMT vuol dire approfondire elementi del dietro-le-quinte (chi sono gli artisti, in cosa hanno contribuito, come hanno lavorato?) come pure le fasi preparatorie che hanno reso questi elementi possibili (perché si sono messi a lavorare insieme?) e con quale scopo (come hanno reso il loro lavoro lucrativo, ovverosia, in parole povere, come hanno rifatto i soldi?).
La seconda specifica è più che altro una domanda: cos’è il WMT? La questione è stata sollevata da questa serie di articoli su Dimensione Fumetto, in cui è applicata la distinzione [convenzionale, N.d.T.] fra opere “pre-WMT“ e opere “propriamente WMT“. Fare delle distinzioni è necessario perché gli effettivi limiti del WMT non sono chiari: vi appartengono solo le opere con il “marchio World Masterpiece Theater“? Tutte quelle prodotte da Nippon Animation? Quelle prodotte da Nippon Animation e dal suo predecessore Zuiyō Eizō? Eccetera. Fondamentalmente, il WMT non è propriamente un franchise o una serie: è semplicemente un programma televisivo che ha occupato lo slot della domenica dalle 19:30 alle 20:00 su Fuji TV. Come tale, il programma è esistito dal 1969 al 1997 sotto multipli nomi e con un tentativo di revival negli anni 2000.
Questo promemoria è importante ai fini di questo articolo perché ci aiuta a navigare fra production e seisaku. Se ci focalizziamo su seisaku, vuol dire che che stiamo discutendo di una entità precisa, lo studio d’animazione Nippon Animation e coloro che vi sono associati; se invece allarghiamo lo sguardo a production allora stiamo considerando altri attori: il canale televisivo Fuji TV e gli sponsor del programma, i principali dei quali sono le due aziende Calpis e House Foods. La cosa è significativa per vari motivi: prima di tutto, è grazie agli sponsor se queste serie animate sono potute esistere; inoltre, come vedremo, è grazie alla relazione speciale fra Nippon Animation, Fuji TV e gli sponsor che il WMT ha potuto raggiungere uno status speciale nel panorama dell’animazione televisiva; infine, questi altri attori hanno avuto talvolta un ruolo diretto sulle serie stesse: per esempio, a quanto pare è stata su precisa richiesta di Fujio Dokura, presidente della Calpis, che sono stati inseriti simboli cristiani e gli angeli nel finale de Il fedele Patrash¹.
La scena della morte, anzi no, della salita in Cielo di Nello e Patrash è diventata così iconica nella cultura popolare giapponese da essere ancora oggi celeberrima e anche oggetto di parodia, come in questo spot televisivo di ramen istantaneo Nissin.
Gli anime prima del WMT
Ritornando al punto suddetto, cosa significa che il WMT ha raggiunto uno “status speciale nel panorama dell’animazione televisiva”? Per comprendere questo è necessario un breve riassunto della storia del business degli anime.
Per circa metà della storia degli anime (dai primi anni 1960 ai tardi anni 1990) le serie TV sono state finanziate attraverso quello che io chiamo il “modello a sponsorizzazione”: un patto raggiunto fra tre o quattro attori, ovverosia un canale TV, uno sponsor, uno studio d’animazione e un’agenzia pubblicitaria. Il canale TV avrebbe trasmesso la serie, lo sponsor l’avrebbe pagata, lo studio d’animazione l’avrebbe realizzata, e l’agenzia pubblicitaria avrebbe gestito le negoziazioni fra gli altri tre attori.
All’inizio gli sponsor erano solitamente aziende alimentari che puntavano a vendere dolci ai bambini che guardavano i programmi TV: i più famosi durante gli anni 1960 sono stati Glico, Morinaga e Meiji. Ma fra i tardi anni 1960 e i primi anni 1970 c’è stato un enorme cambiamento con l’arrivo nel business di nuovi sponsor: erano le aziende di giocattoli, le quali avrebbero promosso nuovi tipi di opere oggi considerate emblematiche dell’animazione giapponese, ovvero le majokko per le bambine e i mecha per i bambini. Con il tempo, nuovi attori sono entrati in questo modello, come ad esempio le case discografiche.
Uno spot del 1968 per la cioccolata Glico girato in stile optical art nientemeno che da Nobuhiko Ōbayashi, visionario regista giapponese celebre anche in Occidente per il suo film grottesco House 1977.
Ha rapporto tutto ciò con il WMT? Sì, ce l’ha eccome, perché il punto è che il WMT ha continuato a sfruttare il vecchio modello a sponsorizzazione anche dopo che questo era ormai praticamente scomparso – in parole povere, le serie del WMT non servivano a vendere giocattoli. In un certo senso, si potrebbe persino sostenere che queste serie non avevano affatto scopi commerciali: ovviamente, se il programma era inizialmente intitolato Calpis manga gekijō (“Teatro dei fumetti Calpis”) era per incoraggiare gli spettatori ad acquistare prodotti Calpis², ma nonostante ciò i prodotti dell’azienda non sono mai apparsi in nessuna serie – quando invece in qualunque serie mecha il robot protagonista non era altro che il giocattolo stesso che si cercava di vendere, ma animato. Di conseguenza, il WMT rappresentava qualcosa di molto differente dalla maggior parte degli altri anime del tempo: un programma che difendeva una specifica immagine che potremmo chiamare “TV di qualità”. Poiché i prodotti degli sponsor non comparivano direttamente all’interno degli anime, costoro avevano scarso controllo diretto sui contenuti, ma in compenso potevano chiedere che certe cose venissero fatte, o fatte in una certa maniera, così da riceverne indietro un certo prestigio. In altre parole, gli sponsor insistevano sulla qualità artistica delle opere.
E non erano solo gli sponsor a insistere sulla qualità, ma anche lo studio d’animazione stesso, poiché le serie del WMT sono state spesso esportate fuori dal Giappone, e lo sono state fin dagli esordi. Il fatto stesso che Zuiyō Eizō nel 1975 si sia rinominata Nippon Animation, cioè “Animazione del Giappone”, è molto significativo: lo studio era il rappresentante del Giappone nel mondo, tramite l’animazione. Adattare classici della letteratura occidentale ha dato alla serie un appeal internazionale slegato dagli elementi culturali specificatamente nipponici, ma questo non vuol dire che lo studio abbia rinunciato alla sua “giapponesità”, au contraire: in tale contesto, realizzare una “TV di qualità” non era solo un mezzo per elevarsi dal resto del competitivo mercato televisivo giapponese, ma anche una questione di orgoglio nazionale.
Ed è qui che ci spostiamo da production a seisaku: le persone che erano nella sfera production avevano certe specifiche richieste che potevano essere soddisfatte da una certa specifica organizzazione delle persone che erano nella sfera seisaku. In questo senso, possiamo dire che nella storia del WMT è accaduto un miracolo: nel 1974 le richieste dei produttori e le ambizioni dei creatori sono combaciate e si sono venute incontro a vicenda. Calpis voleva produrre un programma TV di alta qualità che la Zuiyō Eizō potesse esportare, e Isao Takahata voleva spostare in avanti i limiti delle possibilità di espressione artistica dell’animazione: il risultato di questo miracolo è stato Heidi.
La sigla di Alps no shōjo Heidi, ovvero “Heidi la bambina delle Alpi”: IL MIRACOLO.
Se molto spesso si indica Heidi come l’inizio del WMT è per una buona ragione: è lì che è stato introdotto il modello seisaku del WMT, che è poi rimasto più o meno lo stesso per i successivi 20 anni. Quali erano, dunque, le sue caratteristiche? Vediamone le più importanti una per una.
Il modello WMT: organizzazione centrata sul regista
L’espressione è mutuata dalle vive parole di Shigeo Endō, produttore di Nippon Animation, a proposito della produzione di Anna dai capelli rossi e del fatto che l’intero staff ha lasciato che Isao Takahata avesse completo controllo e libertà creativa su ogni fase e aspetto del lavoro. Di primo acchito potrebbe sembrare che la definizione si applichi solo alle famigerate tendenze dittatoriali di Takahata: nelle sue tre serie Heidi, Marco – Dagli Appennini alle Ande e Anna dai capelli rossi, Takahata non si è occupato solo della regia generale, ma ha diretto personalmente ogni singolo episodio e ha scritto, o almeno corretto, tutti gli storyboard e le sceneggiature.
Ma non facciamoci ingannare dall’immagine da auteur di Takahata: anche se aveva un tono meno autoritario, anche Hiroshi Saitō, un altro veterano del WMT, era altrettanto onnipresente. Costui non solo ha curato la regia generale di molte serie³, ma che sia sotto pseudonimo o non accreditato affatto, spesso ha anche diretto gli episodi e scritto o rivisto sceneggiature e storyboard. Ne Le avventure di Tom Sawyer, Saitō ha diretto ogni singolo episodio, come aveva fatto Takahata; due anni dopo, in Lucy May, ha storyboardato 30 episodi su 50 sotto lo pseudonimo di Jirō Kiyose, e lo stesso fece con Le avventure della dolce Kati storyboardando 44 episodi sempre con quel falso nome…
Indipendentemente dalla personalità del regista, una così forte presenza direzionale aveva multiple conseguenze. La prima, naturalmente, è che i registi avevano un controllo molto forte sull’opera ed erano in contatto stretto con le operazioni pratiche giornaliere: il loro ruolo non era di supervisionare dall’alto (come solitamente accade per i registi di serie TV), ma di mandare avanti fisicamente la serie consegnando gli storyboard, controllando l’animazione, eccetera.
La seconda conseguenza è il concetto di “omogeneità”: un’idea centrale al WMT su cui torneremo in seguito. Quello che intendo qui è che la visione del regista raramente s’incrociava con quella degli altri creatori: essendo una figura onnipotente, il regista metteva le mani su praticamente tutto quello che poi andava in onda; in questo senso, la loro visione non trovava quasi mai impedimenti lavorativi a parte la scarsità di tempo o di risorse finanziarie. In parole povere, l’organizzazione gerarchica di Nippon Animation favoriva gli auteur, e poiché il WMT poteva contare su un ristretto bacino di registi – inizialmente solo Takahata e Saitō, successivamente Saitō e Fumio Kurokawa – queste serie possono essere considerate come un unicum coeso e organico: è solo uno degli aspetti per cui il modello produttivo del WMT può essere considerato l’antenato di quello che verrà usato nello Studio Ghibli.
Il modello WMT: sceneggiatori esterni all’industria degli anime
Nella storia degli anime è accaduto spesso che gli autori delle sceneggiature per intere serie o per singoli episodi non fossero specializzati nell’animazione. In effetti, durante la storia del WMT scrivere per gli anime era solo una delle possibilità degli sceneggiatori: molti di loro scrivevano anche per telefilm e non importava loro granché se il risultato finale era girato in animazione o dal vivo. Tuttavia, è possibile sostenere che il WMT spinse questa tendenza ben al di là degli standard dell’industria degli anime. Giusto per citare alcuni fra i nomi principali: Seijirō Kōyama, uno degli sceneggiatori principali di Anna dai capelli rossi, è un regista di film dal vivo pluripremiato e ancora in attività; anche se ha scritto numerosi anime, molti dei quali per la stessa Nippon Animation dentro e fuori dal WMT, Ryūzō Nakanishi è stato originariamente uno dei più prolifici sceneggiatori per lo studio cinematografico Nikkatsu durante gli anni 1960 e 1970; infine, Fumio Ishimori per decenni è stato ovunque nella TV giapponese, dalle serie tokusatsu come Kamen Rider ai film e telefilm jidai geki.
Riassumendo, numerosi fra gli sceneggiatori del WMT non avevano mai scritto prima per gli anime. Questo, unito ovviamente al fatto che i soggetti erano basati su romanzi occidentali, ha aiutato le serie del WMT a spiccare vistosamente fra gli altri anime, perché presentavano pochi o nessun elemento stereotipicamente in “stile anime” rintracciabile nelle altre serie: è probabilmente uno degli elementi che ha costituito l’appeal internazionale del WMT.
Naturalmente, questo non vuol dire in automatico che le serie WMT fossero migliori delle altre serie “normali”: per esempio, io personalmente sono molto critico nei confronti de Il fedele Patrash che trovo francamente scritto e animato male. Eppure, queste sceneggiature hanno reso il WMT un fenomeno unico nel panorama dell’animazione giapponese, e persino mondiale, che è notoriamente considerato all’origine del genere slice of life negli anime, non tanto per via delle altissime ambizioni artistiche di registi geniali come Takahata, ma appunto per la scelta dei soggetti e per l’approccio molto originale degli sceneggiatori coinvolti.
Il modello WMT: rotazione dello staff
Un altro aspetto interessante degli sceneggiatori chiamati a lavorare al WMT è che spesso non ci restavano a lungo, anzi, molti di loro non sono rimasti per più di una serie. Ovviamente ci sono delle eccezioni, come Akira Miyazaki⁴ che ha scritto in tutto o in parte quasi tutte le serie fra il 1977 e il 1992 (e anche lui era in origine uno sceneggiatore per film cinematografici e telefilm dal vivo), ma in generale gli sceneggiatori erano l’eccezione nello staff del WMT, che si è mantenuto sorprendentemente pressoché costante durante le due decadi abbondanti in cui Zuiyō Eizō/Nippon Animation era responsabile del programma.
Di nuovo, questo non vuol dire che al WMT abbiano lavorato sempre e solo le stesse persone, ma che vari nomi e team sono tornati a lavorare alle serie WMT più e più volte. In particolare è possibile osservare un sistema a “doppia rotazione”: una rotazione all’interno delle singole serie, in cui team di animatori o studi in sub-appalto realizzavano un episodio ogni due o tre, e una rotazione nel WMT in generale, in cui i team lavoravano alternativamente a una serie ogni due. Questo sistema è particolarmente ben visibile durante gli anni 1970, in cui il team che lavorava con Isao Takahata era del tutto distinto da quello che lavorava con Hiroshi Saitō.
È questo un altro elemento che rende il WMT un progetto unico e coeso, piuttosto che una lista di serie individuali trasmesse una dopo l’altra. Ecco che possiamo vedere, serie dopo serie, le stesse persone ritornare a lavorare migliorando le loro capacità e salendo di posizione nella gerarchia interna di Nippon Animation: è il caso, ad esempio, di artiste come Michiyo Sakurai⁵ o Hidemi Maeda⁶, partite come semplici animatrici-chiave o addirittura intercalatrici, e pian piano salite di livello fino a occuparsi dei layout, della direzione dell’animazione o persino del character design; altri, come l’intercalatore Kazuo Ushikoshi⁷, sono rimasti come pilastri della Nippon Animation nello stesso ruolo per vent’anni, aiutando il resto dello staff e istruendo i nuovi, giovani membri.
Il calendario annuale delle serie e la forte pressione lavorativa non hanno reso le cose semplici – quando il sistema è collassato durante Anna dai capelli rossi nel 1979 il risultato è stato disastroso – ma il fatto di lavorare sempre con le stesse persone fu probabilmente di grande aiuto per gli artisti e lo staff seisaku. Costoro conoscevano benissimo capacità e problemi di tutti i loro colleghi, se potevano affidarsi a loro o no, quanto era possibile chiedere loro… Questo non vuol dire che la Nippon Animation sia stata un ambiente di lavoro ideale, ma perlomeno che la produzione era organizzata in modo da favorire le relazioni e migliorare l’efficienza.
Un altro effetto positivo di questa organizzazione era l’omogeneità grafica, sia interna alle serie sia trasversale al WMT. Certo, alcune serie sono venute fuori meglio di altre, e alcune hanno un look radicalmente differente – ad esempio Peter Pan. Anche all’interno delle singole serie alcuni episodi erano migliori di altri: nella maggior parte dei casi ci si poteva fidare di quelli animati da Oh! Production, mentre quelli animati da Trans Arts non erano altrettanto validi. Eppure, dopo i primi faticosi anni di assestamento, col tempo gli artisti hanno capito che cosa ci si aspettava da loro e generalmente sono stati raggiunti gli standard desiderati. In altre parole, sono diventati specialisti nelle caratteristiche tipiche del WMT: splendidi paesaggi naturalistici per gli sfondi, animazioni dei personaggi composte da numerosi movimenti, eccetera. Questa sensazione di omogeneità, trasmessa non solo dalle abilità degli artisti ma soprattutto dalla loro coordinazione, era inoltre favorita in maniera decisiva dal prossimo elemento del modello produttivo.
Il modello WMT: sistema dei layout
Una delle più celebri innovazioni apportate alla storia degli anime da Isao Takahata e Hayao Miyazaki, durante la lavorazione di Heidi, è il “sistema dei layout”. I layout sono delle mappe concettuali di quello che accade sullo schermo, con indicazioni dettagliate agli animatori, ai pittori di sfondi e allo staff che si occupa della fotografia; fino a quel momento questo lavoro era svolto direttamente dagli animatori e non c’era alcuno standard su come dovesse essere fatto. Con Heidi la creazione dei layout è stata scorporata come una posizione a sé stante, e l’artista dei layout principale (che da Heidi fino ad Anna dai capelli rossi è stato lo stesso Miyazaki) svolgeva il ruolo di intermediario fra gli storyboardisti, i pittori degli sfondi e gli animatori. Questo sistema era fortemente centralizzato, ma ha considerabilmente aumentato l’efficienza e la comunicazione all’interno dello studio, come pure la qualità del prodotto finito. Se Heidi è un tale capolavoro artistico, lo si deve in larga parte al sistema dei layout.
Il modo esatto in cui il sistema dei layout è stato applicato durante la lunga storia del WMT si è pian piano modificato nel tempo. Lo stesso modo usato per Heidi è stato rispettato solo durante le serie di Takahata negli anni 1970; in quelle di Saitō non è raro trovare vari artisti a occuparsi dei layout invece che uno unico per tutta la duranta della serie. Successivamente, intorno alla metà degli anni 1980 (probabilmente da Le avventure della dolce Kati in poi), sembra che il sistema dei layout sia stato gestito dagli animatori stessi, e al posto dell’artista dei layout è stata introdotta una nuova figura professionale: quella del controllore dei layout, ovvero qualcuno che non li disegna da zero, ma li supervisiona e li corregge. Entro il decennio successivo, anche quella figura è stata eliminata in seguito al mutato trend generale dell’industria degli anime verso cui neanche Nippon Animation, per quanto abbia rappresentato un’eccezione, poteva interamente sottrarsi.
In ogni caso, il sistema dei layout (come pure altre eccentricità specifiche di Zuiyō Eizō/Nippon Animation, come il fatto che molte serie hanno avuto un solo singolo direttore delle animazioni che ha dovuto supervisionare tutti i disegni di tutti gli episodi, o la creazione della figura del controllore delle intercalazioni durante Heidi) è un ottimo esempio di come gli obiettivi di production si sono traslati in pratiche di seisaku: i layout sono infatti il prodotto di un approccio top-down, che prevede un controllo stretto e continuo del lavoro di ogni artista. Il risultato finale, ovvero un aspetto visivo perfettamente coerente, era sinonimo di “televisione di qualità” o “animazione di qualità”: esattamente come oggi, anche al tempo si riteneva che eccessivi cambi di stile o disegni troppo difformi dal modello originale fossero sintomi di “pessima animazione” (la qual cosa non è sempre vera). L’organizzazione fortemente centralizzata del modello produttivo del WMT esisteva allo scopo di prevenire a priori che si producesse “pessima animazione”, per quanto nei fatti inevitabilmente la qualità artistica dell’animazione non era sempre eccellente.
Conclusione
Presi singolarmente, molti elementi di seisaku non erano usati solo da Nippon Animation. Per esempio, il sistema a rotazione è stato caratteristico dell’intera industria degli anime (e lo è tutt’ora, in particolare per le serie lunghe), e proprio come Nippon Animation, anche altri grandi studi come Tōei e Sunrise si sono sempre affidati a piccoli team affidabili provenienti da studi in sub-appalto che miglioravano con l’andare degli anni.
Quello che rende speciale il modello produttivo del WMT, quindi, è l’incontro di multipli elementi seisaku in un singolo luogo: centralità del regista più sceneggiatori non di anime più rotazione dello staff più sistema dei layout più altri elementi ancora che non ho nemmeno menzionato. A ciò si aggiunge il fatto che tutte queste caratteristiche sono esistite, e sono esistite tutte insieme, allo scopo di ottenere uno specifico obiettivo imposto di production che le sovrastava: creare una “televisione di qualità”.
Nonostante tutto ciò, non va pensato che il WMT abbia rappresentato un modello produttivo assolutamente unico e perfettamente armonioso in cui tutto andava bene e tutti erano buoni amici. Il risultato estetico dell’omogeneità è stato spesso raggiunto attraverso pratiche agghiaccianti, come reso chiaro da qualunque testimonianza sulle lavorazioni di tutte e tre le serie di Takahata. Inoltre, come spiegato a proposito del sistema dei layout, le cose sono evolute nel tempo per ragioni sia interne sia esterne a Nippon Animation; il fatto stesso che il WMT sia entrato in una lunga fase di declino dai tardi anni 1980 in poi mostra che nel suo modello produttivo sia production sia seisaku erano invecchiati e avevano perso contatto con il più ampio contesto accanto a loro.
Ecco perché sarebbero sempre necessarie nuove e più approfondite analisi che ci consentano di capire ogni piccola variazione, innovazione e diatriba interna al WMT. D’altro canto, queste analisi specifiche non potrebbero esistere senza prima uno sguardo generale che le contestualizzi: spero che il mio articolo abbia riempito quest’ultima lacuna.
Note
¹ = Sono rimasti vari appunti cartacei di Fujio Dokoro che testimoniano le sue precise istruzioni agli animatori di Nippon Animation, inclusi il tono generale della narrazione, il ritmo della voce narrante, la scelta di precise musiche e inni sacri, e lo specifico ordine 「天使が舞い降りて天へ召される場面」 “Scena in cui gli angeli scendono dolcemente per portare [Nello e Patrash] in cielo”.
² = Naturalmente il sistema nella pratica era leggermente più complesso di così, per esempio venivano inserite nelle serie delle mascotte animali allo scopo di venderne i peluche e renderle più riconoscibili, e inoltre ogni serie era accompagnata da un variegato merchandise composto da libri illustrati, dischi, giocattoli, complementi d’arredo, eccetera. La pratica era usata anche per anime più convenzionalmente “commerciali” e dimostra che molto raramente le serie avevano uno sponsor unico. Eppure, quello che è davvero importante notare è che, nel caso del WMT, era lo sponsor ad adattarsi al contenuto delle serie e non le usava come vetrina per i propri prodotti (come succedeva invece nelle serie mecha, in cui il robot titolare doveva per forza apparire in ogni episodio).
³ = Hiroshi Saitō ha diretto le serie 3: Rascal, il mio amico orsetto, 4: Peline Story, 6: Le avventure di Tom Sawyer, 8: Lucy May e 10: Le avventure della dolce Kati.
⁴ = Akira Miyazaki ha scritto in tutto o in parte le sceneggiature delle serie 3: Rascal, il mio amico orsetto, 4: Peline Story, 6: Le avventure di Tom Sawyer, 8: Lucy May, 10: Le avventure della dolce Kati, 13: Una per tutte, tutte per una e 18: Le voci della savana.
⁵ = Michiyo Sakurai ha lavorato come animatrice alle serie Le favole della foresta, 0: Heidi, 1: Il fedele Patrash e 11: Lovely Sara (sigle), come animatrice e artista dei layout alla serie 5: Anna dai capelli rossi, come direttrice delle animazioni alle serie 3: Rascal, il mio amico orsetto e 6: Le avventure di Tom Sawyer, come direttrice delle animazioni e artista dei layout alla serie 4: Peline Story, come direttrice delle animazioni e artista degli storyboard alla serie 7: L’isola della piccola Flo, e come direttrice delle animazioni, artista dei layout e character designer alla serie 14: Piccolo Lord.
⁶ = Hidemi Maeda ha lavorato come animatrice alle serie 0: Heidi, 1: Il fedele Patrash, 2: Marco – Dagli Appennini alle Ande, 3: Rascal, il mio amico orsetto, 5: Anna dai capelli rossi, 6: Le avventure di Tom Sawyer, 13: Una per tutte, tutte per una, 15: Peter Pan, 16: Papà Gambalunga, 17: Cantiamo insieme, 18: Le voci della savana e 19: Una classe di monelli per Jo, come direttrice delle animazioni alle serie 7: L’isola della piccola Flo, 8: Lucy May e 9: Sui monti con Annette, e come direttrice delle animazioni e artista dei layout alle serie 14: Piccolo Lord.
⁷ = Kazuo Ushikoshi ha lavorato come intercalatore alle serie 1: Il fedele Patrash, 2: Marco – Dagli Appennini alle Ande, 4: Peline Story, 5: Anna dai capelli rossi, 6: Le avventure di Tom Sawyer, 7: L’isola della piccola Flo, 8: Lucy May, 9: Sui monti con Annette, 10: Le avventure della dolce Kati, 11: Lovely Sara, 12: Pollyanna, 13: Una per tutte, tutte per una, 14: Piccolo Lord, 15: Peter Pan, 16: Papà Gambalunga, 17: Cantiamo insieme, 19: Una classe di monelli per Jo, 20: Un oceano di avventure, 21: Il cielo azzurro di Romeo, 22: Meiken Lassie e 23: Dolce piccola Remi.
[ Introduzione: caratteri generali • la mostra | Le serie: pre-WMT • 1: Il fedele Patrash • 2: Marco – Dagli Appennini alle Ande • 3: Rascal, il mio amico orsetto • 4: Peline Story • 5: Anna dai capelli rossi • 6: Le avventure di Tom Sawyer • 7: L’isola della piccola Flo • 8: Lucy May • 9: Sui monti con Annette • 10: Le avventure della dolce Kati • 11: Lovely Sara • 12: Pollyanna • 13: Una per tutte, tutte per una • 14: Piccolo Lord • 15: Peter Pan • 16: Papà Gambalunga • 17: Cantiamo insieme • 18: Le voci della savana • 19: Una classe di monelli per Jo • 20: Un oceano di avventure • 21: Il cielo azzurro di Romeo • 22: Meiken Lassie • 23: Dolce piccola Remi • 24: Il cuore di Cosette • 25: Il lungo viaggio di Porfi • 26: Sorridi, piccola Anna • post-WMT | Appendici: il modello produttivo • la moda e Heidi • Rascal, il mio amico orsetto negli USA • Jules Verne e gli anime | La memoria ]
All images are copyright to their respective owners and are protected under international copyright laws. No copyright infringement or commercial benefits intended. All pictures shown are for illustration purpose only. All rights reserved.
©ZUIYO CO., LTD. / ©NIPPON ANIMATION CO., LTD. / “Anne of Green Gables”™ AGGLA / ©NIPPON ANIMATION・FUJI TV / ©TOEI COMPANY, LTD.